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ARMI ALL’UCRAINA IN CONSEGNA ESPRESSA, MA BIDEN NON VA A KIEV. I russi continuano con l’artiglieria, mentre è attesa a giorni un’ingente offensiva di terra sulle zone del Donbass ancora sotto il controllo ucraino. Kiev ha annunciato l’avvistamento di caccia bombardieri su Mariupol, dove l’esercito di Mosca avanza, è la prima volta, e altri missili sono caduti su Kramatorsk e sulla capitale Kiev. Il piano diplomatico è sempre congelato. La portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ha chiarito che non è in programma alcun viaggio di Biden a Kiev. Secondo indiscrezioni, dovrebbero andare piuttosto il capo del Pentagono o il segretario di Stato Antony Blinken. Le armi pesanti promesse dagli Usa a Zelensky (tra cui elicotteri) saranno consegnate entro 24 ore, e il Washington Post scrive di una nota diplomatica formale inviata da Mosca a Washington in cui si avverte che la mossa contribuirà ad alimentare il conflitto e potrebbe portare a “conseguenze imprevedibili”. E mentre la Cia riaccende l’allarme della minaccia nucleare, lo stesso Blinken avrebbe detto agli alleati europei che la guerra potrebbe durare anche tutto il 2022 (riporta la Cnn). Intanto la premier della Finlandia insiste sull’adesione alla Nato e dice di ritenerla “altamente probabile” (l’analisi: ecco perché per l’Alleanza sarebbe un male).
LA DIPLOMAZIA DEL GAS: L’EUROPA STRETTA TRA RICATTO E SCAPPATOIE. L’Armenia ha iniziato a pagare il gas russo in rubli: il prezzo continuerà a essere calcolato in dollari, ma il pagamento sarà effettuato nella moneta nazionale russa. Il New York Times ha rivelato che l’Unione europea sta preparando un embargo graduale alle importazioni del petrolio, ma intende annunciarlo soltanto dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi per non favorire Le Pen. Ma una notizia ancora più rilevante viene da Bruxelles. Per i tecnici della Commissione europea, accettare il meccanismo introdotto dal decreto di Putin che modifica le procedure di pagamento del gas e introduce una triangolazione tra gli acquirenti europei e Gazprombank per far sì che la valuta finale di pagamento sia il rublo, è una violazione delle sanzioni imposte dall’Ue a Mosca. Se il parere venisse adottato ufficialmente dai 27 si arriverebbe a un embargo di fatto del metano russo. Sul giornale di domani vedremo gli scenari possibili.
BIN SALMAN, AL-SISI E GLI ALTRI: VECCHI E NUOVI “PARTNER D’AFFARI”. Con la prospettiva di una crisi energetica sempre più vicina, il governo italiano si affretta a stringere accordi con altri Paesi per le forniture di gas e non va troppo per il sottile. Va bene anche l’Egitto di Al-Sisi, con cui l’Eni ha firmato un accordo per 3 miliardi di m3 di gas liquefatto, nonostante il caso Regeni. Il Pd è partito in campagna contro la scelta, ma non prende posizione sulle armi che il nostro Paese continua a vendere all’Arabia Saudita di bin Salman (come abbiamo scritto sul Fatto di oggi), mentre i dem toscani sono in rivolta per la decisione di avallare la costruzione di una base militare in un parco naturale (“uno scempio figlio dalla sbornia militarista”, l’ha definito l’ex presidente di Regione Enrico Rossi sul Fatto di oggi). Sul Fatto di domani torneremo sul tema delle armi con un’intervista a Giorgio Beretta della Rete pace e disarmo, con cui approfondiremo i rapporti tra Italia ed Egitto. Ma faremo anche la storia delle relazioni economiche e politiche tra Italia e Algeria, Paese con cui, com’è noto, abbiamo di recente sottoscritto un accordo per l’aumento delle forniture di metano. Le prossime tappe annunciate dal premier Draghi e dal ministro degli Esteri Di Maio saranno in Africa, subito dopo Pasqua: vedremo chi sono i Paesi coinvolti e cosa andremo a chiedere.
DRAGHI, LA SCOMPARSA DEL “MIGLIORE”. Prima i malintesi e la marginalità diplomatica rispetto agli altri alleati europei sulla crisi ucraina, poi la marcia indietro sull’aumento delle spese militari al 2% del Pil (diluito al 2028 dopo l’opposizione del M5S), da ultimo le beghe di maggioranza sulla riforma dell’ordinamento giudiziario voluta da Marta Cartabia, su cui uno dei suoi principali sponsor come Matteo Renzi ha detto che voterà contro, e sulla riforma del catasto che fa scalpitare Lega e Forza Italia. Che fine ha fatto la leadership di Mario Draghi? A stare dalla sua parte “senza sé e senza ma” è rimasto solo il Pd di Enrico Letta. Sul Fatto di domani racconteremo l’accerchiamento del premier e le continue difficoltà del suo governo sia in politica interna che sullo scenario internazionale.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Riforma dell’ordinamento giudiziario: intervista a Sebastiano Ardita. Dopo le frasi forti del pm antimafia Nino Di Matteo, sul Fatto di domani il consigliere del Csm Ardita spiegherà i motivi della contrarietà dei magistrati alla riforma approvata in Commissione giustizia alla Camera.
Covid, l’analisi di Massimo Galli. Nelle ultime 24 ore sono oltre 61.500 i positivi registrati, mentre le vittime 133. Il tasso di positività è al 15,5%, con un trend stabile. Parleremo di attualità pandemica con l’infettivologo Massimo Galli.
Israele-Palestina, tensioni a Gerusalemme. I media palestinesi riportano che almeno 150 persone sarebbero state ferite negli scontri con la polizia israeliana avvenuti oggi sulla spianata delle moschee, nel secondo venerdì di Ramadan.
Che c’è di Bello. Nel nostro inserto culturale del sabato parleremo, tra le altre cose, della serie Bangla in onda su RaiPlay, del romanzo Stalingrado di Vasilij Grossman, dello spettacolo Carne blu al Piccolo di Milano.
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