La guerra ha polarizzato il mondo politico e giornalistico italiano molto più di quanto sia accaduto nella società reale. Credo ci siano due spiegazioni di questa reazione, una lettura di parte e una manovra, che aiutano a capire l’asprezza del dibattito e la violenza con cui sono state attaccate le posizioni più dissonanti.
La lettura di parte è aver descritto soltanto UNA guerra, quella evidente e ignobile della Russia contro l’Ucraina, disegnando un campo in cui non esisteva più spazio per il dubbio e la contraddizione, ma solo la scelta tra il Bene e il Male
Quella russa è certamente una guerra imperiale, dettata dalla volontà di recuperare lo status perduto dopo il 1989, dopo la svendita del Paese al capitale internazionale, dopo la crisi economica e finanziaria di fine anni ’90. Una guerra basata su un nazionalismo, originale e classico allo stesso tempo, condito, come spesso capita, di eroismo patriottico, di ricorsi a superiorità genetiche, di esaltazione della chiesa ortodossa o anche di un nuovo panslavismo. Una guerra da rigettare in toto.
Quello che in molti, però, non vogliono vedere è la seconda guerra, frutto di quel “nuovo ordine mondiale” voluto da Bush sr. dopo il crollo del muro di Berlino.
Un “ordine” che si è dilatato nel mondo forgiando sempre nuove guerre, volute e gestite dal centro di comando statunitense e dai loro alleati, tra cui l’Italia: la ex Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq, e così via.
Un ordine mondiale ben rappresentato dalla politica di allargamento della Nato che dal 1999 al 2020, dalle adesioni di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia fino a quella della Macedonia del Nord, ha marciato verso Est schiacciando la Russia, e in prospettiva la Cina, sia sul lato militare che su quello economico.
Non vedere l’intreccio tra le “due guerre” e non capire che occorre contrastarle entrambe ha costituito una delle ragioni per cui il dibattito politico è diventato così binario e alla fine cieco.
Invece che approfondire la complessità ci si è soffermati su vuote formulette o pure astrazioni come “l’occidente minacciato da Putin” o “la democrazia è in pericolo”, costringendo anche il movimento pacifista a districarsi in quella logica binaria tra il Bene e il Male.
Se si volesse discutere seriamente e senza anatemi si discuterebbe di tutto questo.
Ma in Italia non si può, e questo avviene per la seconda ragione, quella politicamente più rilevante.
Le classi dirigenti, l’élite politico-giornalistica ha visto nella guerra in corso l’occasione per regolare una volta per tutte i conti con il “populismo”, in particolare i 5 Stelle.
L’occasione per dimostrare che quel mondo complicato, non sempre condivisibile, ma che ha messo a soqquadro la politica italiana negli ultimi dieci anni, poteva essere messo fuori dall’Agorà, fuori dal canone democratico per essere schiacciato sul putinismo e, finalmente, associato all’autoritarismo bellicista. Espulso finalmente dalla comunità civile.
A questo obiettivo politico è stata sacrificata l’onestà intellettuale, la serietà del confronto, la correttezza. Basta leggere i principali editoriali dei quotidiani italiani per rendersene conto.
Ecco la ragione di tanta acrimonia, di tanto furore ideologico.
Ma proprio questa è una ragione in più per continuare a capire, per cercare di spiegare, dare voce a voci diverse, insomma per continuare a fare il nostro lavoro.