La sezione veronese dei Medici per l’Ambiente (Isde), insieme ad alcuni tecnici del settore, ha voluto capire quale sia l’impatto dell’agricoltura veronese sull’ambiente e quindi sulla salute umana. Verona è la provincia veneta con il più alto consumo di pesticidi, una delle più alte in Europa.
Il gruppo di lavoro ha promosso una ricerca originale, condotta con metodo rigorosamente scientifico e finanziata dal basso con una raccolta fondi, che serva a capire quanto può essere importante il cosiddetto “effetto deriva” , ovvero la diffusione a distanza delle sostanze usate nei trattamenti con fitofarmaci.
Questo metodo prevede l’esclusione, attraverso un questionario apposito, dei campioni che possono essere auto-inquinati (per esempio dalla presenza di animali domestici o dall’uso in proprio di prodotti chimici); le sostanze trovate sono, quindi, esclusivamente di origini esterna.
Abbiamo deciso di testare le erbe e le foglie dei giardini privati, più o meno lontani dai campi coltivati, pensando che rappresentino l’intimità delle case, il confine vero della privacy che non deve essere violato, il luogo dove bambini e tutte le famiglie si sentono e dovrebbero essere al sicuro, dove, specialmente in estate, è piacevole passare il tempo sereni.
In pratica si sono scelti 44 punti dislocati in tutta la provincia veronese, ben rappresentativi delle varie tipologie di prodotti coltivati, e in una giornata della fine di luglio scorso sono stati realizzati i campionamenti. Quando abbiamo visto i dati non volevamo crederci!
Su 44 punti ben 41 rivelavano presenza di pesticidi, in numero variabile da 1 a 7 per ogni campione. Compresi i punti in centro città e nella zona montana di Lessinia, dove non ci sono coltivazioni. I giardini privati sono inquinati: nessuno lo sa, non ci sono avvisi o informazioni da parte di enti pubblici, amministrazioni, associazioni di categoria degli agricoltori. Molto probabilmente senza che gli agricoltori stessi abbiano coscienza della portata ambientale della loro attività.
Certo sono dosaggi bassi, certo sono tutti prodotti permessi dalla legge (tranne uno), ma mentre gli agricoltori usano sistemi di protezione e aspettano 48 ore prima di ritornare nei campi, la popolazione non sa, in genere neanche lontanamente, il pericolo che può correre. Una di queste sostanze, per esempio, presente nella maggioranza dei campioni (il Folpet) riporta nelle avvertenze “Sostanza che può procurare il cancro”.
Questi dati ci hanno indotto ad un ulteriore sforzo e anche nel 2022 stiamo facendo un monitoraggio che ci darà ulteriori notizie, in particolare sulla evoluzione nel tempo delle quantità di pesticidi presenti nei giardini. Di questi risultati abbiamo informato i Sindaci e l’ Arpav (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto) e attendiamo i prossimi per diffonderli fra le Organizzazioni degli Agricoltori, i Consorzi di Tutela, le Asl e i medici, e soprattutto i consumatori.
È nostra intenzione dare il seguito che merita questa ricerca, anche se finora è rimasta sconosciuta ai più, inoltre vogliamo affinare il metodo di ricerca. Evidentemente le tradizionali analisi fornite dalle Asl e dalle Arpa sulle acque superficiali e profonde e nei cibi non bastano più per garantire una reale sicurezza ai cittadini. E non bastano a proteggere gli agricoltori che usano i metodi biologici, che rischiano di vedere i propri raccolti, prodotti con la massima cura, inquinati da vicini poco attenti e rispettosi.
Quello che sembra inevitabile chiedere fin d’ora sono interventi adeguati e responsabili da parte degli enti pubblici (articolo 32 della nostra Costituzione), anche attivando sistemi di controllo efficaci, il ritiro dal commercio delle sostanze più pericolose e una graduale ma veloce inevitabile transizione all’agricoltura biologica.