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INCHIESTA OPEN, RENZI HA UN ALLEATO: LA PRESCRIZIONE. Alla richiesta di rinvio a giudizio per finanziamento illecito ai partiti il leader di Italia Viva ha risposto con le armi della retorica, lamentando la persecuzione giudiziaria, e con quelle del diritto, annunciando che denuncerà i pubblici ministeri che hanno istruito l’inchiesta Open contro di lui e il Giglio magico. Il gesto ha scatenato una dura reazione dell’Associazione nazionale magistrati: “Le parole del senatore della Repubblica Matteo Renzi travalicano i confini della legittima critica e mirano a delegittimare agli occhi della pubblica opinione i magistrati che si occupano del procedimento a suo carico”, ha scritto la giunta dell’associazione in una nota. Lui però, non contento, ha replicato di nuovo: “Basta buonismo, ora reagisco”. Uno dei tre pm titolari dell’inchiesta, Antonio Nastasi, oggi è stato sentito dalla commissione di inchiesta sulla morte di David Rossi, dipendente del Monte De’ Paschi di Siena, ha negato di aver inquinato le prove, accusa basata sulle dichiarazioni del colonnello Aglieco (che hanno fatto riaprire le indagini) e ripresa ieri da Renzi per screditarlo. Sul Fatto di domani vedremo però che c’è un’altra arma, stavolta indiretta, che va a vantaggio del senatore di Rignano. È la prescrizione, che incombe sul processo. I fondi contestati dalla procura sono tre milioni e mezzo di contributi ricevuti dalla fondazione Open tra novembre 2014 e giugno 2018, per cui la prescrizione scatterebbe già questa estate per i reati commessi appunto nel 2014. Ricorderemo le dichiarazioni di fuoco del leader di IV contro la legge Bonafede, oltre al fatto che l’iniziativa di denunciare i magistrati ha pochi precedenti e (guarda caso) ricorda molto l’epoca di Berlusconi.
IL M5S “CONGELATO”: GRILLO A ROMA PER SCIOGLIERE IL GROVIGLIO. Il garante del M5S è arrivato oggi pomeriggio nella Capitale con un’agenda è fitta di incontri. Oltre allo scontato incontro con Giuseppe Conte, in programma c’era anche un confronto con tutti i big del Movimento a Montecitorio, tra cui Raggi. Luigi Di Maio ha fatto sapere di aver avuto “un lungo incontro” con il fondatore. Al termine del colloquio bocche cucite sui contenuti. Poi il faccia a faccia con Conte. L’obiettivo è, chiaramente, trovare una exit strategy alla sospensione dei vertici e del nuovo statuto imposta dal Tribunale di Napoli. Soluzione che non solo sia praticabile in tempi brevi, ma che soprattutto non esponga il fianco ad altri ricorsi o, peggio, richieste di risarcimenti. Tra le prime questioni da sciogliere c’è quello di se e come eleggere un nuovo comitato di garanzia, ma si continua a ragionare sull’idea, avanzata da Conte all’inizio, di rivotare direttamente il nuovo statuto con le regole stabilite da quello vecchio, che è tornato in vigore dopo la decisione del tribunale napoletano. Cominciano a circolare nomi di possibili garanti esterni, come quello di Pietro Dettori o di Virginia Raggi, avanzato dallo stesso avvocato degli attivisti autori del ricorso, Lorenzo Borré. Per il momento, comunque, siamo ancora alla fase delle ipotesi. Sul Fatto di domani racconteremo com’è andato il tour di incontri tra i vertici 5S e quale direzione potrebbe prendere il Movimento.
RDC, IL PASTICCIO DEL TAGLIO AL SUSSIDIO PER GLI INVALIDI. Con l’arrivo dei primi assegni del 2022 le associazioni che si occupano di diritti delle persone con disabilità hanno scoperto un pasticcio che riguarda l’applicazione letterale del decreto con cui, nel 2019, il governo Conte 1 ha istituito il reddito di cittadinanza (e quota 100). Secondo la norma, l’importo del Rdc dipende dalla situazione Isee. Nel 2020 però le pensioni di invalidità sono state leggermente aumentate (fino a 651 euro per 13 mensilità) e, siccome concorrono alla quantificazione della situazione economica familiare, la variazione si è tradotta in un abbassamento del tetto del reddito di cittadinanza per gli invalidi (come anche per gli anziani con pensione minima). Si parla di centinaia di euro in meno, e in casi estremi addirittura dell’azzeramento del contributo. Sollecitata dalle associazioni, la ministra per la disabilità Erika Stefani ieri ha promesso un emendamento per correggere il problema. Sul Fatto di domani ricostruiremo la vicenda nel dettaglio.
COVID, L’AIFA CONFERMA CHE LA QUARTA DOSE NON È NEI PIANI. Mancano pochi giorni all’entrata in vigore dell’obbligo vaccinale per over 50, che comporterà per i non vaccinati l’impossibilità di accedere ai luoghi di lavoro. Da martedì 15 febbraio chi non avrà ottemperato all’obbligo rischia multa da 600 a 1500 euro e la sospensione dal servizio e dallo stipendio. Le sanzioni riguarderanno anche i datori di lavoro che non controllano. Sul Fatto di domani vedremo che in molti casi la situazione è tutt’altro che chiara, e il rischio di intoppi e disfunzioni è dietro l’angolo. Intanto, l’epidemia continua a calare in Italia. Lo conferma anche la Fondazione Gimbe nel suo report: nell’ultima settimana -27,2% di contagi, calano i ricoveri e le intensive. E infatti prosegue la marcia per allentare le restrizioni, in Italia come all’estero, dalla Francia agli Usa. Ma i decessi, che sono sempre gli ultimi ad aggiornarsi, per ora restano stabili. Qui i contagi e i morti di oggi. Nel frattempo, il direttore generale dell’Agenzia italiana del farmaco Nicola Magrini ha anticipato che il piano vaccinale italiano non prevede la quarta dose. Al massimo un richiamo annuale, ma si deciderà più avanti: tutto dipende da come andrà la pandemia. Mentre il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, ha parlato di fine delle quarantene: “Io credo che anche noi, come il Regno Unito, arriveremo alla revoca dell’obbligo di isolamento dei positivi, ma inizialmente solo di quelli asintomatici”, che però dovrebbero mantenere la mascherina. E l’altra notizia del giorno è quella della prossima uscita, l’8 marzo, del libro del Commissario all’emergenza Covid Figliuolo, prossimo alla scadenza del mandato: si intitolerà Un italiano e sarà scritto in forma di conversazione con Beppe Severgnini. Sul giornale di domani daremo qualche anticipazione.
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La parabola di Palamara. Roberto Scarpinato ricostruirà in una lunga analisi la figura dell’ex magistrato al centro dello scandalo nomine.
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