A distanza di trent’anni dalle stragi si torna a indagare sulla ‘Pista nera’. C’è un pentito e una testimone che hanno parlato della presenza dell’estremista di destra Stefano Delle Chiaie a Capaci, un mese prima della strage. Sono dichiarazioni fatte in colloqui investigativi non utilizzabili processualmente e tutte da riscontrare su un soggetto che è morto nel 2019 senza essere mai stato condannato nonostante tanti processi e indagini per altre stragi. Solo di recente questi fatti sono arrivati sul tavolo dei pm di Caltanissetta competenti. Anche per questo, questa storia, pur con la presunzione di non colpevolezza va narrata.
Delle Chiaie – secondo questo racconto tutto da verificare – incontrava un boss della mafia per poi cercare esplosivo in una cava. Queste e altre cose sono state raccontate in via confidenziale ai Carabinieri nel 1992 probabilmente dalla compagna di un pentito che poi le ha riproposte in colloqui investigativi nel 2006. Il pentito si chiamava Alberto Lo Cicero. Non era un mafioso ‘punciuto’. Però era cugino del boss Armando Bonanno e faceva l’autista del boss Mariano Tullio Troia. Sul piano politico era invece una sorta di ‘cognato’ di Domenico Romeo, fondatore nel 1990 di molte Leghe meridionali con Stefano Menicacci, avvocato di Delle Chiaie con il quale Romeo era in ottimi rapporti. Lo Cicero lo conosceva perché aveva una relazione con la sorella Maria Romeo.
Su altre questioni Lo Cicero è stato ritenuto inattendibile dai magistrati. Eppure ora la Direzione Nazionale Antimafia e la Procura di Caltanissetta stanno studiando la sua figura e lavorano da mesi sulle sue dichiarazioni e su quelle di Maria Romeo.
Lo Cicero sarà stato inattendibile per alcuni giudici ma di certo era considerato un pentito ‘pericoloso’ per la mafia. Cosa Nostra progettò di eliminarlo due volte nel 1993 e nel gennaio ’94 con due diversi commando di killer guidati da boss di alto livello: Gioacchino La Barbera e Gaspare Spatuzza. Entrambi poi arrestati e divenuti collaboratori di giustizia. Così Lo Cicero è morto di morte naturale. Prima però ha raccontato ai pm anche di aver incontrato Paolo Borsellino.
Secondo il pentito, Borsellino aveva visto informalmente Salvatore Lo Cicero quando era un confidente dei Carabinieri e lo avrebbe rivisto, sempre a detta di Lo Cicero, quando sarebbe divenuto un pentito. Purtroppo il 19 luglio Borsellino è stato ucciso e il primo verbale Lo Cicero lo fa il 24 luglio 1992 con altri pm. Al Fatto un magistrato che trattò il collaboratore allora dice: “Non ho mai saputo nulla di un incontro di Borsellino con Lo Cicero né mi pare di aver mai sentito da lui di rapporti con Domenico Romeo o con Delle Chiaie. In generale non lo ritengo molto attendibile”. Lo Cicero sostiene di aver raccontato — da confidente — ai Carabinieri l’importanza di Salvatore Biondino, l’uomo più vicino a Totò Riina, quando l’autista del Capo dei Capi era un insospettabile. Inoltre Lo Cicero avrebbe riferito – sempre prima della strage, a detta sua – di strani movimenti in corso a Capaci prima del 23 maggio 1992.
Lo Cicero ha raccontato tutto ciò al pm Gianfranco Donadio della DNA, in un paio di colloqui investigativi del 2006. Notizie in sostanza confermate dalla sua ‘compagna’ Maria Romeo, che invece è viva. Risentita sul punto dai pm la compagna del pentito non ha solo detto di avere visto Lo Cicero che andava a parlare con il procuratore Paolo Borsellino nel 1992. Maria Romeo probabilmente già nel 1992 andò lei stessa dai Carabinieri a parlare dell’apparizione di Stefano Delle Chiaie a Capaci. E di queste dichiarazioni c’è una qualche traccia.
