Il Parlamento non è pronto per le elezioni anticipate del 25 settembre. Nonostante il referendum sul taglio dei parlamentari risalga ormai al settembre 2020, le Camere in due anni non sono ancora riuscite ad approvare i nuovi regolamenti che servono per far funzionare i due rami del Parlamento in base alla riduzione del 30% di deputati e senatori. Dalla prossima legislatura, infatti, la Camera passerà da 630 a 400 deputati e il Senato da 315 a 200. Quindi è necessario adeguare le nuove regole su quorum, numero delle commissioni e funzionamento dei lavori. Questo non è ancora avvenuto: le Giunte per il Regolamento di Camera e Senato ci stanno ancora lavorando. La prossima settimana, proprio per lo scioglimento anticipato e il voto del 25 settembre, potrebbe esserci un’accelerazione.
Più indietro è la Camera dove la Giunta per il Regolamento non si riunisce per parlare del tema dal 27 aprile. Per ora è stato approvato un testo base che prevede un adeguamento dei quorum e della formazione dei gruppi (non serviranno più 20 deputati ma 14, sette per formare una componente del Gruppo Misto), ma soprattutto una dura norma anti-transfughi: il nuovo testo prevede che, nonostante i “simboli matrioska” (nuovi partitini che sfruttano un simbolo che ha partecipato alle elezioni per avere più peso), si possa formare un unico gruppo parlamentare. Entro l’11 maggio i partiti avrebbero dovuto presentare i propri emendamenti, ma la Giunta non si è mai più riunita.
I relatori della proposta, il dem Emanuele Fiano e il forzista Simone Baldelli, proveranno ad accelerare, anche se serve l’unanimità della Giunta per il Regolamento e la maggioranza qualificata in aula. Un obiettivo non facile da raggiungere soprattutto dopo lo scioglimento anticipato delle Camere e con la campagna elettorale in pieno agosto: sarà impresa ardua far tornare i deputati a Roma. Nessun dubbio però che, anche a Camere sciolte, il regolamento possa essere approvato: “Il voto non richiede un rapporto fiduciario con il governo, quindi si può fare” spiega il costituzionalista e deputato Pd, Stefano Ceccanti.
Il Senato invece è più avanti. Il 13 luglio la Giunta per il Regolamento presieduta dalla presidente di Palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha approvato il testo dei relatori Dario Parrini (Pd) e Vincenzo Santangelo (M5S) e giovedì prossimo dovrebbe arrivare in aula. Il nuovo regolamento prevede la riduzione delle commissioni da 14 a 10 (Esteri e Difesa, Ambiente e Lavori Pubblici, Industria e Agricoltura, Lavoro e Sanità) , l’adeguamento delle soglie dei quorum e la norma anti-trasformismo: se i senatori decideranno di cambiare gruppo ed entro tre giorni non ne sceglieranno un altro, finiranno nel girone dei “non iscritti” sul modello delle regole del Parlamento europeo. Il Senato ha più necessità di approvare i regolamenti parlamentari proprio per il numero di componenti inferiore: “Se non saranno adeguati è a rischio anche l’elezione del Presidente che sarà oggetto della prima seduta della prossima legislatura”, spiega il deputato di LeU, Federico Fornaro.
Anche sei regolamenti venissero approvati in tempo utile, cosa probabile, il nuovo Senato rischia subito di non funzionare tra ingorghi delle commissioni e dei lavori in aula. In primis, esiste un problema di organizzazione: i gruppi più piccoli avranno uno/due senatori in ogni commissione, impedendo una loro specializzazione. Inoltre, si rischia l’ingorgo: le commissioni bicamerali – come Copasir, Vigilanza Rai, Antimafia – dovranno evitare di riunirsi nel primo pomeriggio in concomitanza con le commissioni permanenti di Camera e Senato, perché in quel caso sarebbe a rischio il numero legale. A meno che le Bicamerali non vengano convocate all’alba o la sera tardi.