Nella Nuova Area Protetta della foresta di Maromizaha, in Madagascar, ci sono degli abitanti particolarmente rumorosi. Gli indri infatti, i lemuri endemici del Paese, fanno risuonare la loro voce all’interno della foresta pluviale, al punto da essere comunemente conosciuti come lemuri cantanti.
Nonostante la loro vivacità e allegria, la vita per questi animali è negli ultimi anni diventata molto difficile, a causa soprattutto della caccia illegale e della degradazione dell’habitat. L’indri è infatti attualmente una specie a rischio di estinzione. Per evitare questo e dare un contributo affinché le voci e i canti dei lemuri del Madagascar continuino a risuonare per la foresta, Clarissa Puccioni, 27 anni, è partita per Maromizaha.
Clarissa, infatti, è una naturalista e lavora per Friend of the Earth , progetto della World Sustainability Organization, organizzazione con sede a Milano che opera in tutto il mondo con programmi per la conservazione dell’ecosistema e certifica prodotti da agricoltura e allevamento sostenibili. Da quest’anno Friend of the Earth ha unito le forze con il gruppo di ricerca di Etologia e Bioacustica dell’Università di Torino, guidato dalla professoressa Cristina Giacoma, in collaborazione con il Groupe d’étude et de recherche sur les primates (Gerp) del Madagascar, per il “Maromizaha Conservation Project”. Proprio attraverso il primo e unico monitoraggio acustico a lungo termine della popolazione di indri, guide locali e ricercatori dell’Università di Torino riescono a seguire gli indri, ascoltare e registrare il loro canto, raccogliere dati sulle loro abitudini alimentari e sui loro spostamenti. Non solo, Friend of the Earth e l’Università di Torino contribuiranno anche ad attività di riforestazione e gestiranno progetti per lo sviluppo economico e rurale dei villaggi, coinvolgendo e aiutando anche le donne e i bambini nelle scuole locali.
“Il verso degli indri è sempre armonizzato e segue un ritmo. Se dovessi definirlo con un aggettivo sarebbe melodico. Quando però cantano tutti insieme, questi lemuri fanno davvero una gran confusione”, racconta Clarissa dalla sua casa in legno, nel villaggio in prossimità della foresta di Maromizaha. Ha da poco finito la sua prima missione ed è in Madagascar da circa un mese: “Un bel cambiamento rispetto alla vita in Italia. Ci vuole tanto spirito di adattamento: qui mancano tutti i comfort, a partire dall’acqua calda. Tolgo la sabbia dal pavimento tre o quattro volte al giorno. Con gli insetti ho imparato a convivere perché anche se li allontani trovano il modo di tornare, i merli hanno addirittura fatto il loro nido in casa”.
La sveglia al mattino è sempre piuttosto presto, tra le cinque e le sei. La giornata di Clarissa inizia con la visita alle parcelle agricole numerate e assegnate alle famiglie nei villaggi, in modo che queste abbiano un campo da coltivare senza dover abbattere alberi. “Sono soprattutto le donne che ci lavorano, coltivano il riso che poi usano per la propria alimentazione. È importante per loro perché è un modo per uscire di casa e avere un’occupazione, dal momento che qui le donne non sono emancipate e il loro unico impegno è crescere i figli. Purtroppo non sono poche quelle che cadono in depressione o abusano di alcol”. Anche i vivai, realizzati grazie al Gerp, l’Università di Torino e Friend of the Earth, hanno la duplice funzione di contribuire alla riforestazione, con centinaia di specie di piante autoctone, e dare da lavoro alle donne che raccolgono i semi nella stessa foresta di Maromizaha e poi seguono le indicazioni dei ricercatori per piantarli.
Terminate le ricognizioni è il momento per Clarissa di dirigersi nell’area di ricerca, il centro polivalente da dove inizia il monitoraggio degli indri. Per raggiungerlo deve camminare poco più di un’ora nella foresta, tra farfalle, colonie di insetti dai colori sgargianti, uccelli endemici e facendo attenzione alle sanguisughe. Il centro polivalente è una struttura in legno con un ampio patio per le tende dove dormono i ricercatori, un tavolo per mangiare e studiare e i bagni con le docce. Per avere una connessione a internet è necessario spostarsi, salire su una collina dove sono posti dei pannelli solari, ma un solo operatore telefonico permette di connettersi.
Sono circa cinquemila gli indri rimasti in Madagascar, di questi duecento si trovano nella foresta di Maromizaha. Il monitoraggio vocale prevede che il canto degli indri sia registrato ogni cinque minuti, ogni quindici, invece, si prende la posizione Gps degli animali. Clarissa, durante questa prima missione, ha seguito una famiglia di quattro individui: Bevolo, la femmina, Jery, il maschio, e i due figli, giovani maschi, Filo e Rio. Scienziati e studenti italiani e malgasci stanno anche tentando di fotografare le espressioni facciali degli indri, “per valutare se c’è anche una comunicazione facciale con altri individui della stessa specie”, spiega Clarissa. Il tutto per individuare gli aspetti più rilevanti per la conservazione dei lemuri.
Periodicamente anche i bambini della scuola locale sono accompagnati in foresta per seguire delle lezioni di sensibilizzazione: “imparano l’importanza della convivenza con i lemuri e come essere d’aiuto nei laboratori di riforestazione”. Sono circa duecentocinquanta gli alunni della scuola elementare pubblica di Anevoka, un piccolo villaggio alle pendici della Nuova Area Protetta di Maromizaha. Anche la scuola è stata costruita grazie a un progetto dell’Università di Torino che ha permesso alla maggioranza di questi bambini di ricevere un’educazione. Vicino alla scuola sono stati creati anche un orto per verdure e alberi da frutta e una piccola fattoria con le api e il miele. “Tutto serve per incoraggiare i bambini ad amare l’ambiente in cui vivono e ad apprendere semplici tecniche agricole. Sono già interessati e bravi, ma soprattutto si divertono”, conclude soddisfatta Clarissa.