A meno di un mese dalle elezioni politiche c’è un grande assente nella campagna elettorale: l’emergenza climatica ed ecologica. Sebbene, sulla scia di qualche evento climatico estremo, il tema faccia capolino, accennato timidamente da qualche politico, e il concetto fumoso di “ambiente” sia entrato nella “to do list” di ogni candidata/o, quello che notiamo è che il tema rimane nascosto in una foschia concettuale, usato in maniera strumentale come spauracchio o come acchiappavoti.
Manca il racconto della trasversalità del problema. Non si può parlare di lavoro, di migrazione, di aumento dei prezzi del cibo e dell’energia, di natalità, senza parlare di cambiamento climatico. Non si può parlare di futuro, perché non ne avremo uno vivibile se non agiamo in maniera radicale.
Insomma, il tema è affrontato solo in maniera settaria, dando vita così a insensati ricatti, come il celeberrimo lavoro/ambiente. Eppure siamo in una delle estati più calde di sempre, il Po è ai minimi storici, i nubifragi sono sempre più intensi, il conflitto russo ucraino ha evidenziato la dipendenza del nostro Paese dai combustibili fossili e da regimi autoritari. Potrebbe essere il momento migliore per parlare seriamente di cambiamenti climatici e di come adattarci alla nuova normalità, come tra l’altro chiede la comunità scientifica italiana. Ma invece si continua a non voler guardare la realtà. In questo caso, non regge nemmeno la scusa del “non abbiamo soluzioni efficaci” perché le soluzioni ci sono come ci ricorda “energie per l’Italia”. Insomma, crediamo di trovarci di fronte a un problema di volontà politica.
A questo punto viene da chiedersi: perché se la situazione è così grave nessuno tra i candidati/e sembra preoccuparsi dell’emergenza climatica ed ecologica?
La risposta che XR si dà è che la democrazia rappresentativa non favorisce più la presa di decisioni efficaci. Infatti, la democrazia rappresentativa funziona sulla logica della delega. La nostra legge elettorale aumenta la distanza tra il rappresentante politico e il suo bacino elettorale. Venendo meno il confronto costante, l’essere collegato al territorio, il cittadino non si sente rappresentato e guarda disilluso alla politica.
La democrazia sembra diventata un simulacro, mera forma senza sostanza. E così prevalgono gli spot che solleticano la pancia, le soluzioni facili, che favoriscono il tifo, unica forma di partecipazione rimasta al cittadino insieme alla “X” sulla scheda elettorale ogni 5 anni. In questo contesto non c’è spazio per temi complessi che necessitano di soluzioni complesse, non c’è consenso per i provvedimenti radicali e necessari. Come posso accettare sacrifici se a imporli è una classe politica di cui non mi fido più?
In un contesto di disaffezione la politica diventa sempre più il terreno di gioco delle élite, sempre più al servizio dei grandi capitali privati. Solo così si spiegano i circa 40 mld di incentivi pubblici per il fossile.
Cosa fare quindi? Provare a risollevare la democrazia, rafforzarla con correttivi, coinvolgere davvero i cittadini, andare oltre la politica. E se dessimo spazio alla democrazia partecipativa, ormai realtà in moltissimi Paesi? E se affiancassimo un’assemblea cittadina nazionale estratta a sorte al Parlamento?
Nella “politica dello spot” si privilegia il brevissimo periodo e le soluzioni semplicistiche. Noi crediamo che il sorteggio stratificato (per sesso, estrazione sociale ed età) possa garantire una buona rappresentanza della demografia del nostro Paese. Inoltre, favorirebbe la partecipazione di cittadini che non abbiano interessi preconcetti e posizioni di rendita da mantenere. Infine, crediamo che il coinvolgimento nelle decisioni di chi di solito le subisce soltanto, possa rendere più accettabili e condivisi i provvedimenti necessari.
Durante le assemblee cittadine, per consentire a tutti di avere strumenti di comprensione per decidere, vi è una fase di informazione pubblica, durante la quale i portatori di interessi e gli esperti del tema in discussione danno un quadro completo del problema. Immaginate che queste sessioni vengano seguite dai media, immaginate come crescerebbe il dibattito informato fuori dall’assemblea. Tutto ciò, inoltre, gioverebbe alla classe politica incentivandone l’azione e ridandole primato sull’economia.
A Bologna, dopo 2 scioperi della fame e 2 anni di negoziati, condotti da attiviste/i di XR, il Consiglio comunale ha inserito le assemblee cittadine nel regolamento di partecipazione. L’assemblea dovrebbe cominciare a ottobre 2022.
Perché nessuno accenna al tema in campagna elettorale? A chi giova questo triste silenzio?