Durante le prime due ondate Covid, la “Regione Lombardia ha operato attivamente, instancabilmente e con ogni mezzo a propria disposizione per contrastare il deflagrare di un evento sconosciuto e inatteso, mettendo in campo mezzi, strumenti, personale e conoscenze tecniche e scientifiche, che hanno fatto da esempio per il resto del sistema Paese”. A dirlo è la relazione (auto assolutoria) di maggioranza della Commissione regionale di inchiesta Covid. Un documento che Il Fatto ha letto, in cui mai si mette in dubbio l’operato della giunta Fontana, nonostante al 13 ottobre 2020 (data in cui termina l’investigazione) la Lombardia contasse 114.800 casi e 16.994 morti, un terzo dei contagi e la metà dei decessi di tutta Italia. Per i consiglieri di Fontana, il dilagare dei contagi e il collasso degli ospedali non fu causato dall’impreparazione del sistema sanitario regionale, né dallo smantellamento della medicina territoriale, ma “dal totale fallimento dell’Oms”.
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La mancanza di Dpi? Colpa del Piano pandemico nazionale non aggiornato dal 2006. Verissimo. Ma si tace il fatto che anche il Piano regionale fosse fermo al 2009 e che quel documento imponesse a Regione l’obbligo di valutare il fabbisogno e di stoccare camici e mascherine. Le accuse dei medici di famiglia sterminati dalla carenza di mascherine? Non pervenute. E la strage nella Rsa? Anche lì nessuna responsabilità, men che meno l’assessore Giulio Gallera (citato solo due volte), autore della delibera 2906 dell’8 marzo 2020 che portò i pazienti Covid nelle residenze. Per la maggioranza, la strage di anziani è stata colpa di altro (le “feste di Carnevale” e le “visite dei bambini in maschera”, per esempio), ma anche delle stesse Rsa, colpevoli di non aver segnalato le polmoniti sospette già prima del 21 febbraio 2020. Anzi, la delibera Gallera fu un successo, dicono.
L’ospedale in Fiera, invece, è definito “una struttura in grado di curare ogni patologia correlata al Covid” dotata di “stanze vere e proprie”. Un clamoroso falso. Anche sulla mancata zona rossa di Alzano e Nembro il centrodestra non ha dubbi: “È evidente che la responsabilità sono da attribuire al governo centrale”. L’indagato che si auto-assolve. Nella relazione non si accenna a Gallera che il 4 luglio 2020 ammetteva pubblicamente di essersi sbagliato e, citando la legge 833 1978, dichiarava che la Regione avrebbe potuto dichiarare la chiusura totale. Così come non si fa parola della mancanza delle Usca, che il 27 aprile 2020 in Lombardia erano il 20% del previsto e il 21 luglio, con una media nazionale del 49, erano ancora al 27. Né si accenna all’ospedale di Alzano, chiuso dopo i primi casi, che fu obbligato dai vertici regionali a riaprire senza esser stato sanificato. La testimonianza in commissione dell’ex direttore della struttura Giuseppe Marzulli che avrebbe potuto far luce sia sulla mancata zona rossa in Val Seriana sia sulla mancata chiusura dell’ospedale, è stata interrotta per l’abbandono dell’aula da parte dei membri della maggioranza. Marzulli non è stato più ascoltato. In compenso lo sono stati tutti i dg e i direttori sanitari di Ats e Asst nominati dal Pirellone. Tutti sostenitori della stessa tesi: “Siamo stati bravissimi, è arrivato uno tsunami, che la Regione ha gestito, nelle condizioni date, egregiamente”, come scrive il consigliere di +Europa, Michele Usuelli. E le opposizioni? Si sono spaccate, incapaci di trovare un testo unitario, hanno presentato tre relazioni di minoranza. Quella del Pd, poi, non è stata firmata neanche da tutti i suoi consiglieri.
Articolo aggiornato alle ore 19