Esegesi non conforme del Duca. Dire come ha detto l’altro giorno al Santo Meeting: “L’Italia ce la farà con qualunque governo” è la frase chiave del tempo disgraziato che ci assedia. Trattandosi della bugia più maneggiata: la politica (in fondo) è passatempo per grulli. Il rosso e il nero pari sono, sfumature occasionali del grigio che comanda. State tranquilli che il sopra e il sotto appartengono all’identico miraggio, sabbia che da lontano sembra acqua. Ma sabbia resta. Il bar è molto più distante. E alla cassa, dice il Duca nella parte implicita del suo discorso, noi siamo la cassiera.
E allora i partiti servono? Ma certo che servono. Servono a tavola. Portano le pietanze e i dolci alle alte burocrazie addette alla compravendita delle materie prime nel mondo e alla svendita degli ultimi ideali in patria.
“Votate. Votate tutti!” ha detto con fervore il Duca, istruito dagli staff che lo avevano informato dell’ultimo sondaggio, “un italiano su tre è convinto che votare non serva a nulla”. Ancora uno sforzo, gli hanno detto, e ce la faremo a scalare i due terzi.
Nel mondo realmente rovesciato, dove i banchieri si occupano di politica e i politici di dentiere, la narrazione quotidiana allestisce la commedia degli equivoci parlamentari, l’inganno sta nascosto nell’armadio come fa l’amante della protagonista. E quando salta fuori è una rivelazione: “L’Italia ce la farà con qualunque governo!”. Davvero?
In molti si sono stupiti dei 32 applausi dedicati al discorso del Duca. Erano gli stessi mille ragazzi che il giorno prima ne avevano tributati altrettanti alla Meloni, che nei panni di “Io sono Giorgia”, il Duca lo ha detestato, osteggiato e involontariamente sconfitto. Possibile? Ma certo che è possibile se il rosso e il nero pari sono; se il sopra e il sotto appartengono all’identico miraggio ornamentale, applaudire è meglio che votare.