Per l’attrice Anna Ammirati il viaggio-esigenza è iniziato quattro anni fa “quando gli interrogativi hanno iniziato a sommarsi alla consapevolezza di una lacuna da colmare; quando mi sono resa conto di non aver capito la differenza tra identità di genere e orientamento sessuale; quando ho ascoltato mia figlia ventenne parlare di alcuni suoi amici e alcuni termini mi sembravano talmente lontani da risultare esotici. Così ho iniziato a domandare alle persone intorno a me, a scovare libri”. E dopo quattro anni il suo viaggio è diventato Fluid, il nuovo podcast da oggi sull’app del Fatto: otto episodi, otto storie, piccole o grandi, personali nel racconto, generali perché emblematiche di una realtà. Dal cantante Michele Bravi al femminiello; dall’onorevole Alessandro Zan a una bambina di dieci anni della provincia di Modena.
Quello che all’inizio credeva di trovare e che in realtà ha scoperto…
Ho riscontrato un Paese più evoluto del nostro Parlamento.
Si riferisce al Ddl Zan.
È stato affossato mentre giravo le puntate (pausa). No, all’onorevole Zan non piace il termine “affossato”, preferisce “congelato” perché nella prossima legislatura ricomincerà la battaglia ed è convinto di concluderla positivamente.
Insomma, la distanza tra Paese reale e quello dei palazzi.
Penso a una famiglia della provincia di Modena, una famiglia stupenda.
E…?
Loro figlio è nato come Nicolò e oggi ha dieci anni: tempo fa, con una lettera, ha spiegato ai genitori l’esigenza di essere una bambina e loro, attraverso un percorso anche doloroso, hanno capito e assecondato il figlio che si sentiva Niky (sorride).
A cosa pensa?
Alla bellezza e alla spontaneità di Niky: quando l’ho conosciuta, dopo un po’, mi ha svelato che uno dei momenti più belli della sua vita è stato quando la preside, attraverso alias, le ha dato la possibilità di vivere come una bambina e finalmente ha potuto varcare la soglia del bagno delle femmine. “Dalla felicità ci sarò andata trenta volte in una giornata. E poi è pure più pulito di quello dei maschi”, mi ha detto.
Cos’è alias?
Un progetto utilizzato dalle scuole che permette di cambiare, sul registro, il nome da femmina a maschio e viceversa; mentre è molto più lungo e complesso l’iter dei documenti.
Il paesino come ha accolto Niky?
I genitori raccontano di grande affetto e solidarietà; (pausa) non da tutti, ovvio, alcuni si sono rifiutati di far giocare la piccola con i loro figli, ma in generale si è creato un tessuto di amore, con lo stesso parroco che le ha consentito di vestirsi di bianco alla cerimonia della comunione.
Si è mai commossa?
Quando a Napoli ho suonato alla porta di un femminiello e ho trovato un signore di 70 anni curato, truccato, ben vestito che mi ha sussurrato: “Finalmente, ti stavo aspettando”. E da lì mi ha raccontato una storia travolgente.
Travolgente?
Di rinascita. Di chi è cresciuto in un periodo non semplice, si è prostituito, poi si è innamorato, è andato a convivere, ha studiato e si è diplomato.
C’è un punto comune tra le storie che racconta?
Tolgo la patina su una presunzione: certe vicende sono sempre esistite, non è un caso di questi anni; la differenza netta è che oggi se ne parla di più ed è cambiato il vocabolario.
Differenza tra identità di genere e orientamento sessuale.
Uno può essere etero, uomo, ma non sta bene nel suo corpo, vuole diventare una donna, e continuano a piacergli proprio le donne.
È uno degli episodi, ma al contrario…
Milo, 17 anni, nasce femmina e sta iniziando la transizione con gli ormoni.
Fino all’operazione?
L’intervento è una soluzione sempre più rara; (pausa) in realtà per la nuova generazione c’è il mito dell’androgino.
Differenza tra androgino e fluid?
Fluid è chi non ha paletti, dipende da chi incontra, dalle emozioni ricevute e contraccambiate ed è legato molto all’orientamento sessuale. E qui l’esempio è Michele Bravi.
L’androgino?
Potrebbe essere Milo, quindi una via di mezzo.
Nei podcast emergono le difficoltà dei protagonisti.
Tutti, compresi Michele Bravi e Alessandro Zan, se vanno in giro mano nella mano con il fidanzato, mettono nel conto le provocazioni altrui, le offese, fino al pugno dietro la testa. E parliamo di Milano.
Prima accennava al linguaggio.
Tra le nuove generazioni, quando ci si presenta, è normale chiedere con quale pronome si preferisce andare avanti nella conversazione; comunque il nuovo vocabolario non è semplicissimo, e gli stessi ragazzi a volte hanno riso di questo aspetto (e qui inizia un elenco lunghissimo di definizioni).
Quindi?
In una delle puntate il protagonista è Lorenzo Bernini, professore di Filosofia politica all’Università di Verona ed è specializzato in gender e queer: è uno in prima linea, minacciato, definito “esponente del frocismo militante”; è lui a spiegarci l’importanza di utilizzare i termini giusti.
Alla fine di tutto questo, cosa resta?
Un’esperienza di vita e la giusta consapevolezza.