Gli Stati Uniti hanno risposto la scorsa settimana ai suggerimenti dell’Iran sul rilancio di un accordo nucleare del 2015: prende slancio l’intesa per riportare lo storico accordo cestinato dall’ex presidente Donald Trump. Poche settimane fa – dopo che l’accordo sembrava morto – l’8 agosto, l’Unione europea ha presentato quello che ha definito un testo finale per ripristinare l’accordo, in cui l’Iran vede l’allentamento delle sanzioni con la possibilità di vendere nuovamente il suo petrolio in cambio di severi limiti al suo programma nucleare.
Iran, Stati Uniti e Unione Europea hanno tutti confermato la risposta statunitense, nessuno ne ha subito discusso in modo approfondito, ma sono cadute molte pregiudiziali e l’intesa sembra possibile. L’Occidente – a corto di energia per la crisi con la Russia – ha un disperato bisogno del petrolio iraniano. Con i segnali che l’accordo raggiungerà a breve il suo traguardo, Israele, l’arci-rivale dell’Iran, ha intensificato le pressioni sulle nazioni occidentali per bloccarlo. “In questo momento sul tavolo c’è un cattivo affare. Darebbe all’Iran 100 miliardi di dollari l’anno”, il commento del primo ministro israeliano Yair Lapid, denaro che a suo parere finirebbe per finanziare Hamas, la Jihad islamica palestinese e l’Hezbollah libanese.
Cresce tra i funzionari israeliani la convinzione che l’amministrazione Biden farà tutto il possibile per finalizzare i negoziati. Le possibilità di fermare questo slancio nei colloqui sul nucleare sono remote, ma Lapid, il ministro della Difesa Benny Gantz e il leader dell’opposizione Benjamin Netanyahu si sono mobilitati in una campagna di pressione pubblica sugli Stati Uniti e sulle nazioni europee.
Questi tre uomini – ciascuno candidato per la premiership – sperano che, anche se questa campagna non otterrà alcun risultato, l’iniziativa stessa li aiuterà a guadagnare punti nell’opinione pubblica a pochi mesi dalle elezioni. Il voto del 5 ottobre – il quinto in 3 anni – appare indefinito, al suo esito è legata la sopravvivenza politica del Bibi nazionale, il suo partito (Likud) è sempre in testa nei sondaggi.