Continuiamo la pubblicazione dei messaggi dei nostri lettori sul dibattito aperto sulle pagine del “Fatto” dopo la lettera di Furio Colombo. Le reazioni raccolte dimostrano come i lettori abbiano apprezzato la scelta del giornale di renderli partecipi di una discussione che arricchisce un dibattito complesso come quello sulla guerra. Li ringraziamo per essere sempre così pronti a dirci la loro e a ricordarci che sono gli unici a cui dobbiamo rispondere.
Su “il Fatto Quotidiano” del 14 maggio Alessandro Orsini ritorna sul ruolo di Hitler allo scoppio della Seconda guerra mondiale, sostenendo che egli “non aveva intenzione di scatenare” durante l’invasione della Polonia. Il suo giudizio non risponde alla realtà dei fatti storici, poiché il dittatore tedesco condusse una propaganda falsamente pacifista, ingannando i giornalisti stranieri che si recavano in Germania per intervistarlo. Dopo la sua ascesa al potere (1933) rilasciò molte interviste per rassicurare l’opinione pubblica del pacifismo tedesco. Nel frattempo, e segretamente, triplico’ l’esercito, riorganizzo’ la marina e l’aeronautica. Persino Mussolini non condivise le scelte guerrafondaie del Fuhrer, a cui il 16 marzo 1935 inviò una nota con la quale criticò la coscrizione militare obbligatoria, l’ampliamento dell’esercito a 36 divisioni e la riorganizzazione dell’Aviazione. La tesi di Liddell Hart, a cui Orsini si richiama, è ormai superata, come si può ricavare dai molteplici studi usciti sul bellicismo hitleriano.
Nunzio Dell’Erba
Gentile Marco, a mezzanotte consulto sempre il sito il Giornalone, dove posso leggere le prime pagine dei giornali del giorno seguente. Questa notte mi è capitato di vedere sulla prima pagina di Repubblica un articolo di Furio Colombo. Mi sono venute in mente le parole di una bella canzone di Francesco De Gregori, La ragazza è la miniera: “Mamma, chissà se valeva la pena di fare tanta strada per arrivare qua”.
Marco Francia
Sono contento che Colombo si sia tolto la “maschera”. Una persona così rancorosa e irrispettosa delle idee altrui sarebbe stata di troppo sul Vostro/nostro giornale, esempio di democrazia e che apprezzo sempre di più.
Tito Petrelli
Caro Furio Colombo, non credo che una mia esortazione ad un suo ripensamento possa sortire un grande effetto. Credo, però, che sia importante che lei prenda il suo tempo per osservare e riflettere sui piccoli/medi/grandi passi che gradualmente ci stanno facendo scivolare verso il baratro di una lunga guerra armata/economica/ideologica difficile da vivere nel presente e impossibile da immaginare nei suoi sviluppi futuri. Possiamo dirci certi che Putin, così come Hitler, prefigurasse la serrata catena di avvenimenti che evidenzia il quotidiano formarsi degli schieramenti a favore dell’uno e dell’altro verso lo scontro? Spesso gli accadimenti sfuggono di mano a chi pensava di saperli manovrare in una direzione prefigurata. Lascerei a B. il gesto di ripulire con scherno la sedia di un interlocutore non gradito. A un intellettuale democratico, come credo lei sia ancora, spetta il compito di confutare e dibattere con rispetto opinioni diverse e non sempre condivisibili, di studiosi di nuove generazioni, accettando della controparte l’onestà intellettuale e l’approfondita conoscenza del tema in discussione. Come assidua lettrice del Fatto, rifugio di tante voci colte e anche discordanti che hanno qualcosa da dire e trovano qui uno spazio di espressione e di ascolto, sarei molto felice di poter continuare a leggere sul nostro quotidiano anche i suoi pensieri per poterli conoscere e capire.
Annamaria Bardzki
Cari Direttori Padellaro (ex) e Travaglio (attuale), condivido al 100% le vostre considerazioni a proposito dello scritto di Furio Colombo. Personalmente ho sempre avuto difficoltà a leggere fino in fondo i suoi articoli. Sarà un mio limite ma ho avuto molta difficoltà a comprendere il suo pensiero. Pur tuttavia i sui articoli li ho sempre letti. Il suo aut aut rispetto alle idee degli altri colleghi mi sa di razzismo intellettuale. Mi auguro che Colombo voglia rivedere il suo legittimo dissenso sulle idee di Fini ed Orsini e voglia proporci in contrapposizione il suo pensiero in merito alla guerra fra Russia e Ucraina. Smettiamola di fare i tifosi. Questa mia avrei voluto inviarla dopo aver letto l’articolo di Colombo e le risposte di Padellaro e Travaglio. Caro direttore, oggi però dopo aver letto quello che ha scritto Il Dr. Zaccaria e la sua risposta ho deciso di inviare questo messaggio. L’intento di questo mio scritto non è quello di vederlo pubblicato nella rubrica “lettere”, piuttosto per esprimere il mio compiacimento per la dipartita di Colombo. Ancor di più visto dove è andato a blaterare.
