Il G7 vuole introdurre un tetto al prezzo del petrolio russo. Tra minacce di embargo, di introduzione di un tetto al prezzo del gas e al prezzo del petrolio i Paesi occidentali ricordano quel talento delle arti marziali che fa sfoggio di virtuosismi vocali e fisici prima dell’incontro, poi, scagliatosi contro l’immobile avversario, riceve un solo colpo in faccia e viene steso. L’idea è quella di sfruttare il controllo pressoché totale dei servizi assicurativi e di trasporto del prodotti petroliferi (secondo il sottosegretario al Tesoro Usa paesi del G7 controllerebbero il 90% di tali servizi) per bloccare la vendita di petrolio russo sopra un certo prezzo. L’effetto sarebbe di ridurre significativamente le entrate di Mosca (nel primo semestre 2022 il surplus commerciale russo ha raggiunto il suo massimo storico), di non far mancare petrolio al mercato mondiale, e di moderare i prezzi dell’energia per i consumatori. La botte piena (petrolio per tutti), e la moglie ubriaca (a basso prezzo).
A parte il fatto che il monopolio occidentale dei servizi di trasporto appare sovrastimato (e le società petrolifere nazionali dove sono?), va detto che finora non vi sono dettagli su quali altri paesi sarebbero d’accordo con il meccanismo, né sul valore di questo tetto al prezzo. Cosa ci insegna la storia? Il G7 è stato in qualche modo creato nel 1975 proprio per reagire al combinato disposto della fine di Bretton Woods nel 1971 e alla crisi petrolifera del 1973. In due occasioni, prima alla metà degli anni 70 e poi alla metà degli anni 80, i paesi del G7 hanno sostenuto la necessità di un “prezzo minimo” del petrolio in modo da non scoraggiare la produzione di greggio non-Opec (tipo nel mare del Nord), ma mai di un “prezzo massimo”. Hanno anche applicato sanzioni (embargo) al petrolio di paesi come Iran e Venezuela, minacciando ogni società che facesse affari con loro di multe e dell’esclusione dal mercato americano. Gli embarghi hanno ovviamente rafforzato sia il regime iraniano che quello venezuelano, permettendogli di giocare la carta nazionalista, ma hanno tutto sommato funzionato immiserendo i più poveri dei due paesi.
Quali sono invece i lati oscuri del nuovo virtuosismo bellico occidentale? Il primo è che se non partecipano grandi consumatori come Cina e India (l’India è passata da zero a 1 milione di barili di greggio russo al giorno), al G7 non resterebbe che sanzionarli scatenando il corrispettivo economico della guerra nucleare. Il secondo è che il tetto al prezzo del petrolio russo trascinerebbe in basso i prezzi del petrolio mondiale: siamo sicuri che il partner russo nell’Opec+, nonché amico ritrovato di Biden, l’Arabia Saudita, ne sarebbe entusiasta? La terzo è che se, piuttosto che vendere il petrolio ai prezzi del G7, la Russia dovesse ridurre significativamente la produzione, non esiste limite al prezzo che raggiungerebbe il greggio: come dicono gli inglesi, sky is the limit. La proposta di tetto al prezzo petrolio di Mosca è un segno di debolezza, non di forza. Paesi forti avrebbero semplicemente bloccato le importazioni di petrolio russo con l’effetto, già in atto, di costringere la Russia a venderlo scontato su altri mercati. Il G7 indossa la maschera dell’Uomo Tigre, ma sotto la maschera c’è un pulcino bagnato.