Niente sarà più come prima è quella frase che al tempo della pandemia faceva coppia con coraggio ce la faremo, insensate entrambe visto che, Covid o non Covid, alla fine nulla sembra essere così mutato nell’esistenza umana tranne per chi non ce l’ha fatta.
Con lo scoppio della guerra ecco che tornano a fioccare le previsioni più apocalittiche sugli sconvolgimenti planetari prossimi venturi, sui quali non mettiamo becco per manifesta incompetenza nel ramo presagi. Ci limitiamo a osservare che mentre il mondo sarebbe sull’orlo della catastrofe nucleare le altre varie nefandezze fanno tranquillamente il loro corso, come prima e più di prima.
Per dirne una, l’ordine esecutivo della Corte di Londra per l’estradizione negli Usa di Julian Assange (dove rischia una condanna fino a 175 anni di carcere) a cui manca solo il consenso, quasi scontato, del governo britannico. Mentre rassicura la capacità di adattamento dei grandi consessi internazionali di cui la Federazione russa continua a fare parte malgrado numerosi altri membri paragonino il suo presidente ad Adolf Hitler.
Succede al G20, che è quell’organismo che nell’ottobre scorso, a Roma, non si accorse, o preferì non credere, che un suo autorevole socio di nome Vladimir aveva già pronti i piani per l’invasione dell’Ucraina. Da ieri le prime 20 economie della Terra, in rappresentanza del 90% del prodotto lordo mondiale sono riunite a Washington con un problemuccio da risolvere: escludere Mosca, come vuole Joe Biden, o accettarne la presenza come chiede la Cina ma anche l’Indonesia che è presidente di turno. Un dilemma veramente cornuto perché “se i ministri occidentali che hanno messo la Russia sotto sanzioni boicottano il G20, di fatto rischiano di distruggere lo spazio più utile per il governo della globalizzazione” (Corriere della Sera). D’altra parte, come si può legittimare il criminale aggressore?
Secondo l’Associated Press la soluzione escogitata da Janet Yellen, segretaria al Tesoro americana, assomiglia a una specie di slalom: ci sarà per una sessione o due, ma non sempre. Quando si è collegato il ministro russo Siluanov ha infatti lasciato i lavori, come ha fatto il commissario Ue Gentiloni (il ministro Franco invece non si è mosso). Poi domani si vedrà. Si chiama salvare capra e cavoli, ma è nello stesso tempo un raggio di speranza per la sopravvivenza del nostro pianeta.
Infatti, direbbe Longanesi, che la terza guerra mondiale non scoppierà perché si conoscono tutti.