Una differenza di pochi centesimi che però, se moltiplicata per il crescente fabbisogno di mascherine Ffp2 delle ottomila scuole italiane diventa di quasi 24 milioni di euro. Calcoli e accuse rivolte alla struttura del commissario Figliuolo questa volta arrivano dai dirigenti scolastici e dal presidente di Dirigentiscuola, Attilio Fratta. Da circa un mese, infatti, i presidi possono rifornirsi di mascherine Ffp2 (obbligatorie per docenti e studenti in autovigilanza) nelle farmacie e dai rivenditori convenzionati: per una convenzione tra il commissario, Federfarma e Assofarma, non potranno essere pagate più di 0,75 euro l’una. Solo in un secondo momento il governo liquida le fatture.
Nei giorni scorsi, però, molti dirigenti scolastici si sono accorti che le stesse mascherine sono vendute su Mepa (la piattaforma per gli acquisti in rete della Pubblica amministrazione, utilizzata dai dirigenti scolastici) a 0,20 euro ognuna per un lotto da seimila pezzi, il minimo per una scuola di media grandezza sostengono i presidi. “Una differenza di 55 centesimi, che fa 3.300 euro per ogni lotto” spiega Fratta. Il calcolo è facile: moltiplicato per circa ottomila istituti scolastici si arriva a 23,4 milioni di euro per un fabbisogno di soli pochi giorni: “Un fatto gravissimo e un enorme danno erariale per lo Stato, che i dirigenti non possono evitare, a meno che, ed è questa la risposta che il capo dipartimento del ministero dell’Istruzione Jacopo Greco ha dato, non provvedano all’acquisto con i fondi delle scuole”.
Il protocollo d’intesa con le farmacie e rivenditori è arrivato a inizio gennaio e a fine gennaio è stato inserito nel “Sostegni ter” l’iter da seguire per comprare i dispositivi di protezione. Sono i dirigenti a quantificare il fabbisogno di Ffp2 nella loro scuola e poi a dover redigere e firmare l’ordine per il rivenditore, magari anche trattando sul prezzo e spesso – soprattutto quando le quantità sono molto elevate – aspettando che arrivino tutte. In media, infatti, le farmacie non ne hanno disponibili nell’immediato quantità elevate. In questa fase non c’è passaggio di soldi: sarà lo stato a saldare in un secondo momento. Se da un lato c’è per i presidi il vantaggio di non dover gestire i fondi, dall’altro si sono ritrovati vincolati ai prezzi del rivenditore e non riescono a spiegarsi come sia stato possibile che il governo si sia legato, con i soldi pubblici, all’offerta meno vantaggiosa. Alcuni temono il danno erariale dal momento che per prassi i dirigenti devono primariamente acquistare dalla piattaforma Mepa e possono rivolgersi al mercato solo in caso trovino prezzi inferiori. E sono loro a firmare l’ordine delle mascherine. La struttura commissariale si è tolta il peso della fornitura, ma ha generato un paradosso.
Dal punto di vista delle farmacie, si può invece dire che il prezzo calmierato – frutto di una trattativa del governo con le associazioni di categoria – provava ad appianare le differenze tra le farmacie più grandi e quelle rurali, isolate e con maggior difficoltà di approvvigionamento (sono 19 mila in tutto, di cui 6.500 rurali): viene infatti lasciata ai punti vendita la libertà di stabilire anche un prezzo più basso. Non è invece lasciata ai dirigenti scolastici, che se volessero acquistarle con propri fondi su Mepa, dovrebbero tagliare altre voci di spesa.
A ogni modo, il decreto che stabilisce che le scuole debbano rifornirsi dalle farmacie e gli altri rivenditori convenzionati dovrà passare alle Camere. Sarebbe utile che qualcuno trovasse una soluzione.