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UCRAINA, LA GUERRA TRA I REATTORI: IL NUCLEARE FA PAURA. Lo spettro dell’olocausto atomico stavolta non è venuto da minacce sulle testate nucleari di Putin, ma da un rischio di una fuga di materiale radioattivo dalla più grande centrale d’Europa, quella di Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina. Stanotte i russi hanno attaccato un centro di addestramento vicino all’impianto, che però si è esteso nell’area dei reattori e ha provocato anche un incendio. L’allarme poi è rientrato, l’area è finita sotto il controllo di Mosca e l’incendio è stato spento prima di provocare danni irreparabili. Il direttore generale dell’Aiea, l’agenzia per il nucleare dell’Onu, ha confermato poi al mondo che la sicurezza dei sei reattori di Zaporizhzhia non era stata compromessa. L’Ucraina ha altre tre centrali oltre a questa, e un totale di 15 reattori attivi. Sul Fatto di domani capiremo perché l’esercito russo sta colpendo proprio queste aree, e vedremo anche se la paura per i rischi dell’energia nucleare potrebbero avere un impatto significativo sulle prossime scelte dell’Unione Europea in tema energetico, per ridurre la dipendenza dal gas russo. L’obiettivo, messo per iscritto in un piano presentato dall’Agenzia internazionale per l’energia, è ridurre le importazioni di un terzo entro un anno (50 miliardi di metri cubi sui 155 ricevuti nel 2021), affidandosi in buona parte alle rinnovabili: leggeremo i dettagli sul giornale di domani.
I RUSSI VERSO ODESSA, NATO E USA: “LA GUERRA POTREBBE ALLARGARSI”. Sul campo, l’avanzata delle truppe di Putin prosegue aprendo nuovi fronti. Quello più recente è la famosa città portuale di Odessa, dove i russi sembrano intenzionati a sbarcare nelle prossime ore. Intanto, dopo aver preso Kherson qualche giorno fa, oggi sono entrati nell’altra città portuale di Mykolayiv, 470 mila abitanti sul Mar Nero, a metà strada con Odessa. Continua l’assedio di Kharkiv, a ovest, e Mariupol, snodo tra Donbass e Crimea. Nella prima, riferisce il sindaco, le vittime civili ormai sarebbero più di 2000. La seconda è sempre più a corto di acqua e cibo. Un terzo round di colloqui dovrebbe tenersi nel weekend, annunciano i russi. Quelli di ieri non hanno prodotto nient’altro che l’avvio di corridoi umanitari: sul Fatto di domani vedremo come saranno organizzati i cordoni di sicurezza per un esodo che, secondo le stime dell’Onu, potrebbe arrivare a riguardare 10 milioni di persone (su 44 milioni di abitanti).Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Jens Stoltenberg oggi ha parlato da Bruxelles e prospettato il rischio che dopo l’Ucraina Putin punti a sovvertire (o invadere) anche Georgia, Bosnia e Moldavia. Nel frattempo il segretario di Stato Usa Antony Blinken è volato in Europa per una serie di visite che si concentrerà sui Paesi del fianco orientale della Nato. Appena sbarcato, ha dichiarato che la Nato non cerca il conflitto, “ma se il conflitto viene da noi saremo pronti”. Poi ha aggiunto che la guerra potrebbe non finire presto. Stoltenberg ha detto, inoltre, che la Polonia sta “pianificando” di fornire direttamente aeroplani a Kiev. Il presidente della Finlandia è volato a Washington per incontrare Biden.
PUTIN MANTIENE LA LINEA DURA, MA LE SANZIONI FANNO MALE. CHI DICE “GUERRA” VA IN GALERA. Dal Cremlino, il presidente russo ha risposto a distanza alle prese di posizione occidentali con una dichiarazione che è un misto di rassicurazioni e minacce. Putin ha chiarito di non avere “cattive intenzioni” nei confronti dei Paesi “vicini” (questa la sua espressione, che fa pensare a Europa e forse agli Usa), ma ha consigliato loro “di non aggravare la situazione” e non imporre altre sanzioni. Poi ha ribadito la linea dura sui negoziati: si potrà trovare un’intesa solo se Kiev accetterà di demilitarizzarsi e trasformarsi in zona neutrale. Come vedremo sul giornale di domani, la Russia comincia a sentire la pressione delle sanzioni e inevitabilmente questo incrina il potere del capo del Cremlino. Che infatti ha fatto passare (ufficialmente votata dalla Duma, il Parlamento russo) una legge bavaglio contro i dissidenti. Da oggi, da Mosca a San Pietroburgo a Vladivostok, chiunque definisca l’invasione dell’Ucraina una guerra, invece di usare l’epiteto edulcorato di “operazione speciale” scelto dal Cremlino, rischia fino a 15 anni di carcere. Su FQ Extra ne abbiamo parlato con Kirill Martynov, caporedattore politico della Novaya Gazeta, che in protesta contro il bavaglio ha annunciato che non scriverà più della guerra). Sempre in tema di informazione manipolata oggi si è verificato un evento significativo. Mosca ha diffuso la notizia che Zelensky sarebbe scappato in Polonia, ma poco dopo è arrivata una secca smentita da Kiev. Dall’inizio del conflitto, il presidente ucraino sarebbe riuscito a scampare a tre tentativi di assassinio. Un altro fronte di questa guerra è internet: sul giornale di domani faremo un censimento degli attacchi hacker registrati finora, da un campo all’altro, e quali sono i Paesi specializzati in questo tipo di offensiva.
COSA STA FACENDO DRAGHI NELLA CRISI? Nella partita della diplomazia internazionale il nostro Paese non sembra essere ai primi posti. Mentre Macron e Scholz dimostrano un forte attivismo, il presidente del Consiglio non muove paglia. Resta il mistero sulla sua mancata partecipazione alla cena dell’Eliseo mentre il nostro Paese partecipa all’operazione della Nato per fornire armi all’Ucraina. Sul fronte interno, poi, Draghi è sempre più isolato anche all’interno del governo, come ha dimostrato il salvataggio in extremis sulla riforma del catasto (ieri il governo ha rischiato di finire in minoranza perché il centrodestra ha votato contro). Sul Fatto di domani ospiteremo un intervento di Paolo Flores D’Arcais, e indagheremo sulle quantità e il tipo di materiale bellico che l’Italia prevede di inviare. E sul tema del pensiero critico e della censura liberale operata sul conflitto ucraino intervisteremo uno dei “proscritti” nella lista dei presunti putiniani stilata da Repubblica: Massimo Cacciari.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Colpo di Tesla. In Germania, il Land del Brandeburgo ha autorizzato lo stabilimento dell’azienda di Elon Musk che produce auto elettriche dotate di intelligenza artificiale.
Che c’è di Bello. Nel nostro inserto culturale del sabato guarderemo Reflection, film di un regista ucraino che in parte profetizzava la guerra, e i diari di Andy Wharol trasformati in serie tv da Netflix. Recensiremo lo spettacolo Le sedie di Ionesco messo in scena da Vincenzo Binasco e la mostra su Guido Reni a Roma. Leggeremo il romanzo di Delphine de Migan Tutto per il bambini e rileggeremo l’opera di André Gide.
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