Sono ore determinanti, fondamentali per Giuseppe Conte. È un incontro importantissimo quello di domani con Mario Draghi. Per il suo futuro politico e per quello del Movimento 5 Stelle. Per questo, l’Avvocato sta soppesando ogni mossa, si sta confrontando con i suoi, ma anche con gli alleati. Anche i passaggi devono essere preparati con cura: domani mattina il leader dei Cinque Stelle riunirà il Consiglio Nazionale. Vuole capire qual è l’indicazione preminente nel Movimento, quanti sono davvero convinti su un eventuale strappo. E vuole avere un mandato politico chiaro, prima di andare a parlare con il premier. Mentre passano le ore, l’uscita dall’esecutivo già domani, sembra più lontana.
Nel frattempo, Conte sta stilando una lista di richieste. Che potrebbe prendere forma in una lettera da consegnare a Draghi, oppure da rendere nota subito dopo l’incontro. I punti, però, sono già chiari: armi, salario minimo, reddito di cittadinanza, termovalorizzatore di Roma. Da Palazzo Chigi fanno filtrare che sul Rdc potrebbero offrire una sponda a “Giuseppi”. Si valuta la fiducia sul Decreto Aiuti (in Aula da martedì). All’interno c’è l’emendamento appena passato che prevede che si perda il reddito non solo in presenza di un’offerta congrua dai navigator, ma pure da un lavoratore privato. Per dare un segno concreto di disponibilità, il governo potrebbe intervenire annacquando la stretta nei decreti attuativi. Sulle armi, non si intravede possibilità di mediazione, così come sul termovalorizzatore. Anche se una soluzione potrebbe essere quella di rimandare la discussione direttamente al livello locale. Per quel che riguarda il salario minimo, il Pd di Enrico Letta è pronto ad appoggiarlo.
Nel documento, però, si dovrebbe chiedere esplicitamente una maggiore “considerazione politica”. Una formula sufficientemente vaga da lasciare aperto qualche spiraglio. La decisione finale dipenderà non solo dalle risposte di Draghi, ma anche dal suo atteggiamento generale.
Venerdì sera, l’ex premier è andato a Cortona all’iniziativa della corrente di Dario Franceschini, Areadem. Con lui sul palco c’erano Enrico Letta e Roberto Speranza. I tre hanno fatto un vertice improvvisato. E ieri né il segretario del Pd, né il ministro della Salute avrebbero scommesso sull’esito dell’incontro di domani. Entrambi, peraltro, sono piuttosto preoccupati.
Se l’incontro tra Speranza e Conte è stato caratterizzato anche dalla mozione degli affetti, Letta è sempre più insofferente rispetto alle prese di posizione di Conte. Raccontano, infatti, che l’incontro sia stato parecchio teso. E seppure gli è stato chiesto di non rompere, anche rinnovandogli fiducia e stima, Conte avrebbe fatto notare di non aver avuto tutto l’appoggio richiesto in questi mesi.
Lo scenario, insomma, è ancora pieno di incognite. Se l’Avvocato alla fine dovesse decidere di uscire, nulla è scontato. Draghi ha fatto capire che senza Cinque Stelle non esiste l’esecutivo. Sergio Mattarella, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di sciogliere la legislatura. Inviterà dunque il premier a tornare in Parlamento, a verificare la sua maggioranza. Piccolo dettaglio: il presidente della Repubblica questa settimana è in viaggio prima in Mozambico e poi in Zambia. Per motivi pure logistici, la crisi potrebbe essere rimandata. Tutto da vedere se effettivamente l’ex Bce si opporrà alla richiesta del presidente. Poi, c’è l’incognita Lega: se Conte esce Matteo Salvini potrebbe seguirlo a ruota. Nel frattempo anche Letta e Speranza non hanno alcuna intenzione di restare al governo senza i Cinque Stelle. E dunque, si avrebbe una sorta di reazione a catena.
Tra le variabili che deve valutare Conte è anche la questione delle alleanze. Dal Nazareno chiariscono che – se dovesse lasciare l’esecutivo – anche il Campo largo potrebbe finire. Dettaglio non da poco. Dal canto loro alcuni contiani sperano che alla fine – pur se dovesse optare per l’appoggio esterno – parte del Pd cercherà comunque di tener vivo sia l’esecutivo, che il Campo largo. Una mano per il mantenimento dell’alleanza la darà oggi Franceschini: concludendo la tre giorni di Cortona si esprimerà in favore del proporzionale. Un sistema che a Conte converrebbe di certo più del Rosatellum e permetterebbe alle forze politiche di decidere del loro destino dopo le elezioni.