Per molti vip la tentazione è troppo forte: quella della foto di rito, magari con famigliola, sul jet privato in partenza. Ma potrebbe non essere più una buona idea, perché la sensibilità sociale rispetto alle emissioni prodotte da ricchi e ricchissimi, soprattutto a causa dei brevi ma inquinantissimi voli privati, comincia a crescere.
Ne è una testimonianza l’account Instagram Jet Dei Ricchi, che monitora, appunto, l’impatto ambientale dei voli privati delle persone più famose d’Italia. Gli ultimi post, ad esempio, riguardano gli spostamenti per il tour di Sfera Ebbasta – 14,5 tonnellate di CO2 – così come quelli di Elettra Lamborghini, 4,3 tonnellate di CO2 per due voli nel Mediterraneo. Ma ci sono anche le 13,7 tonnellate di CO2 di Flavio Briatore per passare 24 ore a Mikonos, le 5,6 della vacanza della famiglia Ferragni, così come le 766 tonnellate emesse in un anno dal jet di Diego della Valle.
Instagram, ma non solo
“Siamo un gruppo di persone, ricercatori/e e attivisti/e che si occupa di ambiente per interesse personale e professionale e che ha sentito il bisogno di organizzarsi e parlare pubblicamente dopo aver scoperto l’enormità dell’impatto ambientale dei jet privati ”, spiegano i curatori dell’account, contattati dal Fatto Quotidiano. Raccontano anche di ispirarsi a progetti già realizzati in altri paesi, come L’avion de Bernard in Francia – una pagina che calcola l’impatto ambientale del jet privato di Bernard Arnault, direttore generale della multinazionale Lvmh e terzo uomo più ricco del mondo, – e Elonmuskjet che segue l’aereo privato di Elon Musk, Ceo di Tesla e SpaceX. “Per ora i nostri dati non ci permettono di stilare nessun tipo di elenco comparativo tra super ricchi e vip. Sicuramente chi possiede un jet privato di proprietà è portato a usarlo regolarmente, e quindi ha una responsabilità più importante. Queste figure spesso non sono veri e propri vip mediatizzati, bensì le più grandi fortune d’Italia. I jet principalmente utilizzati da persone come Elkann e Della Valle decollano quasi quotidianamente fanno un uso molto importante dei loro jet, quasi quotidiano”.
Ma il lavoro di identificazione non passa solo da Instagram. “È chiaro che per i vip che affittano dei jet di proprietà di terzi è importante provare che una certa tratta sia stata realizzata effettivamente da loro, e quindi i social network sono una buona fonte di informazione”, precisano i curatori. Ecco perché “il lavoro per trovare e identificare i jet dei grandi miliardari che non mettono foto su Instagram è più complesso poiché si tratta essenzialmente di incrociare dati pubblici relativi alla presenza di un certo velivolo in un dato posto e contemporaneamente dalla presenza della persona che riteniamo esserne proprietario o principale utente. In questo senso usiamo anche molte fonti terze di natura giornalistica”.
In un’ora di jet privato emesse due tonnellate di CO2
I numeri esistenti sui voli privati, d’altronde, parlano chiaro. Nel suo rapporto “Jet privati: possono i super ricchi arrivare a una aviazione a emissioni zero?”, l’organizzazione nota per le sue campagne sui trasporti puliti “Trasport Environment” spiega come il 50% delle emissioni globali dell’aviazione siano causate da un gruppo molto piccolo di persone, in pratica i super ricchi che “saltano su jet privati per brevissime distanze”. Non solo: le emissioni di CO2 sui jet privati sono aumentate vertiginosamente – del 31% – negli ultimi anni, dal 2005 al 2019, molto più dell’aviazione commerciale. E in appena un’ora, un solo jet privato può emettere due tonnellate di CO2, quanto una persona media ne emette 8,2 in un anno intero. Il mercato, inoltre è rimasto fiorente anche durante la pandemia.
Il proprietario di un jet privato, nota sempre il rapporto, ha una ricchezza di 1,3 miliardi di euro e i voli dei jet privati in partenza da Francia (dove sono addirittura uno su dieci ) e Inghilterra – metà dei quali ha percorso meno di 500 km – emettono più CO2 degli altri 20 paesi messi insieme. Il fatto che, appunto, i jet vengano utilizzati per voli brevi aumenta il loro impatti climatico, rendendoli da 5 a 14 volte più inquinanti degli aerei commerciali e 50 volte più inquinanti dei treni.
