Mentre celebriamo i 50 anni del caso Watergate, una delle pagine più luminose del giornalismo mondiale, i giornaloni fischiettano, divagano, fanno i finti tonti o addirittura applaudono (Merlo su Rep e Ferrara, ex spia della Cia, sul Foglio) una delle pagine più nere del giornalismo italiano: quella intitolata dal Corriere “Influencer e opininisti: ecco i putiniani d’Italia” e corredata da 9 foto segnaletiche col “materiale raccolto dai Servizi italiani” per un’“indagine avviata dal Copasir” (peraltro ignaro di tutto) su prof, giornalisti, financo parlamentari colpevoli di “controinformazione” sulla guerra per “orientare, o peggio boicottare, le scelte del governo Draghi” e “contestare Palazzo Chigi” con “messaggi antigovernativi” in chiave “filo-russa”. In una parola: un’attività illegale di dossieraggio su liberi cittadini spiati per le loro idee. Come facevano il Sifar del generale De Lorenzo negli anni 60, l’Ufficio Affari Riservati del prefetto D’Amato e gli schedatori della Fiat negli anni 70, il Sismi di Pollari & Pompa e la Security Telecom di Tavaroli nei primi 2000. Solo che in quei casi la stampa se ne occupò per denunciare le deviazioni degli spioni. Invece il Corriere funge da buca delle lettere e fotocopiatrice delle veline, nonché da ventilatore per sparare lo sterco nelle edicole e nel web, e gli altri giornaloni fanno da palo.
Purtroppo criticare il governo Draghi non è ancora reato: bisogna prima ripristinare la lesa maestà. E a noi Putin fa orrore, ma non è reato neppure essere filorussi, sempreché tutti i dossierati lo siano. Se cado dal letto, batto la testa e divento fan di Kim Jong-un, o nostalgico di Hammurabi, o lancio un appello per insediare a Palazzo Chigi un faraone della dinastia tolemaica, sono libero di farlo e nessuno può impedirmelo né spiarmi. A meno che io non commetta un reato. E i reati di chi scrive, pensa e parla sono rari: calunnia, diffamazione, violazione di segreto, istigazione a delinquere, apologia di reato, spionaggio, cose così. Nel qual caso i Servizi devono informare la Procura, non il Copasir o il Corriere. Ma nessuno dei “putiniani” messi alla gogna è accusato di nulla del genere. Liberi i Servizi (il Dis, pare) di verificare se qualcuno prende ordini o soldi da Putin, ma tenendo i nomi rigorosamente coperti finché non esce uno straccio di prova. Che comunque non sarebbe un reato, almeno per i privati cittadini. Per i giornalisti iscritti all’Ordine, farsi pagare da servizi è un’infrazione disciplinare passibile di espulsione (anzi, lo sarebbe: Ferrara e Farina, che prendevano soldi da Cia e Sismi, sono ancora lì). Quindi, cari presidente Draghi e sottosegretario Gabrielli: chi ha ordinato quei dossieraggi? Chi li ha passati sottobanco al Corriere? Sono ancora in corso? Chi si dimette?