Assolta, con la formula “perché il fatto non sussiste”, la psichiatra che aveva in cura Alessandra Appiano, la giornalista e scrittrice che si è tolta la vita il 3 giugno 2018 a Milano, fuggendo dal reparto Psichiatria-Disturbi dell’umore dell’ospedale San Raffaele-Villa Turro dove era ricoverata.
La sentenza è stata decisa dal giudice milanese Roberto Crepaldi al termine di un processo con rito abbreviato. Il giudice ha accolto la richiesta della Procura, che in aula aveva chiesto il proscioglimento dell’imputata.
Finisce così il cammino penale di una vicenda che aveva avuto più d’una svolta. La Procura milanese aveva avviato le prime indagini dopo la morte di Alessandra e nel novembre 2019 la pm titolare dell’inchiesta, Letizia Mocciaro, aveva chiesto l’archiviazione del caso. Il giudice dell’indagine preliminare, Patrizia Nobile, aveva però respinto la richiesta e aveva ordinato un supplemento d’indagini. Al termine del supplemento d’indagini, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio della psichiatra che aveva in cura Alessandra Appiano, accusandola di omicidio colposo nell’ipotesi che avesse “erroneamente valutato il quadro diagnostico”, anche “omettendo di adottare le doverose misure medico sanitarie e di controllo” per evitare gesti autolesionistici.
Così il 31 di maggio 2022 è cominciato il processo, in rito abbreviato su richiesta dell’imputata, e con un nuovo pm a rappresentare l’accusa, Daniela Bartolucci. Ieri la magistrata ha proposto in aula l’assoluzione, che il giudice, dopo una breve camera di consiglio, ha accolto.
Le motivazioni della sentenza sono attese tra 90 giorni, ma si è esaurito il percorso penale di questo processo. Resta soltanto la possibilità di un appello davanti ai giudici penali ma solo per valutare gli aspetti civilistici della vicenda ed eventuali risarcimenti.
Profondamente amareggiato il marito di Alessandra, Nanni Delbecchi, giornalista del Fatto Quotidiano, che si era costituito parte civile e aveva intrapreso una tenace battaglia legale: “La proseguirò nell’unico ambito rimasto, quello civile. Sul fronte penale l’atteggiamento della Procura in questi anni è stato incomprensibile, prima ha proposto una richiesta di archiviazione, poi un rinvio a giudizio e infine ha cambiato idea e ha chiesto l’assoluzione”.