L’autocrate russo compie una mossa fuori dal diritto internazionale, responsabile di scatenare un conflitto sempre più esteso, mettendo a rischio i diritti umani. Ma per capire il conflitto occorre osservare anche l’altro campo, il fronte Nato. Che sembra immune da responsabilità, abituati come siamo a un Occidente sempre dalla parte giusta della Storia.
La cartina che mostra il progressivo allargamento a Est della Nato, fino a un tiro di schioppo dai territori della Federazione Russa, è invece magna parte di questa contesa e porta delle responsabilità che sarebbe ipocrita tacere. E se oggi i Paesi europei sembrano tutti allineati agli Usa, uno degli obiettivi di Joe Biden sembra essere raggiunto, almeno per ora.
Ma che il conflitto non sia circoscritto solo all’Ucraina e riguardi tutti gli schieramenti e le loro aree di influenza, presenti e future, lo dimostrano proprio le mappe. Se quella russa è senz’altro una modalità “neo-imperialista”, perché la Nato dovrebbe sfuggire a questa definizione?
Pochi giorni fa, il settimanale tedesco Der Spiegel ha dato conto di una nota ritrovata nell’archivio nazionale britannico dallo studio Usa Joshua Shifrinson, secondo la quale in un incontro tra i direttori politici dei ministeri degli Esteri di Usa, Gran Bretagna, Francia e Germania, del 6 marzo 1991, il rappresentante degli Usa, Raymond Seitz, avrebbe detto: “Abbiamo chiarito all’Unione Sovietica che non trarremo alcun vantaggio dal ritiro delle truppe sovietiche dall’Europa dell’Est”. Quando Putin richiama accordi così lontani nel tempo, si riferisce a quel periodo. Ma dagli anni 90 la strategia militare e politica della Nato cambia. E cambia proprio dopo il suo primo vero utilizzo dalla fondazione del 1949, in occasione delle guerre nella ex Jugoslavia. Guerre che prendono l’avvio, guarda caso, proprio con i riconoscimenti occidentali, in primis di Germania e Vaticano, della indipendenza proclamata dalla Croazia. La Nato, con le operazioni “fuori-area” prima in Bosnia e poi in Kosovo, esce dalla linea di “difesa collettiva” e inizia a operare per “la gestione delle crisi”. Il concetto strategico si modifica con gli accordi del 1999 firmati anche dal governo di Massimo D’Alema. E verrà ancora aggiornato nel 2010 con l’espressione “sicurezza cooperativa”, un altro modo per dare seguito a una politica di espansione. In seguito all’11 settembre 2001, la Nato invoca per la prima volta l’articolo 5 (l’Alleanza viene attaccata se uno Stato membro lo è) e si muove fino all’Afghanistan. L’Alleanza che nella Guerra fredda doveva proteggere l’Occidente dal nemico sovietico, ora agisce in libertà per difendere i suoi “interessi strategici”.
Disattendendo quegli impegni del 1991, dopo lo sgretolamento dell’ex area sovietica inizia il percorso di allargamento. La Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Polonia avviano i primi colloqui per l’ingresso nella Nato nel 1997 e il 12 marzo 1999 diventano i primi membri dell’ex Patto di Varsavia a far parte dell’Alleanza occidentale. Il 29 marzo 2004 è la volta di Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia che contribuiscono al più grande allargamento nella storia della Nato. Il 1º aprile 2009 entrano ufficialmente l’Albania e la Croazia. Il 5 giugno 2017 tocca al Montenegro che aveva già partecipato a delle missioni in Afghanistan. Infine, il 30° membro della Nato è la Repubblica di Macedonia.
Si può affermare che questi Paesi hanno scelto liberamente di far parte della Nato anche se il loro ingresso è il frutto di un rapporto di forza agito dagli Stati Uniti. Che con l’alleanza militare hanno sempre voluto seguire passo passo le evoluzioni dell’Unione europea, cercando di diminuirne la forza politica. Una osservazione questa che si ritrova spesso nei ragionamenti di figure non sospette di fedeltà atlantica come Romano Prodi.
Ma l’espansione militare non può non tenere conto delle reazioni dei Paesi che da quell’allargamento si sentono minacciati. Non a caso Putin torna a chiedere che Kiev resti fuori dalla Nato pur rispolverando il mito imperiale della Russia. Ma anche la Nato ha lavorato per affermare la propria egemonia. L’allargamento avviato nel 1999, infatti, non è ancora terminato.