Intervenire sull’1 per cento dei super ricchi
Nonostante questi dati siano ormai certi, i curatori dell’account Jet Dei Ricchi spiegano che l’impatto ambientale dei jet privati non sia facile da capire e comunicare ai non addetti. “Per questo cerchiamo di dare alla pagina un taglio pedagogico che permetta di comprendere le proporzioni delle disuguaglianze climatiche che intercorrono tra una persona normale e un miliardario. Come ripetiamo spesso nei nostri post, Jet Dei Ricchi segue gli aerei, non i loro passeggeri. Non ci interessa sapere dove si trova una persona in un dato momento, ma far passare il messaggio che questi spostamenti privilegiati ed esclusivi vanificano lo sforzo di migliaia di persone che agiscono quotidianamente per adattare i loro comportamenti a un modo di vivere più responsabile e rispettoso dell’ambiente”. Questi sforzi rischiano di essere nulli, precisano, se non si interviene immediatamente sul modo di vivere dell’1% più ricco del pianeta (e – a scala più ridotta – dell’Italia) e questo significa dotarsi degli strumenti fiscali e politici necessari a limitare radicalmente la possibilità che queste persone hanno di emettere quantità sproporzionate di CO2.
Perché serve una carbon tax sui carburanti
Ed è proprio la normativa che manca a rappresentare il problema. I jet privati, infatti, non sono tassati nella maggior parte delle nazioni europee, e soprattutto “sono esentati dall’EU ETS, il sistema di determinazione dei prezzi del carbonio”, spiega il rapporto di Transport Environment. Né ci sono, a parte la Svizzera, l’unica ad aver introdotto una tassa su questi voli, tasse sul cherosene.
Cosa allora può rafforzare la limitazione di questo settore? “In Italia”, spiegano i curatori di Jet Dei Ricchi, “esiste una imposta erariale annuale sui jet privati, ma non esiste tassazione sul kerosene, in particolare in una prospettiva di carbon tax. Una proposta di carbon tax sui carburanti per l’aviazione è attualmente in discussione a livello europeo, ma le ultime indiscrezioni mostrano che i jet privati sarebbero esclusi per evitare di arrecare danno alla libera condotta degli affari in Ue”. Ma cosa si potrebbe fare, allora? “Il nostro lavoro vuole mettere i riflettori sull’uso dei jet da parte delle persone più facoltose del paese. Ci auguriamo che il fatto di raccontare questa ingiustizia climatica serva a sensibilizzare un numero sempre più grande di persone e – perché no – a mettere un po’ di pressione a queste figure. Il secondo step però è politico: si dovrebbe portare una proposta di legge in grado di intervenire e inquadrare il settore dell’aviazione privata, ad esempio proponendo una carbon tax sui carburanti”.
Secondo Transport Environment, invece, la ricchezza di questi proprietari potrebbe far sì che essi stessi finanzino tecnologie di decarbonizzazione, come i combustibili avanzabili sostenibili (SAF) e nuovi velivoli a emissioni zero (ZE). Secondo l’organizzazione, l’utilizzo a corto raggio, da questo punto di vista, può essere un vantaggio, perché i voli brevi sono ideali per i velivoli a emissioni zero, come gli areoplani a idrogeno ed elettrici, perfetti per le esigenze di chi usa jet privati. Questi tipi di velivoli dovrebbero diventare obbligatori in questo settore, rendendo possibile così anche schivare le critiche.
Il rapporto suggerisce anche, in conclusione, tre raccomandazioni. Anzitutto, entro il 2030 le autorità di regolamentazione dovrebbero consentire l’uso di velivoli a idrogeno o elettrici alimentati con idrogeno verde ed elettricità per i voli di jet privati sotto i 1000 km e le grandi compagnie di jet privati dovrebbero essere obbligate e stipulare accordi con fornitori di e-cherosene per tutti voli. Inoltre, fino a che non sarà in vigore un divieto, sui jet privati a combustibili fossili dovrebbero essere imposti un biglietto e una tassa sul carburante in base al peso dell’aeromobile (si parla di circa 3.000 euro). Infine, in attesa dello sviluppo di queste nuove tecnologie, le aziende e gli individui dovrebbero semplicemente, ma drasticamente, impegnarsi all’utilizzo di questi voli. Non è difficile visto che, tra l’altro, il rapporto nota come i collegamenti ferroviari ad alta velocità esistano sul 70/80% per cento delle prime dieci rotte di jet privati popolari. Il che significa, in altre parole, che spesso il jet privato è soprattutto uno status symbol, più che una effettiva necessità.