Ogni territorio di questo nostro complesso Paese ha le sue peculiarità e le sue ferite più o meno profonde in termini di degrado degli elementi basilari della vita: aria, acqua, suolo. Pensiamo anche solo all’aria. Mentre i polmoni dei cittadini filtrano emissioni di auto, sistemi di riscaldamento e impianti industriali, per gli abitanti di campagne e valli, il cocktail inalato è quello di emissioni da inceneritori, allevamenti intensivi, fertilizzanti, fanghi per la concimazione, fuochi illegali. Questo è quanto avviene con picchi di particolare criticità in molte province della Lombardia.
A tale riguardo ricordiamo che nel maggio scorso la Corte di giustizia europea ha condannato l’Italia per “inosservanza sistematica e continuata del valore limite annuale indicato per il biossido di azoto, NO2”, inquinante responsabile secondo la letteratura scientifica internazionale di patologie croniche e morti premature. E nel testo della sentenza compaiono con particolare evidenza di criticità i dati degli agglomerati di Milano, Bergamo, Brescia e delle altre aree urbanizzate della Bassa Padana.
La petizione Apriti cielo! ci prova a far arrivare nelle stanze dei decisori la voce di cittadini che non si rassegnano a questo mal d’aria perché impattante sulla loro vita e salute. Agli amministratori si richiedono scelte di discontinuità articolate in 10 aree di intervento, ognuna nevralgica in tema di effetti sull’aria che respiriamo: trasporto pubblico sostenibile e mobilità leggera, razionalizzazione della logistica, innovazione tecnologica degli impianti industriali verso la sostenibilità ambientale, superamento degli impianti di incenerimento, disincentivazione degli allevamenti intensivi, impulso alla bonifica delle aree contaminate dall’amianto, adozione più capillare di sistemi di monitoraggio dell’aria di ultima generazione, oggetto di costante manutenzione e conseguente trasparenza nella diffusione dei dati, riforestazione massiva, solo per citare alcuni dei punti evidenziati.
La petizione Apriti cielo! è stato il primo passo della nascente Rete Ambiente Lombardia, una realtà in progressivo allargamento cui aderiscono associazioni, comitati e formazioni libere di cittadini che operano a difesa del territorio lombardo, delle sue risorse naturali e – altra faccia della medaglia – della salute dei suoi abitanti. Quello che ha spinto a dare vita alla Rete è la necessità e l’urgenza di fare fronte comune affinché il diritto ad un’ambiente di vita salubre si traduca al più presto in politiche adeguate. In estrema sintesi, la Rete nasce per fare da stimolo a istituzioni pubbliche, imprese, cittadini.
Ad oggi si sta impegnando in numerose direzioni, dall’interlocuzione con tecnici e scienziati al fine di far crescere consapevolezza e sensibilità sulla relazione qualità ambientale e salute (convegno di Cremona, aprile 2022) a quella con amministratori locali (Milano) e parlamentari (audizione in Commissione Ambiente alla Camera, marzo 2022; lettera aperta ai parlamentari italiani ed europei, giugno 2022). La Rete è entrata in dialogo anche col mondo cattolico (diocesi di Milano; Circoli Laudato sì) e ha organizzato flash mob e presidi in varie province.
Il prossimo passo sarà la presentazione in autunno presso l’Università Statale di Milano della Carta di Intenti, un documento che raccoglie idee valori principi di riferimento per l’azione e che sottolinea la centralità della condivisione come stile di lavoro della Rete, nel senso che le istanze dei singoli territori e associazioni possono diventare parte delle preoccupazioni e dell’orizzonte di senso degli altri soggetti, nonché dare origine a rivendicazioni più generali, andando così oltre la visione ristretta che talvolta scaturisce da un certo protagonismo.
Nella Carta di Intenti si mette in evidenza l’opera che la Rete intende svolgere per la diffusione della consapevolezza del rapporto non solo fra qualità ambientale e salute, ma anche fra ecologia e giustizia sociale, fra sostenibilità e cultura, fra degrado e illegalità.
E ultimo ma non ultimo, la crucialità dello scambio intergenerazionale fra le istanze della sensibilità ambientale di ieri e di quella di oggi.
Viene da chiedersi se l’esperienza della Rete Ambiente Lombardia possa risultare d’ispirazione anche per altre realtà territoriali. Se la sfida di aggregare l’associazionismo andando oltre le specificità e i variegati orizzonti di riferimento di ogni soggetto coinvolto per arrivare a confluire su comuni piattaforme di lavoro possa essere raccolta da altre regioni. È quello che in tanti ci auguriamo.