Perché questo caldo esagerato, se le temperature medie sulla Terra sono aumentate “solo” di 1.2 gradi rispetto all’epoca pre-industriale? Una spiegazione in cinque punti.
1. La terraferma si riscalda più del mare (+0.27 gradi per decennio contro +0.11). Gli oceani occupano i tre quarti del pianeta nella media e “tirano giù la media”, come un brutto voto a un esame più grosso degli altri. Ma noi viviamo sulla terraferma e quindi subiamo un riscaldamento più forte rispetto al dato medio globale.
2. La media non dice tutto: esistono luoghi del pianeta che si riscaldano più velocemente degli altri, a causa delle interazioni tra la temperatura atmosferica e le altre componenti del sistema climatico. Un esempio sono le aree montane o le zone artiche. Qui la scomparsa dei ghiacci, di colore chiaro, lascia il posto a superfici scure, che attirano il calore del sole e accelerano il riscaldamento.
3. Un altro di questi punti “sensibili” è quello dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’Italia, ad esempio, si è già riscaldata di +1.8 gradi in media negli ultimi 100 anni: circa il 50% in più rispetto alla media globale. Il motivo ha a che fare con il modo in cui la crisi climatica modifica la circolazione dell’atmosfera. La cella di Hadley è una zona della nostra atmosfera che “pompa” in continuazione verso il basso aria calda e secca, ed è responsabile della formazione dei deserti in una fascia ben precisa del pianeta. Questa cella si sta spostando verso latitudini maggiori – in pratica, i tropici stanno risalendo verso nord, e con loro l’aria calda. L’area Mediterranea è il primo territorio che incontreranno sul loro cammino.
4. Le ondate di calore, come le tempeste o gli incendi, sono eventi estremi, che avvengono solo quando si verificano condizioni particolari. La frequenza e l’intensità degli eventi estremi sta aumentando più velocemente rispetto alla temperatura media. Anche qui, il motivo sta nel cambiamento di circolazione dell’atmosfera, e in particolare del jet stream, il flusso d’aria ad alta velocità che scorre continuamente tra le aree artiche e quelle temperate, e che fa da “nastro trasportatore” di tutti i sistemi meteorologici. A causa del riscaldamento dell’Artico, questo flusso d’aria sta rallentando e tende a “sbandarsi” verso sud, raggiungendo la bassa Europa. Il rallentamento della corrente a getto e il suo sbandamento può bloccare il transito dei sistemi ad alta pressione (tempo caldo e secco) e a bassa pressione (tempo piovoso), prolungando il loro stazionamento sullo stesso territorio. Tradotto: ondate di calore estive, ma anche tempeste autunnali, più forti e durature.
5. Il calore estremo non è solo “colpa” della temperatura, ma anche della mancanza di pioggia. Come spiega Antonello Pasini in un suo recente articolo, l’aria non si scalda “dall’alto” a causa del Sole, ma “dal basso” a causa del contatto con il terreno più caldo e della radiazione solare che il suolo fa rimbalzare verso l’alto. Un suolo che contiene acqua rimane fresco, perché quando la temperatura sale l’acqua evapora – rinfrescando il terreno con un meccanismo simile a quando noi ci rinfreschiamo grazie alla sudorazione. Ma se l’acqua non c’è, il suolo si scalda più in fretta, e riscalda l’aria più intensamente. La siccità, in altre parole, propaga e prolunga le ondate di calore.
Riassumendo, la crisi climatica è come un dado truccato, che in Italia viene lanciato su un tavolo truccato. Tirare un sei diventa la normalità, e comincia ad essere possibile tirare anche un sette o un otto. Ma questa non è una ragione per mollare: se lavoriamo su scala nazionale e globale con misure urgenti e radicali, il dado resterà quello che è oggi, e potremo cercare di adattarci. Se rimandiamo, i numeri stampati sulle sue facce continueranno ad aumentare – e noi a sperimentare effetti sempre più pericolosi e a cui difficilmente si potrà opporre molta resistenza.