La denuncia

Zuppa di pinne: una “prelibatezza” da 100 milioni di squali uccisi

Fermare la barbarie - L'associazione Friend of the Sea, oltre alla propria, ha promosso la petizione “Stop Finning - Stop the trade”, sottoscritta da oltre un milione di cittadini europei, per dire basta alla pratica crudele che consiste nel catturare l'animale, privarlo della pinna e rigettarlo in mare a morire

Di Friend of the Sea
7 Febbraio 2022

Sono circa 100 milioni gli squali catturati e uccisi dall’uomo ogni anno. Di questi si stima che 73 milioni vengano lasciati morire in seguito all’asportazione delle pinne, poi commerciate e trattate per diventare l’ingrediente principale di una ricetta, la zuppa di pinne di squalo: tradizione gastronomica nata in Asia ma ormai diffusa a livello globale. Non si possono avere cifre certe sul cosiddetto “shark finning” perché occorre considerare una parte di commercio illegale che rende questo calcolo più difficile.

Quello che però è certo, invece, è che oggi ci sono anche oltre 1.112.000 europei che hanno sottoscritto l’Iniziativa dei cittadini europei (Eci) “Stop Finning – Stop the trade” per dire basta alla pratica barbara e crudele che consiste nel catturare lo squalo, privarlo della propria pinna e spesso rigettarlo in mare a morire. Le pinne vengono quindi messe in commercio per soddisfare il gusto degli amanti della zuppa, disposti a pagare anche somme considerevoli per questo piatto.

Secondo un report del 2019 della Ong Traffic, 16.177 tonnellate di pinne di squalo sono state importate a livello globale ogni anno tra il 2000 e il 2016, per un valore di circa 294 milioni di dollari all’anno. Il 90% delle pinne sono state importate da quattro Paesi: Hong Kong SAR (9.069 tonnellate/anno), Malesia (2.556 ton/anno), Cina continentale (1.868 ton/anno) e Singapore (1.587 ton/anno). Brasile, Spagna, Uruguay e Italia, invece, hanno rappresentato collettivamente una media del 57% delle importazioni globali di carne di squalo durante il periodo di studio.

Come si legge nella Eci, l’Unione europea è diventata oggi uno dei maggiori esportatori e centro di transito per il commercio mondiale di pinne. Questo nonostante regolamenti dell’Unione stessa vietino l’asportazione delle pinne a bordo di navi e nelle acque dell’Ue e prevedano che gli squali catturati siano sbarcati con le pinne naturalmente attaccate al corpo.

L’Iniziativa dei cittadini europei è stata chiusa il 31 gennaio, dopo due anni. L’obiettivo del milione di firme è già stato superato e dall’Italia sono arrivati quasi sessantamila consensi, il 108% della soglia minima. Ciò significa che ora la palla passa direttamente alla Commissione europea.

Friend of the Sea, standard di certificazione leader per prodotti e servizi che rispettano e proteggono l’ambiente marino, appoggia l’Iniziativa di cui già dal 2019 si è fatto portavoce, autonomamente, con una propria campagna sulla piattaforma change.org per convincere le compagnie di consegna del cibo a domicilio, come Just Eat e Deliveroo, a eliminare dalla loro lista online quei ristoranti che offrono piatti a base di pinne di squalo.

Venire a sapere che anche in Italia e soprattutto a Milano, la città dove ha sede Friend of the Sea, era possibile acquistare con così tanta facilità le zuppe di pinne di squalo è stato sorprendente. Per questo ci è sembrato doveroso creare la nostra petizione. Grazie anche a iniziative contemporanee identiche, come quella del Wwf, Deliveroo ha già accettato da tempo di ritirare dal proprio menu tutti i piatti a base di pinne di squalo. Ci auguriamo che le stesse aziende si impegnino anche definitivamente a non collaborare più con ristoranti che propongano la zuppa tra le proprie portate.

È certo, dunque, che non possiamo fermarci qui. A settembre 2021 l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (Iucn) ha aggiornato la Lista Rossa per quel che riguarda razze e squali e il risultato parla di un aumento del pericolo per queste specie marine: il 37% di razze e squali è ora minacciato di estinzione. Tutte le specie minacciate di squali e razze sono sovrasfruttate, con il 31% ulteriormente colpito dalla perdita e dal degrado dell’habitat e il 10% colpito dal cambiamento climatico.

Un problema anche per l’ambiente marino nel complesso: gli squali predano animali marini malati, deboli e vecchi, e aiutano a controllare le popolazioni di altre creature. Questo previene la diffusione delle malattie e migliora la forma fisica genetica della vita marina e mantiene gli ecosistemi acquatici in equilibrio.

Come seguito delle sue iniziative, Friend of the Sea ha deciso di aggiornare il suo standard di sostenibilità per la pesca commerciale e ha inserito un requisito specifico per proibire lo “shark finning”. Grazie alla nuova sub-certificazione “Shark-safe” di Friend of the Sea garantiamo ai consumatori la possibilità di riconoscere i prodotti che non hanno a che fare con questa pratica.

Non solo, l’intenzione di Friend of the Sea è anche di avviare iniziative simili per un’altra specie marina in pericolo, la manta. Anche le sue branchie, infatti, sono utilizzate come ingrediente nella cucina asiatica. Più precisamente, si stima che circa il 99% dei consumatori mondiali di zuppa di branchie di manta sia concentrato a Guangzhou, in Cina. L’organizzazione no-profit statunitense WildAid afferma che circa 138.000 kg di branchie di mante e mobule (parenti strette delle mante), raccolte da quasi 150.000 creature e per un valore di 30 milioni di dollari, attraversino la città ogni anno.

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