Il risparmio energetico legato agli sprechi nell’illuminazione notturna è tornato di attualità.
I sindaci si lamentano degli enormi costi per l’illuminazione pubblica e minacciano di tagliare servizi essenziali per farvi fronte (riscaldamento scuole, servizi scuolabus, ecc.), ma le possibilità di risparmio sono enormi. L’Italia infatti produce un flusso di luce da illuminazione esterna notturna che è il triplo, pro-capite, della Germania. Questo significa che semplicemente illuminando quanto fanno i tedeschi si potrebbero risparmiare i due terzi della spesa energetica.
Se si fossero attuati i piani di revisione della spesa pubblica nell’illuminazione notturna di Enrico Bondi e Carlo Cottarelli, oggi il ‘caro bollette’ sarebbe molto meno oneroso per i comuni, che avrebbero risparmiato negli anni diversi miliardi di euro.
I consumi per la sola illuminazione pubblica sono attorno ai 6000 GWh (6 TWh) elettrici all’anno da oltre 10 anni (il calo del 2020 non è strutturale). Ciò corrisponde a quasi il 2% del consumo elettrico nazionale. Per l’illuminazione pubblica non è possibile, ovviamente, usufruire dell’apporto del fotovoltaico, pertanto gran parte delle fonti per la produzione di energia elettrica per l’illuminazione notturna sono fonti fossili. Per produrre 6 TWh elettrici servono oltre un miliardo di metri cubi di metano. Questo senza includere tutta l’illuminazione notturna in esterni dei privati (es. piazzali e parcheggi di attività produttive artigianali e industriali).
L’impronta di carbonio dell’illuminazione notturna nel mondo è di 200 miliardi di kg of CO2 ogni anno, corrispondenti a più dello 0.5% delle emissioni globali. Questo senza tener conto della CO2 emessa per produrre, installare, mantenere efficienti e riciclare tutte le infrastrutture connesse con ogni apparecchio di illuminazione (es. scavi, posa cavi, pali in acciaio, cemento, ecc.).
Il Parlamento Europeo per la strategia sulla biodiversità chiede alla Commissione di ‘fissare un ambizioso obiettivo di riduzione dell’uso di illuminazione artificiale esterna per il 2030’.
La sicurezza stradale e contro i crimini, stando agli studi più completi e recenti, non cambia né riducendo i livelli di illuminazione, né spegnendo nelle ore centrali della notte, e nemmeno spegnendo per tutta la notte l’illuminazione stradale. Ci sono possibili evidenze che luce troppo intensa comprometta la sicurezza.
Migliaia di comuni francesi spengono parzialmente o totalmente la luce pubblica, di solito alle 23, nonostante la Francia abbia grande disponibilità di energia elettrica da fonte nucleare, energia che i transalpini evidentemente preferiscono vendere a noi.
Quasi tutte le leggi regionali per il risparmio energetico e contro l’inquinamento luminoso impongono di abbassare le luci non più tardi della mezzanotte e di spegnere le luci dei monumenti (tranne le pochissime completamente schermate).
Il grande vantaggio della tecnologia LED rispetto alle lampade al sodio consiste nella possibilità di diminuire il flusso quanto e come si vuole. Ad oggi non è stato sfruttato.
I LED che hanno un impatto minore sull’ambiente notturno sono quelli con poco o nullo contenuto di luce blu, come i LED a temperatura di colore simile a quella delle lampade al sodio.
Tutto ciò premesso i risparmi possibili, sia economici che energetici, sono enormi:
– Abbassando la luce ai livelli della Germania passeremmo da 6 a 2 TWh;
– Spegnendo per metà delle ore notturne, come migliaia di comuni francesi, passeremmo a 1 TWh;
– Sfruttando adeguatamente l’obbligo previsto da molte leggi regionali di non superare i livelli minimi consentiti dalle norme tecniche possiamo illuminare le nostre strade in maniera più uniforme, in modo da non avere zone sovra illuminate e altre che, per contrasto, sembrano buie e per questo generano spesso le proteste dei cittadini (la norma UNI11248/2016 prevede come abbassare le categorie illuminotecniche, in modo che la maggior parte delle strade può essere illuminato a 0.5 cd/m2 o 0.3 cd/m2);
– Risparmi analoghi possono essere ottenuti nel settore privato.
I costi economici non sono solo quelli delle bollette, ma anche quelli necessari per installare i nuovi impianti e mantenerli in efficienza nei decenni, oltre a smaltirli a fine vita. Ancora più onerosi, ma difficilmente quantificabili monetariamente, sono i costi relativi alla perdita di biodiversità (es. insetti impollinatori), spesso irrecuperabile o alle conseguenze sulla nostra salute dovute a un’eccessiva esposizione alla luce artificiale. Abbassare e spegnere le luci non fa risparmiare solo soldi, ma migliora l’ambiente e aiuta a preservare la biodiversità per le generazioni future e a diminuire le emissioni di CO2.