Giacomo Zingarelli
Buonasera, riguardo all’addio di Furio Colombo, non posso dire di esserne particolarmente dispiaciuto. Con tutto il rispetto per il suo lavoro di una vita, è comunque una persona con la quale mi sono trovato spesso in disaccordo nelle sue posizioni e ho sempre gradito poco i suoi “racconti” americani: a parte qualche simpatico aneddoto o retroscena, li ho sempre trovati un po’ troppo celebrativi e osannanti agli statunitensi. Niente di sgradevole o insopportabile, semplicemente non era tra le mie letture preferite e col tempo lo è stato sempre meno. Direi quindi che, con questo ultimo colpo di scena, non avrò più modo di leggere i suoi articoli (che non cercherò sicuramente altrove) e la cosa non mi dispiace in maniera particolare. Se mai dovesse tornare, me ne rallegrerei per la pluralità dell’informazione, ma niente più.
Alessio Frasson
Stimatissimo direttore Travaglio, come avrà sicuramente saputo, Furio Colombo non ha perso tempo: si è subito “accasato” alla corte di Agnelli/Elkann, dopotutto, vista la sua storia personale, è un po’ un “cerchio che si chiude”. Dagli Agnelli è venuto, agli Agnelli è ritornato. Si può dire che L’Unità e Il Fatto Quotidiano siano stati per lui una “parentesi”. Si è tolto lo sfizio, adesso finalmente è tornato tra i suoi simili: Molinari ha le sue stesse posizioni su Stati Uniti e Israele, quindi è naturale che sia corso da loro, molto probabilmente stava aspettando il “casus belli” per potersene andare e non appena avete ospitato il professor Orsini ha inscenato il colpo di teatro, ben sapendo che una certa stampa avrebbe amplificato il tutto (cosa non farebbero per attaccarvi?). Quindi, fossi in lei, non mi rammaricherei troppo per l’uscita di Colombo, che, tra l’altro (opinione personale) è sempre stato sopravvalutato. Tutti a elogiarne le qualità e nessuno a criticare i difetti. È andato a Repubblica, era inevitabile: chi si somiglia, si piglia!
Mauro Chiostri
Ho letto con grande interesse non solo lo scambio letterario tra Travaglio, Padellaro e Colombo, ma anche la ricchezza di idee e riflessioni dei tanti lettori che sono intervenuti. È stata l’ennesima conferma che questo giornale non ha eguali, per quel che vi scrivono le figure di punta, e per aver creato una comunità viva, capace di discutere e ragionare senza dogmi preconcetti. Comunque la si pensi sulla guerra in Ucraina e soprattutto sulla posizione Occidentale, è essenziale che ci siano voci in grado di incrinare la militarizzazione dell’informazione, di offrire un punto di vista diverso e – in quanto tale – automaticamente eretico. Peraltro, bollare come putiniano, nemico, spia, sfascista, chiunque ragioni in modo autonomo, dopo un po’ rafforza i dubbi che il pensiero unico non abbia poi chissà quali e quanto validi argomenti. Spiace che Colombo non si senta più rappresentato da questa Direzione, dalla nostra comunità, dalla vera libertà di pensiero. Io, e vedo tanti altri, decisamente sì.
Alberto Antonetti
Caro direttore, ho avuto modo di leggere la risposta data a Furio Colombo. Ritengo che:
1) Il giornalismo è fatto di uomini e di scelte. Queste fanno la differenza tra qualcosa di bello e qualcosa che non lo è. Credo abbia fatto le sue scelte a fin di bene, dunque in propensione al bello, se qualcosa ne è rimasto in questo strano mondo.
2) Le scelte di linea di un giornalista sono in sua piena responsabilità. Ogni tanto il suddetto ha anche bisogno di muoversi platealmente per comunicare la sua linea. È una furberia per accaparrarsi un pezzo di opinione e per spogliarsi anche da una certa frustrazione. Pazienza.
Gianmarco Miroddi