Una guerra nella guerra, arrivata a coinvolgere Serghey Lavrov e le ambasciate di Mosca. Il bombardamento dell’ospedale pediatrico di Mariupol, un “crimine di guerra” per Volodymyr Zelensky, è una “messinscena” per la propaganda russa, che ha mobilitato la diplomazia internazionale in sostegno della sua versione e per provare a smontare gli scatti di Evgeniy Maloletka, fotografo che ha documentato per l’Associated Press i danni provocati dall’attacco di mercoledì. La distanza siderale tra le due versioni ha finito per coinvolgere anche la Rete, con le più svariate ricostruzioni sull’accaduto. Le autorità di Mariupol hanno parlato di un attacco con bambini e donne “sotto le macerie”. Alla fine, il conteggio di Kiev parla di 3 morti e 17 feriti. Le foto e i video testimoniano come nell’ospedale colpito dall’ordigno russo ci fossero donne in gravidanza e neo mamme. Un numero esiguo, con ogni probabilità dettato dalla fuga di civili da Mariupol, uno dei territori più colpiti dall’offensiva russa (1.200 morti, secondo il vicesindaco) e ormai “circondato” da giorni con la gente “rifugiata negli scantinati”, ha raccontato padre Pavlo Tkachyk, rettore della parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa.
Negli scatti ecco una donna in lacrime, una incinta in barella portata via dai soccorritori, un’altra in pigiama con lo sguardo stravolto che abbandona l’edificio sventrato da un ordigno, in grado di aprire un cratere profondo diversi metri. Immagini che hanno provocato lo sdegno dell’Occidente, dal Vaticano agli Usa, e un cortocircuito nelle stesse versioni russe. L’ambasciata russa a Roma ha messo in discussione l’attacco definendolo “presunto”. Quella a Londra ha invece sostenuto che la donna ritratta in alcuni scatti è “la blogger Marianna Podgurskaya” e “ha interpretato i ruoli di entrambe le donne incinte”. Una “messinscena”, insomma. Eppure nelle foto appaiono evidenti differenze dei tratti somatici e nell’abbigliamento. La versione, sostenuta su Twitter, è poi scomparsa dal profilo dell’ambasciata. Lavrov invece non ha affatto negato l’attacco né ha bollato le foto come messinscena: “L’ospedale era usato come base del battaglione Azov”, ha risposto il ministro degli Esteri russo. Un alert Mosca lo aveva già lanciato il 7 marzo davanti all’Onu, come ha ricordato il primo vice rappresentante permanente russo, Dmitry Polyansky. “La gente del posto riferisce che le forze armate ucraine hanno cacciato il personale dell’ospedale pediatrico n. 1 della città di Mariupol e hanno allestito un base militare all’interno della struttura”, si legge nel documento citato da Polyansky in un tweet. Quella dell’ospedale trasformato in una base dalla frangia più estremista delle milizie ucraine è una versione accreditata in Rete attraverso foto di soldati e mezzi che negli scorsi giorni erano sul tetto e attorno alla struttura. Ma come ha dimostrato David Puente su Open, l’edificio ripreso non è quello bombardato mercoledì. Si tratta di due strutture diverse. Le bombe russe sono cadute sul Dytyacha Konsulʹtatyvno-Diahnostychna Poliklinika, mentre le foto che dimostrerebbero l’occupazione del battaglione Azov sono riferibili a un edificio molto distante, che sorge nella stessa zona in cui è geolocalizzato il Dytyacha Poliklinika, un altro ospedale di Mariupol. Nella ridda di versioni russe, il Cremlino ha preso tempo: “Indagheremo necessariamente con i nostri soldati, perché noi, come voi, non abbiamo informazioni chiare su quanto accaduto e i soldati ci daranno informazioni”, ha detto il portavoce di Vladimir Putin, Dmitry Peskov. Un modo per provare a spegnere il gioco di propaganda e disinformatia, allontanando l’eco di uno dei raid che più hanno scosso l’opinione pubblica da quando Mosca ha dato il via all’invasione.