VIETNAM GIUSTIZIA. Ieri il Consiglio dei ministri ha approvato il testo della riforma della Giustizia targata Marta Cartabia. Ma il rischio è che il contenuto venga stravolto durante il dibattito parlamentare. I partiti infatti affilano le armi, Forza Italia in primis. Gli onorevoli azzurri, non è un mistero, vogliono la separazione delle carriere: un antico cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi. I forzisti hanno preteso di allegare, al verbale del Consiglio dei ministri, un documento di cinque pagine ordinate per punti: sono le modifiche che intendono portare avanti perché il testo, come ha dichiarato Enrico Costa di Azione, “è solo una cornice”. Risultato: la riforma voluta dal governo (sollecitata da Sergio Mattarella) potrebbe uscire sconvolta dal passaggio in Aula, grazie a maggioranze trasversali da destra a sinistra. Sul giornale di domani faremo il punto su strategie ed esiti possibili. Neppure i Giallorosa sembrano così compatti, specie nel fronte Dem. Vi racconteremo i tempi (che sembrano lontani) in cui il Partito democratico difendeva le toghe dagli attacchi di Berlusconi e Forza Italia. Oggi, invece, silenzio dopo gli attacchi di Matteo Renzi, che ha denunciato alla procura di Genova i magistrati fiorentini che indagano sulla fondazione Open.
FUNERAL DRAGHI E METODO MATTARELLA. Dopo l’alt del premier Mario Draghi alle speculazioni sulla sua permanenza nell’agone politico, i centristi non mollano ancora la presa. Già ieri Bruno Tabacci aveva messo in guardia: Supermario servirà anche “dopo le elezioni” del 2023. Il dubbio è che il “metodo Mattarella” valga anche per Mister Bce: decidono gli onorevoli, a discapito degli interessati. Il dem Matteo Orfini lo ha teorizzato in tempi non sospetti, quando disse: “Votiamo il bis di Mattarella anche contro la sua volontà”. Ergo: Draghi potrebbe restare a palazzo Chigi anche dopo il voto del 2023, pure se non vorrebbe. Sul giornale di domani racconteremo le grandi manovra al centro per inchiodare il premier al suo posto: lo schema, collaudato, è quello dell’elezione per il Quirinale. Arrivare allo stallo parlamentare, poi rivolgere l’appello a Mario Draghi come “salvatore della patria”. Per non bruciare il premier, meglio evitare la via di un nuovo partito, stando alle parole del governatore ligure Giovanni Toti: “Nessuno ha mai pensato a Mario Draghi come un leader, come un ritrovato Monti che scende in campo”. Anche perché i sondaggi, ad un anno esatto dall’insediamento del governo (13 febbraio 2021) iniziano a mostrare crepe nel consenso.
REFERENDUM, BATTAGLIA ALLE PORTE. Il 15 febbraio la Corte Costituzionale valuterà l’ammissibilità dei quesiti su giustizia, eutanasia e cannabis. Il centrodestra già mostra divisioni. L’avviso a Matteo Salvini arriva da Giorgia Meloni: “Troviamo incomprensibile che questi temi, nell’acclamazione trasversale del discorso di Mattarella, non possano trovare rapida soluzione legislativa in Parlamento, facendo risparmiare centinaia di milioni di euro agli italiani”, ha detto in un’intervista a La Stampa. La leader di Fratelli d’Italia ha annunciato una mozione in Parlamento nei prossimi giorni. Ecco i sei quesiti sulla giustizia promossi dalla Lega e dai Radicali: abolizione del decreto Severino; limiti agli abusi della custodia cautelare; separazione delle carriere dei magistrati; valutazione dei magistrati; responsabilità diretta delle toghe; riforma del Consiglio superiore della magistratura. Meloni ne ha firmati quattro, bocciando quelli sull’abuso della carcerazione preventiva e sull’abolizione della legge Severino. Ieri Giuliano Amato, presidente della Consulta, ha esortato i giudici a “non guardare il pelo nell’uovo”, durante la valutazione dei quesiti. Oggi gli ha risposto il costituzionalista Cesare Mirabelli: “Il quesito è inammissibile quando non è chiaro e univoco, perché alla domanda referendaria si risponde con ‘sì’ o ‘no’ e a chi vota deve essere chiaro l’effetto”. Sul giornale spiegheremo i quesiti nel dettaglio: di certo, non tutti sono un esempio di chiarezza e sintassi limpida. Abbiamo chiesto l’opinione al costituzionalista Antonio D’Andrea.
COVID, TANTO OTTIMISMO PER (QUASI) NULLA. Dopo le chiusure decretate per le feste di Natale, l’11 febbraio hanno riaperto le discoteche: la capienza al chiuso è al 50% e si entra solo col super green pass. Per capire la situazioni dei locali (tra le attività più danneggiate) sul Fatto potrete leggere un’intervista con Enrico Galli, nuovo proprietario del Cocoricò di Riccione. La storica discoteca riapre le danze tra mille difficoltà. Non tutto è filato liscio durante le chiusure per la pandemia, specie sui ristori. Di sicuro, il via libera alle discoteche è un deciso passo avanti (con l’eliminazione dell’obbligo di mascherina all’aperto) verso il superamento delle misure emergenziali. Alcuni esperti però invitano a non accelerare. Come Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc): “La pandemia non è finita. È probabile che questo Covid-19 rimanga con noi. Non è detto che Omicron sia l’ultima variante che vediamo”. Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, è sulla stessa lunghezza d’onda. Ma ormai la strada sembra tracciata. I numeri del rapporto settimanale dell’Iss confermano come il contagio non sia in crescita: è stabile nelle ultime 3 settimane la percentuale di casi tra i ragazzi nella fascia d’età 0-19 anni (ora al 31% contro il 32% della settimana precedente). Altra conferma: l’importanza del siero antivirus. Il tasso di mortalità nella popolazione generale per i non vaccinati (103 decessi/100.000) è 9 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni (12 decessi /100.000) e 23 volte più alto rispetto ai vaccinati con il booster (4/100.000). Il bollettino odierno indica 62.231 nuovi contagi e 269 morti. Nei reparti medici ordinari oggi si contano 514 ricoverati in meno (-42 in terapia intensiva).
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Il caso Cingolani. Torneremo a occuparci del ministro della Transizione (poco) ecologica. Il dicastero guidato dall’ex dirigente di Leonardo ha pubblicato il nuovo atto di indirizzo. E non mancano sorprese e delusioni.
Crisi Ucraina. Sul fronte russo soffiano venti di crisi, sempre più forti. Oggi Biden e Putin hanno parlato al telefono per sciogliere i nodi. Intanto Putin smentisce Macron: “L’invasione dell’Ucraina? Speculazioni provocatorie”.
Berlusconi, le parole di Graviano. Nuovi sviluppi sui colloqui in carcere tra il boss Giuseppe Graviano e il compagno di detenzione Umberto Adinolfi.
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