Il Fatto è contro la linea del Governo Draghi sulla guerra. Questo lo avrete capito tutti…
Io invece – come è noto – non la penso così. Io sono a favore dell’invio delle armi agli Ucraini. E l’ho scritto più volte sul Fatto. Ho scritto anche articoli che approvavano la linea Draghi sulla guerra e altri che criticavano, su altre questioni, ministri e sindaci M5s da Spadafora a Di Maio, da Raggi fino a Conte.
Tutte queste cose – ripeto – le ho scritte sul Fatto. Anche se Marco Travaglio talvolta non la pensava come me. Perché noi non somigliamo a una caserma o a una Chiesa, come altri giornali.
Siamo un gruppo un po’ atipico. Io per esempio faccio il vicedirettore, e scrivo le mie inchieste e i miei commenti, ma dirigo anche la casa editrice del Fatto, Paper First. Ecco, in questa veste, pur non condividendo come avrete capito tutto il pensiero di Alessandro Orsini gli ho chiesto di scrivere per noi un libro.
Sono bipolare? No. Sono un tipico prodotto del Fatto.
Mi piace il confronto delle idee, soprattutto in un campo nel quale nessuno ha la verità in tasca: la guerra. Ho guardato la tv, ho letto i giornali e ho detto: c’è bisogno di un libro che esponga chiaramente gli argomenti opposti a quelli che tutti i media sostengono in coro. Da quattro mesi Corriere e Repubblica, ho pensato, se la cantano e se la suonano. C’è solo un eretico che va in tv a dire cose opposte. Sentivo gli argomenti a sostegno della mia tesi e mi parevano meno sinceri di quelli di Orsini a sostegno della tesi “no alle armi”, che pure non mi convinceva. A me pare chiaro che gli Stati Uniti non stanno lottando per la democrazia. Ma per interessi geopolitici che i servino del sogno democratico ucraino, per esempio. E queste cose alla fine non le diceva nessuno ma le pensavano in tanti. E ho avuto ragione: oggi il libro di Orsini è in testa alle classifiche. Sono riuscito a iniettare ossigeno nel dibattito. C’è un libro che stimolerà la discussione. Io sto al Fatto per questo in fondo. Per raccontare i fatti che gli altri non vi raccontano. Le opinioni che gli altri vorrebbero nascondere, silenziare, dossierare e magari domani incriminare.
Per questo ritengo grave la lista dei putiniani, e il clima che l’ha generata, che fa mettere in prima pagina simile scempio a colleghi che pure stimo su una testata come Il Corriere. Per questo ritengo gravi le censure alle idee di Orsini, alle idee sottolineo, dell’Università Luiss . Mi fa paura il pensiero unico.
Chiunque provi a ragionare sulle cause di questa guerra invece diventa automaticamente un putiniano. Eppure è fondamentale ragionare sulle cause se si vuole uscire dalla guerra. Ci vuole un confronto senza tabù. Per questo mi ha fatto male l’uscita di Furio Colombo, non solo perché è una voce che mi manca, ci manca. Ma perché non siamo riusciti a far capire a Furio che qui c’è spazio per le idee di tutti. Accettando però che anche gli altri abbiano il diritto di dire la loro sulla colonna accanto, senza bandi, senza ostracismi. Io spero che Furio torni. E magari scriva un altro libro per noi. Intanto ho chiesto a Paolo Flores D’Arcais e a Gad Lerner – che la pensano più come lui o come me che come Orsini – di scrivere un libro per noi. Purtroppo per ora non sono riuscito a convincerli. Hanno altri progetti. Altri editori ma ci tengo perché sarebbe importante dimostrare con i fatti che il confronto è possibile qui nella casa del Fatto. Anzi è possibile solo qui.
Questa è la prima radicale differenza tra noi e gli altri giornali. Per me. La seconda è che loro dipendono in gran parte dalla pubblicità. Noi dai lettori. E veniamo a voi. Questa differenza è per noi un orgoglio. Ci rende più liberi ma in questo momento più isolati, più minacciati.
Cosa voglio dirvi? Il Fatto è sempre stata una comunità, non solo un quotidiano. E le comunità si stringono nei momenti difficili.
Noi eravamo piccoli , molto piccoli, quando siamo nati. Io ho lasciato L’Espresso che era al nono piano di una sorta di grattacielo sulla Colombo, a Roma. Mia figlia con terrore negli occhi quando vide la sede di via Orazio, un appartamentino, mi disse: “Papà ma anche l’Eco del roditore ha tre piani!”. Aveva 9 anni. Leggeva Geronimo Stilton. Ora ne ha 22. E, grazie ai lettori, a voi, che ci avete dato fiducia anche noi siamo cresciuti. E abbiamo 4 piani, uno più di Geronimo. Vai.
Al Fatto di carta si è aggiunta la tv di Loft, la mia Paper First che ha oggi il saggio primo in classifica. C’è il sito, che è il terzo in Italia. Tutto questo è merito di chi va ogni giorno in edicola e tira fuori quell’euro e 80. Lo dobbiamo a chi compra i libri, a chi si abbona. A voi.
Qui sta la differenza che ci permette di essere gli unici a dire certe cose sui politici potenti, sulla giustizia, sulle grandi imprese, sul conflitto di interessi di Berlusconi e pure di Renzi, il conferenziere d’Arabia.
Loro ci odiano. Berlusconi, Renzi e i suoi, Salvini, la Casellati, l’ENI ci sommergono di citazioni civili per decine di milioni di euro. Vogliono intimidirci. Farci stare zitti.
La domanda che vi faccio è dritta: voi che siete a casa, che ci ascoltate, voi siete disposti a giocare questa partita al nostro fianco? Volete che Il Fatto continui a dire le cose che gli altri non dicono?
Se la risposta è sì, questo è il momento di farvi sentire. Scegliete il modo. Abbonatevi, andate o tornate in edicola. Comprate i nostri libri.
Chiedete ai vostri amici di abbonarvi. Questa è la risposta più forte che potete dare. A chi pensa di spegnere la luce del Fatto, a chi vuole continuare a fare i propri affari, come dicevano al Washington Post, nel buio, dove la democrazia muore.