In questa estate di grande siccità, una siccità che affonda le sue radici nell’inverno e nella primavera, in questa estate di grande siccità, di vegetazione arsa e di colture agonizzanti, dai greti allargati dei fiumi e dai ventri svuotati dei laghi, sono affiorate antiche rovine.
Anche a Padova la limitata portata dei corsi d’acqua ha fatto affiorare qualcosa di nuovo e di antico allo stesso tempo. Si è appreso dalla stampa, che l’inceneritore di Padova potrebbe ad essere spento in quanto la portata d’acqua del Piovego e del Canale San Gregorio, da cui l’impianto attinge, non è più sufficiente per farne funzionare il sistema di raffreddamento. Il Genio Civile ha profuso degli sforzi per recuperare delle risorse idriche laddove ancora disponibili, pur di mantenere i corsi d’acqua interessati ad un livello tale da poter servire l’impianto d’incenerimento, ma non è bastato.
L’impianto preleva l’acqua dai fiumi e la restituisce ad una temperatura superiore di 12 gradi centigradi. Abbiamo quindi due fenomeni strettamente correlati che hanno un impatto sull’ambiente: il prelievo di acqua dai fiumi che richiede che le risorse idriche siano abbondanti; la restituzione dell’acqua ai fiumi ad una temperatura più elevata che altera l’equilibrio dell’ecosistema. È come se in un secchio d’acqua si versasse dell’acqua calda: minore è la quantità d’acqua nel secchio, maggiore sarà la temperatura finale del liquido e più alta è la temperatura del liquido e dell’ambiente esterno, più velocemente l’acqua evaporerà.
Come se ciò non bastasse, il prospettato progetto di quarta linea dell’inceneritore che prevede un ampliamento della capacità di combustione di rifiuti dell’impianto, porterebbe ad un prelievo dalle acque del Piovego di ulteriori 600 metri cubi all’ora, che sarebbero poi restituiti al fiume ad una temperatura superiore di 12 gradi centigradi. Possiamo permetterci una simile prospettiva?
L’eccezionalità di questa estate non si ferma però qui per Padova, anche se per la nostra bella città sarebbe più corretto parlare di eccezionalità della normalità. L’Agenzia europea per l’ambiente ha pubblicato nel mese di luglio i dati sull’inquinamento da particolato sottile PM2.5, ossia quello più pericoloso per la salute umana, relativi a 340 città europee e riferiti al 2020-2021 (i dati si possono verificare qui).
Padova si conferma essere la terza peggiore città in Europa per inquinamento da PM2.5. La precede, al primo posto di questo poco invidiabile podio, Nowy Sacz, una città polacca che sorge nell’area di un bacino carbonifero, seguita da Cremona, un’altra città italiana situata nella Pianura Padana che, come Padova, ha un inceneritore e altre industrie inquinanti.
È da queste rovine, che si svelano e riconfermano nella calura estiva, che si leva forte l’ennesimo appello alle Autorità competenti e alla cittadinanza tutta: Padova, la sua aria, il suo ecosistema, non possono permettersi una quarta linea dell’inceneritore che porterebbe a bruciare più rifiuti e ad ammorbare ancor di più l’aria, che aumenterebbe quelle emissioni di CO2 che impattando sul clima sono già oggi concausa di siccità, che altererebbe ancor più lo stato delle acque che scorrono in un equilibrio quanto mai fragile, acque che sono necessarie alla vita, all’agricoltura, acqua che in quanto diritto è ormai considerata nel novero dei diritti dell’uomo, non certo di un impianto di incenerimento, anche se per un impianto di incenerimento si è andati a cercarla in fiumi già stremati.
Le nostre rovine risalgono al 1962. Nel nostro giardino di casa, il nostro backyard come qualcuno ama dire, abbiamo un inceneritore dal 1962. Padova non ha bisogno di un inceneritore più grande, semmai ha bisogno di ridimensionare l’impianto già esistente. Si può, si deve riciclare di più e recuperare di più. Si può. Se si vuole.
Questo territorio non può sopportare ulteriori sfregi, perché in rovina ci sono già le nostre acque e il nostro cielo e con essi la nostra salute. Contro la quarta linea dell’inceneritore alcuni cittadini di Padova hanno proposto ricorso al TAR. Uniamoci in uno sforzo comune e sosteniamoli. Chi è in grado di farlo, può dare un aiuto tramite la piattaforma di crowdfunding produzionidalbasso.com al progetto “Non può andare tutto in fumo” . Riprendiamoci l’acqua, riprendiamoci il cielo.