Da quando è scoppiato il conflitto in Ucraina la Fondazione il Fatto Quotidiano si è posta il problema di come poter dare il proprio contributo umanitario. Abbiamo pensato in primis ai bambini oncologici di Kiev, e abbiamo dunque supportato la Fondazione Soleterre, grazie alla generosità della nostra rete di donatori. Oggi vogliamo dare un contributo anche per un altro aspetto che diventerà sempre più importante nelle prossime settimane e mesi, e cioè il supporto ai profughi ucraini. Ecco allora il nostro secondo progetto. Grazie al prezioso spirito di iniziativa e di generosità che parte dalla città di Pietrasanta, e in particolare da Piero Verona, titolare di un’agenzia di bus turistici, è stato possibile andare a prendere, presso un campo profughi in Romania, alcune donne e bambini fuggiti dall’Ucraina in guerra per portarli in Italia. Abbiamo poi, parallelamente, ricevuto la splendida telefonata di Mattea Fo e di suo marito: insieme a Jacopo Fo, gestiscono la Liberà Università di Alcatraz, situata in una specie di paradiso terrestre tra le colline di Gubbio. La famiglia Fo-Rame ha aperto le porte di questo posto che da circa due anni, causa pandemia, aveva chiuso i battenti. Jacopo, il figlio di Dario Fo e di Franca Rame, ha sempre immaginato che il casolare di Alcatraz fosse il luogo di progetti comunitari e di accoglienza.
RETE DI SUPPORTO PER DONNE E BAMBINI IN FUGA: IL PROGETTO
Stando qui si può toccare con mano tutto lo spirito di chi ha fondato questo luogo: il rispetto della natura, delle diversità, l’intento di una buona vita. Il nostro progetto come Fondazione il Fatto Quotidiano con la Fondazione Fo Rame è quello di costruire un modello di comunità in cui chi ha perso tutto possa ricostruire un percorso di vita dignitoso. Elena, una delle donne in fuga dall’Ucraina, dalla sua casa, mi ha detto: “Vogliamo renderci utili”. La questione sta tutta qui: i flussi migratori che spaventano così tanti possono essere una fonte di ricchezza vitale per economie come la nostra, apparentemente del benessere ma in realtà in forte crisi. La verità che non si è capaci di gestire i flussi migratori sfruttando le potenzialità delle singole persone e magari attuando dei processi formativi in tal senso. Non si è capaci di pensare a un’idea di mondo migliore, per arrivare poi a progettare un’idea di Paese e dunque di economia florida. Confondiamo i centri di accoglienza, che dovrebbero gestire emergenze, con le politiche di integrazione, invece totalmente assenti.
Ma qualche spiraglio lo si vede. E, come sempre, nasce prima di tutto da iniziative private e umanitarie: davvero tante in questi giorni. Ecco, questo progetto tra la Fondazione Fatto Quotidiano e la Fondazione Fo Rame non ha come obiettivo solo la fornitura di cibo e vestiti e dunque beni di prima necessità, per quanto siano fondamentali in prima battuta. Ma anche quello di costruire un modello di integrazione, e di comunità, che nel tempo possa crescere.
Per questo, oggi nel sito della nostra Fondazione, che già supporta direttamente il progetto, parte una raccolta fondi che ci aiuterà a realizzare un modello di cooperativa che possa poi camminare da sola. Si pensa a riattivare, per esempio, una sorta di azienda agricola che è già nella struttura di Gubbio, che accoglierà i profughi.
Ai nostri preziosi donatori raccomandiamo di aver fiducia: come per ogni progetto della nostra Fondazione che prevede una raccolta fondi, anche in questo caso vi daremo aggiornamenti. Raggiungeremo l’obiettivo, operando con tanta concretezza, perché tutti gli sforzi di generosità siano ripagati dal raggiungimento del buon fine. Perché da un piccolo modello di mondo migliore ne possano partire tanti altri che riattivino la speranza che un po’ tutti, indistintamente, stiamo tutti perdendo, di fronte a guerre incomprensibili e minacce continue. L’obiettivo di questa iniziativa è il recupero della dignità umana di chi ha perso tutto attraverso un percorso di autonomia.