Ma i 5Stelle non erano morti? Domanda lecita, a leggere gli articoli-fotocopia dettati da Palazzo Chigi agli amanuensi dei giornaloni sull’incontro-scontro Draghi-Conte per le spese militari al 2% del Pil. Lacrime e sgomento per l’assurda ipotesi che cada il governo per una bazzecola come i 14 miliardi in più che il generalissimo Draghi, il tenente Guerini e il maresciallo Letta vorrebbero buttare ogni anno in armi e soldati (per fare la guerra a chi?). Ma anche una lieve contraddizione con la vulgata dominante dal 2018: quella di chi, da quando i 5Stelle stravinsero le elezioni, li dà per estinti. Ora, delle due l’una: se il M5S è vivo, essendo il partito di maggioranza relativa, Draghi doveva consultarlo sul mega-riarmo prima di vendersi la fontana di Trevi al vertice Nato come un cavalier Antonio Trevi qualsiasi; se il M5S è morto, Draghi ha fatto benissimo a dare il suo voto per scontato e a non temere per il governo, che non può certo cadere per mano di un cadavere. Invece nei talk e nei giornaloni le due opzioni coesistono: i morti sono talmente vivi e vitali da mettere in crisi SuperMario, o quel che ne resta. Con effetti di irresistibile comicità.
Il Corriere descrive un Draghi “tornato da Napoli commosso per le lacrime dei piccoli profughi ucraini” (o forse piagnucola per i contestatori che gli urlavano “munnezza, in guerra mandaci i figli tuoi!”) e sorpreso per “l’escalation di toni da Conte” (l’escalation la fa chi vuole meno armi, non chi ne vuole di più). Un anonimo ministro è “angosciato per le sorti del governo”. C’è l’“allarme delle cancellerie europee” (quali? quelle che si dimenticano di invitare Draghi ai vertici sull’Ucraina?). C’è “l’‘altissima preoccupazione’ del Pd per la nuova strategia del M5S” (che è vecchia come i 5Stelle, fondati il 4 ottobre 2009, festa di San Francesco, all’insegna del pacifismo da Grillo e Casaleggio sr., sempre presenti alla marcia Perugia-Assisi). Draghi “fatica a spiegare ai suoi cosa abbia in mente Conte” (eppure è semplice: non votare un Def con 14 miliardi in più per le armi). Lui invece ha le idee chiare, infatti sposa l’ordine del giorno pro riarmo di FdI, “unico partito di opposizione” (la famosa opposizione di governo). E, “a proposito di coerenza, snocciola a Conte i numeri della Difesa quando a Chigi c’era lui: ‘Nel 2018 circa 21 miliardi e 24,6 nel 2021’”. Quindi, fra Conte che li aumenta di 3,6 a triennio e Draghi che vuole aumentarli di 14 l’anno, il pacifista è Draghi e l’incoerente è Conte. A bordo ring, il Corriere incita il pugile suonato: “Non sarà Draghi a gettare la spugna”, infatti “sale di corsa al Quirinale”, ma “non per dire che è pronto a dimettersi”, non sia mai: anzi, “non arretra di un millimetro”. Uèèèè, signora maestra, Conte mi ha fatto la bua!