“Non ci bastano i ministeri fuffa del governo Draghi. Dopo tre anni di manifestazioni non è stato fatto ancora nulla. Non abbiamo più fiducia, quindi la risposta la costruiamo dal basso”. Elena Alfieri ha 28 anni ed è una delle oltre mille attiviste e attivisti che da tutto il mondo hanno raggiunto Torino per partecipare al Climate Social Camp, il campeggio per la giustizia climatica e sociale che si svolge in contemporanea al raduno europeo dei Fridays for Future. Hanno montato le tende nel parco della Colletta e per quattro giorni hanno discusso su come affrontare insieme la crisi climatica. Qui tutto è ecosostenibile perché “a differenza dei politici, noi quello che diciamo poi lo facciamo”, spiegano alcuni ragazzi mentre servono birra nei bicchieri riutilizzabili e preparano pasti vegani. “Il governo Draghi, come quelli precedenti, si è dimostrato insufficiente nell’affrontare il tema ambientale – spiega la portavoce di Fridays for Future Italia, Martina Comparelli, 29 anni – non si può affrontare la questione per gradi, o tagli tutti i combustibili fossili o non serve. È come il problema della schiavitù, per risolverla non puoi liberare alcuni schiavi e altri no. Non è impossibile, ma basta volerlo”. Una volontà che nello scorso governo è mancata secondo gli attivisti. Un esempio? “L’indignazione di Draghi quando qualcuno si è permesso di criticare il rigassificatore di Piombino – racconta Sergio Tonetto, studente milanese di Fisica di 24 anni, – lo scorso governo ha dimostrato di non saper trovare delle soluzioni”.
Il tempo a disposizione è poco. “Le parole di Cingolani hanno dimostrato l’assenza di volontà di un cambio radicale – ricorda Andrea della rete Rise Up 4 Climate Justice – intanto il ghiacciaio della Marmolada cade a pezzi e il progetto delle Olimpiadi a Cortina va avanti normalmente, c’è la siccità mentre la Coca Cola consuma acqua pagando cifre ridicole. È inaccettabile”. Che fare dunque? La risposta, dicono i ragazzi, è quella di ripartire dall’intersezionalità. Per questo a Torino sono arrivati anche i lavoratori della Gkn, che da un anno lottano contro la delocalizzazione della propria azienda, i lavoratori del porto di Genova che si rifiutano di caricare sulle navi le armi destinate alla guerra e il movimento No Tav. Realtà diverse che a Torino si sono incontrate per condividere pratiche e conoscenze.
In questi quattro giorni, tra le tende del camp, è emersa un’agenda nuova con altre priorità rispetto a quelle che vengono discusse in questo inizio di campagna elettorale. “Occorrerebbe affrontare il tema della siccità con politiche strutturali e non emergenziali per riparare la rete idrica italiana e che non viene toccata da anni”, spiega Gabriele Gandolfo, 28 anni, educatore dell’associazione Acmos.
Un’altra priorità, secondo Giorgio, studente di Pisa e attivo nel comitato contro il progetto della base militare di Coltano (Pisa) “deve essere la lotta al caro-vita, un tema che si porta dietro tutte le altre battaglie perché permette di andare verso il rifiuto all’uso dei combustibili fossili e lo spreco di risorse”. E c’è chi , come Luca Sardo, studente 23enne torinese, invoca “un piano di investimento per la transizione ecologica che dovrebbe essere molto ampia, una legge sul clima come c’è stata in Francia e in Germania e che possa abbracciare ambiti diversi come i trasporti, l’ambiente e l’agricoltura”. Proposte che per essere realizzate dovranno essere finanziate e proprio per questo la portavoce di Fridays for Future Italia sottolinea “l’importanza della tassa sugli extraprofitti e di una redistribuzione che porti benessere a tutta la cittadinanza”.
Idee e progetti che in vista delle elezioni del 25 settembre “fanno fatica a trovare spazio nel dibattito politico”, spiegano gli attivisti. Qui al campeggio non si sono visti i rappresentanti nazionali dei partiti con l’eccezione di una comparsata del segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. La fiducia nei partiti è poca. “Non daremo un’indicazione di voto – precisa Comparelli – studieremo i programmi, ma siamo consapevoli che le forze politiche possono dire quello che vogliono, ma poi dovranno allearsi e fare compromessi”. E così chi andrà a votare per la prima volta come la neo18enne Greta, attivista ambientale di Mantova, si dichiara “già delusa” e medita di lasciare la scheda bianca. “Abbiamo fatto dei passi in avanti in questi anni – ragiona Sardo – all’inizio ci deridevano, oggi ci ascoltano, ma non ci basta. Hanno perso quattro anni, speriamo che non ne perdano altri dieci o venti, perché non abbiamo più tempo”.