Il Fatto di domani. Draghi a fine corsa, dopo una giornata di scontro con il Parlamento. Lega e FI si sfilano sulla fiducia, il M5S si astiene

Di FQ Extra
20 Luglio 2022

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SALTA LA FIDUCIA A DRAGHI: LEGA E FORZA ITALIA SI SFILANO, IL M5S SI ASTIENE. È finita con una questione di mozioni. Dopo il duro discorso al Senato e una giornata di scontro frontale con i partiti (che descriviamo qui sotto) Mario Draghi ha chiesto il voto di fiducia sulla mozione presentata da Pierferdinando Casini (Pd): “Il Senato, udite le comunicazioni del presidente del Consiglio dei ministri, le approva”. Ma Lega e Forza Italia volevano un rimpasto, così il centrodestra alla fine decide di non partecipare al voto. Lo dice Anna Maria Bernini, che pure ci tiene a ricordare che la crisi l’ha iniziata il Movimento. Stessa posizione per la Lega (la conferma Candiani perché Salvini rinuncia al suo intervento). L’ultima a parlare è Maria Domenica Castellone (M5s): “Lei non ha dato risposte”, dice rivolta al premier e annuncia che il Movimento si astiene. Manca il numero legale, la seduta dovrà essere rinviata ma il dato politico è tratto. Ci si aspetta che Draghi salga al Quirinale: per ora ha lasciato il Senato diretto a Palazzo Chigi. In ogni caso, sarà Mattarella a prendere la decisione definitiva. L’ipotesi più accreditata è quella di sciogliere le Camere e indire elezioni per il 25 settembre o il 2 ottobre. In questo caso Draghi resterà a palazzo Chigi per sbrigare gli affari correnti fino al giuramento del nuovo esecutivo. Come siamo arrivati a questo punto? Nei corridoi del Senato è andato in scena un battibecco indicativo. Gelmini è affranta, Licia Ronzulli le dice: “Vai a piangere da un’altra parte e prenditi lo Xanax”. “Contenta ora che hai mandato a casa il governo?”, risponde la seconda. Poco più tardi Gelmini annuncia l’addio a Forza Italia: “Ha voltato le spalle al Paese per inseguire Salvini e Meloni”. Il copione sembrava scritto, invece si è recitato a soggetto. Dopo il discorso di Draghi, le prime critiche sono arrivate dall’opposizione di Giorgia Meloni: “Ha chiesto pieni poteri”, l’accusa. Ma tenere banco sono state le mosse del centrodestra di maggioranza: Salvini e non ci stavano a lasciare il palco al Movimento di Conte, si capisce subito, così incalzano Draghi per un rimpasto. Il presidente del Consiglio fa filtrare alle agenzie il suo “niet”: un Draghi bis è escluso. Il M5s non si ritiene soddisfatto delle risposte di Draghi. A un certo punto era sceso in campo anche Mattarella che ha chiamato i leader per scongiurare le urne anticipate. Fino all’epilogo. Sul Fatto di domani ricostruiremo questa vorticosa giornata che ha portato alla fine dell’esecutivo Draghi e vedremo gli scenari possibili.

“IL DISCORSO DEL RE”: DRAGHI ALLO SCONTRO FINALE CON I PARTITI. Nei 33 minuti di comunicazioni davanti a Palazzo Madama, stamattina, Mario Draghi ha tirato fuori il suo volto più duro. Si è rivolto ai partiti alzando la voce e ha scandito la domanda “Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito?”. La risposta non la dovete dare a me, ha concluso, ma a tutti gli italiani. Il premier se l’è presa con i 5S, ma anche con la Lega. Fa ripetuti agli “italiani”: sono qui perché gli italiani mi hanno chiesto di restare, ha affermato citando anche “la mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del Governo”, definita “senza precedenti e impossibile da ignorare”. Il tono è suonato come una messa in stato d’accusa delle forze politiche. Addirittura, nella replica dopo il dibattito, l’ex Bce decide di rilegge brani del suo discorso iniziale per dimostrare, a modo suo, di non aver voluto insultare il parlamento né chiedere pieni poteri. Sui contenuti, i pochi accenni mostrano una linea che non cambia. Draghi ha citato il reddito di cittadinanza “da rivedere” perché avrebbe danneggiato il mondo del lavoro (è la tesi di Confindustria, Renzi e Calenda, smentita dai numeri). Sul superbonus ha accusato i 5S di essere “colpevoli di aver scritto male la norma” (“ora dobbiamo riparare al mal fatto”). Il rigassificatore di Piombinio diventa “questione di sicurezza nazionale” (ma sul territorio la protesta è trasversale, anche del Pd). Sul Fatto di domani passeremo al vaglio il discorso e l’atteggiamento di Draghi con un ampio fact-checking sulle sue parole.

