Truffa e concorso in truffa. Sono le ipotesi di reato per le quali sono indagate Paola Gualano e Loretta Filippi, rispettivamente ex presidente socia e collaboratrice non socia dell’associazione riminese “Rompi il silenzio”, ente che fornisce assistenza alle vittime di maltrattamenti e violenze. Il pm di Rimini a marzo ha chiesto l’archiviazione, ma le denuncianti hanno fatto opposizione: si esprimerà il gip.
Tutto è partito da un esposto presentato il 10 giugno 2021 in Procura da sette ex socie, che segnalavano di essere venute a conoscenza di un “accordo” intercorso tra le indagate che avrebbe garantito alla Gualano (dimessasi poco prima della presentazione della denuncia) di percepire indebitamente 650 euro al mese da gennaio 2018 a maggio 2021, per un totale di oltre 26.000 euro. Entrambe le indagate svolgevano per l’associazione l’attività di reperibilità notturna, attraverso cui l’ente fornisce un servizio di disponibilità alle chiamate delle forze dell’ordine e dei pronto soccorso in situazioni di rischio, ma la Gualano, a differenza della Filippi, rivestendo il ruolo di socia non era legittimata da statuto a percepire il compenso per l’attività prestata. Eppure, come ha accertato la Guardia di Finanza, sebbene la Filippi prestasse il servizio 15 giorni al mese, nelle fatture emesse la prestazione sarebbe stata conteggiata per il mese intero. Dopo aver riscosso il denaro, la Filippi avrebbe di volta in volta consegnato alla Gualano la metà “non dovuta” del compenso.
Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Rimini, in un’informativa del 7 marzo 2022, ha spiegato che “la Presidente e socia dell’associazione Gualano Paola non poteva in alcun modo essere retribuita”, citando il dettato dell’art. 2 dello statuto dell’associazione, che afferma che “la qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui fa parte o tramite il quale svolge la propria attività di volontariato”. La Procura ha definito “circostanze provate” sia “l’esistenza di un accordo tra le due indagate” sia “l’effettiva consegna di denaro”, poi il 23 marzo ha chiesto l’archiviazione. Secondo il pm, il delitto di truffa non ricorrerebbe poiché “difetta la prova del danno come conseguenza dell’induzione in errore”, dal momento che i servizi di reperibilità venivano effettivamente assicurati. Il 2 maggio le ex socie hanno presentato opposizione, evidenziando che l’emissione di fatture non veritiere avrebbe avuto lo scopo di indurre in errore l’associazione e inquadrando nei 26.000 euro percepiti dalla Gualano il danno effettivo cagionato alle casse dell’ente.
Secondo alcune voci raccolte tra le volontarie, entrambe le indagate continuerebbero a svolgere attività per l’associazione “Rompi il Silenzio”: Loretta Filippi da collaboratrice sarebbe diventata dipendente, mentre la Gualano, dopo le dimissioni da presidente rassegnate a maggio 2021, sarebbe stata reintegrata nell’ente e svolgerebbe ancora il servizio di reperibilità. Si tratta, ovviamente, di circostanze da verificare. Contattate dal Fatto, Gualano e Filippi si sono rifiutate di rilasciare dichiarazioni.