Donne e politica. Un binomio che potrebbe essere determinante per un cambio di passo. Eppure è un binomio faticoso, pesante, che in ogni momento va giustificato. In molti ambienti disciplinari la combinazione “donne” e “disciplina” è complessa, quasi che, nel caso di professioniste, andasse sempre maggiormente giustificata la loro competenza.
In politica, la questione è ancora più spinosa. La politica è potere, oltre che responsabilità ed esempio. Ma è sul primo sostantivo che si gioca la partita. Ne abbiamo un esempio in questo periodo storico, alla ricerca di una donna per il Quirinale. Il fatto che se ne debba ancora discutere caratterizza bene il problema. Che non ci siano donne all’altezza, anche solo per ragioni statistiche, è un falso. Che le donne siano ben formate, raggiungano ottimi risultati negli studi e nelle professioni, un aspetto oggettivo. E allora perché, viene spontaneo chiedersi, non sono presenti nella rappresentanza democratica del nostro paese? Perché non possono declinare il potere con esperienze diverse, con modalità che ancora nel nostro paese devono essere considerate nuove?
La questione è complessa, ma parte da lontano. Parte dall’idea della donna e del suo ruolo nella società, e tale idea è espressa attraverso la lingua. Nominare per esistere, utilizzare sostantivi e aggettivi adeguati e non stereotipati (la donna è carina, bella, gentile, oppure racchia, arpia, con una polarizzazione che corrisponde agli stereotipi diffusi che si muovono fra la donna angelica e la donna perduta), significa dare dignità a tutte le persone e allo stesso tempo aprire le porte anche della gestione politica.
La questione parte da lontano perché la lingua è tradizione e come tale viene perpetrata diventando routine. Ma parte da lontano anche per la rappresentazione che delle donne si è fatta nella storia. Una recente pubblicazione della commissione Pari Opportunità della Provincia di Trento, dal titolo 33 trentine, ricorda a lettrici e lettori la presenza delle donne nella vita pubblica, a partire dal Medioevo. Donne in medicina, donne in politica, donne nel sociale, donne nello sport e donne nella letteratura e nell’arte. Le donne c’erano, e ci sono, ma non sono nominate. Partire dalla lingua, dalla loro denominazione, significa segnare la loro presenza. Riscoprire che in una provincia del nord si trovano due costituenti, per esempio, deve far riflettere chi oggi si interroga sulla possibilità di avere una donna al Quirinale. Non una donna qualsiasi, così come non si sceglierebbe un uomo qualsiasi. Una donna competente.
Forse qui entra in gioco il tema della differenza, su cui molto hanno riflettuto i movimenti femministi e che oggi riacquista valore, amplia il suo significato. La differenza è ricchezza, significa vedere il mondo guardando la realtà da un altro punto di vista, non necessariamente migliore o peggiore, ma appunto, diverso. Significa portare punti di vista differenti, affrontare i problemi partendo da assunti non considerati. La varietà di pensiero, e di parola, è fondamentale per agire nel mondo.
Ma il rispetto della diversità va insegnato, nelle famiglie e nelle scuole. Il manuale delle 33 trentine può essere un esempio per altre realtà geografiche. La ricerca si pone infatti l’obiettivo di portare nelle scuole esempi di donne, scavalcando i soliti stereotipi che vengono assorbiti dalle bambine e dalle ragazze, come quello che la storia la fanno gli uomini. E invece abbiamo bisogno di sapere che le donne c’erano (e ci sono), con figure positive e figure negative. Un esempio per potersi pensare nelle discipline, nella politica, nella società in tutti i suoi luoghi.
In tal modo il binomio donne e politica si può realizzare, e realizzare al meglio. Perché l’obiettivo della politica è quello di gestire la società, la comunità, nel miglior modo possibile, con l’aiuto di persone competenti, eticamente responsabili, professionalmente preparate. Persone, non solo uomini.