I Carabinieri della procura presso la pretura di Palermo nell’ottobre del 1992 inviano una nota ai loro cugini più importanti del comando territoriale e del ROS oltre che alla Prefettura. Polizia e Carabinieri non ne fanno nulla ma una copia della missiva è stata rintracciata di recente. Cosa c’è scritto? Un confidente (oggi sappiamo dovrebbe essere Maria Romeo o Lo Cicero) racconta ai carabinieri che nell’aprile 1992 in occasione delle elezioni politiche Stefano Delle Chiaie ha preso contatto con Troia, erroneamente definito boss di Cruillas. Al di là della zona di comando del boss è interessante la ragione dell’incontro al vertice tra il fascista e il mafioso: Delle Chiaie, secondo il confidente, aveva parlato con Troia per andare a Capaci a procurarsi l’esplosivo dalla cava di tal Sensale. Quando i Carabinieri mettono sotto osservazione la cava di Sensale però non vedono entrare Delle Chiaie ma l’insospettabile fino ad allora Giovanbattista Ferrante, poi arrestato e condannato, ora collaboratore di giustizia.
A detta di Lo Cicero e Maria Romeo, però le sue ‘dritte’ non furono valorizzate. Tanto che Biondino sarà arrestato mentre faceva l’autista a Totò Riina nel gennaio 1993 grazie al pentito Balduccio Di Maggio e non nel 1992 grazie alle dritte di Lo Cicero. Persino dopo la morte di Borsellino, quando la Procura di Caltanissetta chiede ai Carabinieri di Palermo di ascoltare il confidente Lo Cicero (non sapendo che nel frattempo era diventato un pentito) si sentì rispondere che prima Lo Cicero doveva parlare con i pm di Palermo. Perché? Perché così era stato concordato con i pm Vittorio Aliquò e Borsellino.
La risposta dei Carabinieri è guardata con attenzione dagli inquirenti oggi perché dimostra che Borsellino effettivamente aveva parlato con Lo Cicero o comunque era interessato a sentirlo.
Lo Cicero era un falegname insospettabile e non era ‘punciuto’. Però accompagnava Mariano Tullio Troia agli incontri con Riina dove aveva visto Biondino. Si era avvicinato ai Carabinieri dopo aver subito un attentato nel dicembre del 1991 che gli aveva lasciato otto ferite sul corpo. Da allora era particolarmente guardingo. Così aveva notato nella sua zona, Capaci, la presenza di troppi mafiosi nelle settimane prima della strage. Così aveva avvertito i Carabinieri, da buon confidente, di tenere d’occhio in particolare Antonino Troia.
Proprio grazie alle indicazioni di Lo Cicero, Antonino Troia, era pedinato dai Carabinieri, il giorno della strage. Non riuscirono a capire cosa stesse accadendo. In compenso Troia poi fu condannato.
La ‘distrazione investigativa’ su Lo Cicero, se reale, diviene più inquietante se si tengono in conto le rivelazioni sui rapporti tra Delle Chiaie e i mafiosi che Lo Cicero ribadirà davanti al pm Gianfranco Donadio nel 2006. Il vice dell’allora procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso lo ascoltò per ore. In quei colloqui investigativi il collaboratore raccontò a Donadio di avere visto, sempre nei giorni prima della strage passare Delle Chiaie a bordo di un’Alfa Romeo sulla strada che porta a Capaci insieme al fratello della sua compagna, Domenico Romeo. Una scena che, ove anche fosse riscontrata, di per sé proverebbe al massimo uno scenario politico, non un reato. Comunque la Procura Nazionale poi lasciò cadere la pista Delle Chiaie e la Procura di Caltanissetta non fu coinvolta con un atto di impulso dalla DNA. Nel frattempo Lo Cicero è morto.
A 30 anni dalla morte di Giovanni Falcone è forse l’ultima occasione per verificare se quelle rivelazioni hanno riscontro o no.
Lo spunto investigativo del 2006 è stato rivitalizzato dall’ex Procuratore Generale Roberto Scarpinato che ha trasmesso i risultati della sua inchiesta con una lunga informativa alla Direzione Nazionale Antimafia. Ora la questione è sul tavolo della Procura di Caltanissetta, competente sulle stragi. Il nuovo procuratore Salvatore De Luca con il pm Pasquale Pacifico e gli altri pm assegnati al caso stragi dalla DNA (Domenico Gozzo, Francesco Del Bene e Salvatore Dolce) dovrà sbrogliare l’intricata matassa.
Se Lo Cicero e Maria Romeo dicono il vero, che ci faceva Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, a Capaci? Si è sempre parlato della vicinanza dell’artificiere della strage, Pietro Rampulla, della famiglia di Mistretta, a un’altra organizzazione di destra: Ordine Nuovo (ON). Ma Avanguardia Nazionale era nata in contrapposizione con ON.
