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L’ITALIA IN GUERRA: DOVE VANNO LE NOSTRE ARMI. Il voto in Parlamento di ieri ha segnato una svolta nella posizione italiana rispetto al conflitto in Ucraina. Come abbiamo raccontato sul Fatto, la risoluzione approvata a larghissima maggioranza in entrambe le Camere, stabilisce l’invio diretto di armamenti a un Paese belligerante (per quanto aggredito) e lascia mano libera al governo nello stabilire cosa inviare. È una scelta che è pesata a forze politiche come il M5S e anche la Lega, che pure l’hanno alla fine votata con poche defezioni. Sul Fatto di domani torneremo su questa tema con il parere di alcuni esperti. Inoltre, tracceremo il percorso delle armi italiane verso Kiev e racconteremo il dibattito di Paesi europei, come la Spagna e l’Irlanda, dove si è provato a valutare un’altra via.
IN UCRAINA, SLITTANO I COLLOQUI E I RUSSI STRINGONO SULLE CITTÀ. Sul tavolo del secondo round di colloqui ci sarebbe anche il cessate il fuoco. La notizia viene da Mosca, ma intanto l’incontro è slittato a domani mattina, al confine tra Bielorussia e Polonia. Nel frattempo, però, l’offensiva di Putin non si è mai fermata. Nella notte è stata presa Kherson, centro urbano vicino alla Crimea, mentre a Kharkiv sono piombati i paracadutisti e le forze separatiste filo-russe di Donetsk hanno circondato Mariupol, che sarebbe rimasta senz’acqua. “Temiamo centinaia di morti”, ha detto il sindaco di questa città di 500 mila abitanti. L’annunciata offensiva di terra su larga scala, però, dopo una settimana di conflitto non si è ancora vista. Le autorità ucraine affermano che da inizio invasione sono stati uccisi oltre 2.000 civili e distrutte infrastrutture di trasporto, ospedali e asili. Le immagini delle macerie e degli sfollati (l’Onu stima siano già oltre 800 mila) rimbalzano sui media. I russi, invece, dicono di aver perso 500 soldati nell’avanzata (e 1600 sarebbero feriti), ma per gli Usa sono 2000. Oggi Biden ha disposto l’invio di altri 3000 soldati a rafforzare il fianco est della Nato, in Polonia e Romania, mentre è stata esclusa dagli alleati l’ipotesi di una no fly zone sull’Ucraina, perché implicherebbe prendere di mira i caccia russi rischiando un incidente diretto con Mosca. Addirittura il ministro degli Esteri Lavrov ha avvertito che un’eventuale terza guerra mondiale non potrà che essere nucleare. Sul Fatto di domani faremo un punto sugli aspetti militari della guerra, analizzando la strategia russa e le prospettive degli ucraini. Su FQ Extra continuiamo a raccontare l’inferno ucraino con le audiocronache dei nostri corrispondenti sul campo.
LE SANZIONI FANNO LE PRIME VITTIME, LA CINA SI SMARCA. La tagliola finanziaria imposta dagli alleati occidentali ha inferto un “duro colpo” all’economia russa: lo ha ammesso anche il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. La Borsa di Mosca resta chiusa e i titoli dei maggiori gruppi russi sul listino di Londra (da Gazprom a Sberbank, pure non oggetto di sanzioni dirette) sono in caduta libera, vicini allo zero. Le maggiori compagnie di shipping (tra cui Msc e Maersk) hanno interrotto il trasporto merci da e per la Russia. Nei prossimi giorni potrebbero arrivare indicazioni sull’esclusione di alcune banche russe dal sistema Swift: la vigilanza Bce e la Banca d’Italia starebbero chiedendo agli istituti europei di chiarire la loro esposizione con le controparti russe. È fallita la società che ha costruito e doveva gestire il gasdotto Nord Stream 2, bloccato dalla Germania. Berlino oggi ha sbloccato le sue riserve nazionali di petrolio per far fronte al rischio di una crisi di approvvigionamento, e in tutta Europa si stanno elaborando piani energetici per limitare la dipendenza dalla Russia. In effetti i prezzi di gas e petrolio sono saliti alle stelle. La Cina si è sfilata dalle sanzioni, confermando che la cooperazione commerciale tra Mosca e Pechino continua. L’Assemblea generale delle Nazioni unite ha approvato la risoluzione per chiedere alla Russia di ritirare tutte le truppe dall’Ucraina. I voti a favore sono stati 141, 35 astenuti (tra cui Cina e India), 5 no (Russia, Bielorussia, Eritrea, Corea del nord e Siria). Per un inquadramento storico e indipendente della posizione della Russia sullo scacchiere internazionale sul Fatto di domani intervisteremo lo storico Luciano Canfora.
COVID, LA FINE DEL GREEN PASS. Oggi il Senato ha dato via libera con voto di fiducia alla conversione in legge del decreto sull’obbligo vaccinale per gli over 50. Sembra però avvicinarsi il momento in cui la maggioranza dovrà ridiscutere il green pass. Il leader 5S Giuseppe Conte oggi ha detto chiaramente che alla luce dell’andamento della curva epidemiologica la norma può essere oggetto di revisione. E ha invitato Draghi e il ministro Speranza a un confronto. Intanto, il bollettino delle ultime 24 ore riporta oltre 36 mila contagi e 214 morti. Sul Fatto di domani racconteremo il fenomeno del long Covid, con alcune storie di malati.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Le motivazioni del no della Consulta ai referendum. Sono state depositate le sentenze della Corte costituzionale. Il quesito sull’omicidio del consenziente “priva la vita della tutela minima richiesta dalla Costituzione”, quello sulla cannabis era contraddittorio e avrebbe depenalizzato le droghe pesanti, quello sulla responsabilità dei magistrati (l’unico bocciato del pacchetto sulla giustizia promosso da Lega e Radicali) era inammissibile perché scavalcava le prerogative dei referendum (che sono solo abrogativi) e proponeva una norma nuova, non voluta dal legislatore.
Il caso Paolo Nori. La foga dello schieramento ha colpito anche l’Università di Milano Bicocca, che aveva pensato di bloccare un corso del celebre scrittore Paolo Nori su Dostoevskij, perché autore russo. Alla fine l’ateneo è tornato sui suoi passi.
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