IL PIANO UE “PER SALVARE L’INVERNO”: RAZIONARE SUBITO IL GAS. I Paesi Ue sono invitati a ridurre la domanda di gas del 15% dal primo agosto al 31 marzo 2023. Il taglio al momento è volontario, ma diventerà vincolante nel caso in cui almeno tre Stati membri chiederanno lo stato di allerta. Questa è la sostanza del piano d’emergenza della Commissione europea per “salvare l’inverno”, presentato oggi. Sullo sfondo c’è il timore che la Russia decida di chiudere i rubinetti dei suoi gasdotti. “È uno scenario probabile”, ha detto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. La proposta dovrà essere votata (a maggioranza) al Consiglio straordinario sull’energia fissato per il 26 luglio. Non è specificata la quantità di energia da razionare in caso di emergenza. La mossa però suscita già l’inquietudine dell’associazione degli industriali europei, Business Europe, che in una nota chiede di tenerla solo come ultimissima spiaggia perché gli effetti economici sarebbero “disastrosi” e avrebbero “un impatto spesso irreversibile sulle imprese”. Il taglio è lineare, senza distinzioni tra il metano russo e quello proveniente da altre fonti, cosa che non piace ai Paesi come il nostro che stanno provando a differenziare gli approvvigionamenti. Sul Fatto di domani leggeremo nel dettaglio scenario con questo piano per i consumatori e le imprese. La commissione ha anche specificato che per ora il tetto al prezzo del gas è fuori discussione, ma ci si sta lavorando.

UCRAINA, LA RUSSIA ALZA IL TIRO: “ANDREMO OLTRE IL DONBASS”. Gli obiettivi militari di Mosca si sono allargati, ha affermato oggi il ministro degli Esteri russo Lavrov in un’intervista all’agenzia di stampa russa Ria Novosti. Non si fermano più al Donetsk e al Luhansk, ma riguardano anche altri territori, non specificiati. La causa, argomenta Lavrov, sono gli invii di armi occidentali all’Ucraina. Poi allontana ancora la prospettiva dei negoziati con Kiev: “non hanno senso nella situazione attuale”. Sul Fatto di domani vedremo qual è la situazione politica dei governi europei con un’intervista alla responsabile a Bruxelles del think tank Centre for European Reform, Camino Mortera, analizzando i problemi politici creati dalla guerra alla leadership di Scholz a Macron a Biden e Johnson.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

Covid, arriva il vaccino aggiornato. Pfizer e e BioNTech hanno completato la richiesta di approvazione all’Ema per il vaccino aggiornato alla variante Omicron BA.1. Il vaccino è bivalente e contrasterà anche le vecchie versioni del virus. I nuovi casi in Italia oggi sono oltre 88 mila e i morti 157 morti.

Terracina, il blitz anti-corruzione colpisce il feudo meloniano. Dopo l’arresto della Sindaca Roberta Tintari e dell’ex vicesindaco Pierpaolo Marcuzzi, entrambi di Fratelli d’Italia, è comparso oggi il nome di Nicola Procaccini, deputato europeo vicinissimo a Giorgia Meloni. Sarebbe implicato in illeciti nella gestione degli appalti balneari. Sul Fatto di domani vedremo i nuovi sviluppi dell’inchiesta.

Gli incubi di Bertrand Russel. Un estratto dal volume Rimedi per la salute mentale del grande filosofo e matematico britannico, in uscita in libreria.


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