Avanguardia Nazionale fu sciolta nel 1976 per violazione della legge Scelba (che vieta la ricostituzione del partito fascista) e Delle Chiaie trascorse molti anni all’estero coccolato da vari regimi autoritari del Sudamerica. Fu indagato e sempre prosciolto o assolto per le più importanti stragi ‘nere’ da piazza Fontana a Milano, nel 1969, a quella di Bologna alla stazione del 1980. Fino alla morte ha negato con indignazione il suo coinvolgimento nelle stragi e la sua presenza a Roma quando ci fu il tentato golpe Borghese nel 1970. Alla fine degli anni novanta fu indagato di nuovo a Firenze per le stragi del ‘Continente’ a Firenze e Milano (10 morti) e nuovamente fu archiviato su richiesta dei pm nel 2002. Sempre nel 2002 fu archiviato, anche qui su richiesta dei pm nell’indagine ‘Sistemi criminali’ dei pm Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia a Palermo. Era accusato con il boss Totò Riina, Licio Gelli e altri per associazione sovversiva terroristica. L’ipotesi investigativa era che la mafia avesse tentato di favorire con le stragi la divisione dell’Italia in chiave anticomunista, filo-massonica e filo-criminale.
In quegli anni Delle Chiaie, dal punto di vista politico, secondo la Polizia, andava a braccetto con Domenico Romeo, non indagato allora e ora. Per la Digos di Roma (nota del 11 marzo 1992) “Romeo Domenico è stato segnalato in compagnia di Stefano Delle Chiaie in occasione della conferenza stampa organizzata dalla ‘Lega Nazional Popolare’ tenutasi presso l’Hotel Ionio in data 23 dicembre 1991”. La Digos di Torino invece con nota del 26 febbraio 1992 comunica che “Romeo Domenico, nel corso del mese di febbraio 1992 si trovava a Torino ed era in costante collegamento con l’estremista di destra P.R., (…) il quale, a sua volta, doveva incontrarsi in quella città con Stefano Delle Chiaie. I collegamenti tra i due estremisti avvenivano tramite due cellulari 0337/74… in uso a Stefano Delle Chiaie e 0337/74… in uso a Domenico Romeo”.
Solo oggi scopriamo che Romeo è il fratello di Maria Romeo, che aveva una relazione con Lo Cicero.
La mancanza di coordinamento tra le varie indagini ha impedito di cogliere l’importanza delle rivelazioni di Maria Romeo e di Alberto Lo Cicero per trent’anni? Non siamo in grado di stabilire se quelle confidenze sulla presenza di Delle Chiaie a Capaci un mese prima della strage siano rispondenti al vero. Certo, le informazioni provenivano da una coppia che, data la sua collocazione familiare, (lei sorella del politico vicino a Delle Chiaie e lui cugino del boss Armando Bonanno e autista del boss Mariano Tullio Troia) erano in grado di sapere qualcosa di eventuali contatti tra il mondo degli estremisti di destra e Cosa Nostra.
Poi Lo Cicero fu bollato come inattendibile e nessuno lo chiamò a rendere dichiarazioni nell’indagine ‘Sistemi criminali’. Nella richiesta di archiviazione di ‘Sistemi criminali’ per associazione sovversiva con aggravante di mafia, firmata da Roberto Scarpinato nel 2001 per tutti gli indagati si legge: “Stefano Menicacci, avvocato di Stefano Delle Chiaie e suo socio nella Intercontinental Export Company Iec srl, e Domenico Romeo, (…), l’8 maggio 1990 fondano la Lega pugliese, l’11 maggio la Lega marchigiana e solo due giorni dopo, il 13 maggio, fondano la Lega molisana, poi quattro giorni dopo, il 17 maggio, fondano la Lega meridionale o del Sud […] e sempre nello stesso periodo la Lega sarda. La maggior parte di questi movimenti di nuova formazione elegge la propria sede sociale presso lo studio dell’avvocato Menicacci”, avvocato di Delle Chiaie. Anche Menicacci è stato indagato fino al 2002 per associazione sovversiva e poi prosciolto sempre nell’indagine sul progetto di suddivisione dell’Italia a cui miravano le Leghe meridionali.
Sono storie complicate e distanti. Oggi la Procura Nazionale Antimafia è guidata da Giovanni Melillo, un pm che era già alla DNA negli anni in cui Lo Cicero fu ‘riscoperto’ dal viceprocuratore Donadio. Melillo non si occupava di Lo Cicero allora ma di Paolo Bellini, recentemente condannato in primo grado per la strage di Bologna. Insomma ha tutti gli strumenti per capire l’importanza di questa storia scivolosa e tutta da verificare per svolgere oggi quel ruolo di coordinamento che in passato è forse mancato.
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