Ascolta il podcast del Fatto di domani
STIPENDI DEI MANAGER DI STATO, DOPO LO SCANDALO GOVERNO E PARTITI FANNO MARCIA INDIETRO. Come nella più classica definizione di “manina”, l’emendamento che ha soppresso il tetto di 240 mila euro agli stipendi dei dirigenti pubblici, infilato ieri nel Decreto aiuti bis, oggi pare non avere un responsabile. Governo e partiti scaricano le colpe. Il premier Draghi ha fatto trapelare il suo disappunto, anche se la norma è uscita dal ministero dell’Economia guidato da Daniele Franco e presentata in aula con il parere favorevole del governo. L’articolo porta la firma di Marco Perosino, forzista, che però intercettato dal Fatto lo ha disconosciuto: “Non è chiaro cosa sia successo al mio emendamento, ha fatto il giro dei ministeri e poi è arrivata la riformulazione nelle commissioni riunite”. Per il segretario Pd Enrico Letta era “un guaio, non abbiamo capito per responsabilità di chi”. Anche se tra i promotori della soppressione al tetto ai megastipendi della Pubblica amministrazione c’è il Pd Luciano D’Alfonso (lo riporta il sito Open). Soprattutto, prima di finire in Senato la norma è stata avallata dai tecnici del Mef. Dopo la valanga di critiche, anche dal mondo dei sindacati confederali (per Landini “un atto indegno del governo contro i lavoratori”), Palazzo Chigi ripristinerà il tetto, con un nuovo emendamento al decreto Aiuti bis che sarà in lettura domani alla Camera. Se sarà approvato (tutti partiti promettono di sì), il decreto aiuti dovrà ripassare di nuovo al Senato. La vicenda ha suscitato la disapprovazione del capo dello Stato: fonti parlamentari riferiscono che Mattarella ne avrebbe parlato direttamente con Draghi. In ogni caso, Pd e Forza Italia e Italia Viva hanno votato a favore dell’emendamento ieri, mentre M5S, Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti. Giuseppe Conte aveva definito “vergognosa” la mossa: “Per mesi nessuno ha appoggiato la nostra proposta per alzare gli stipendi a chi prende 3 o 4 euro l’ora con il salario minimo”. Sul Fatto di domani ricostruiremo la vicenda e vedremo chi sono i responsabili del blitz.
SALARIO MINIMO, SÌ DEL PARLAMENTO UE. L’ITALIA CHE FA? Mentre il Parlamento italiano si occupava di megastipendi, a Strasburgo il Parlamento europeo votava la legge sul salario minimo. 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astenuti. Il testo sarà legge a partire da fine mese, dopo l’approvazione da parte del Consiglio. Il dispositivo non fissa un minimo legale, ma stabilisce che il salario deve sempre garantire un tenore di vita dignitoso. I Paesi Ue disporranno di due anni di tempo per conformarsi alla direttiva, ma gli Stati in cui esistono i contratti collettivi nazionali non saranno tenuti a introdurre queste norme (è il nostro caso). I partiti italiani hanno votato a favore della misura in sede europea, ma cosa c’è a riguardo nei loro programmi? Sul Fatto di domani vedremo nel dettaglio come la pensano su questo punto destra, centrosinistra e centro. Oggi sempre nella città francese sede dell’Europarlamento Ursula von der Leyen ha tenuto il discorso sullo stato dell’Unione. Ha parlato dell’impegno per l’Ucraina, ma anche del piano europeo sull’energia. Tutto questo mentre il Consiglio rendeva la bozza degli interventi: la riforma del mercato elettrico arriverà a fine anno, la norma sugli extraprofitti riguarderà solo i produttori di energia rinnovabile e nucleare (a basso costo) e il tetto al prezzo del gas è accantonato (difatti è salito a 217,9 euro, + 9,7%) . Secondo von der Leyen dagli extraprofitti energetici si potranno ricavare 140 miliardi di euro. Sul giornale di domani vedremo come dovremo cambiare in autunno il nostro consumo elettrico, per l’effetto incrociato del piano Cingolani e di quello europeo.
INGERENZE RUSSE: LA NUOVA BUFALA USA SULLE ELEZIONI. A quanto pare c’è una nuova puntata della serie “ingerenze russe sul voto”. Stavolta il caso nasce da un rapporto dell’intelligence Usa, rilanciato con grande clamore dai principali giornali italiani, che rivelerebbe l’esistenza di finanziamenti da Mosca a partiti di almeno 20 Paesi stranieri, dal 2014 a oggi per un totale di 300 milioni di dollari. Nonostante le solite allusioni ai presunti putiniani, l’Italia non è nella lista. Lo ha dichiarato il presidente del Copasir Adolfo Urso (in viaggio negli Stati Uniti, peraltro) dopo aver sentito il sottosegretario ai servizi italiani Franco Gabrielli. Giorgia Meloni, tirata in ballo da un’intervista di Paul Volker su Repubblica, ha annunciato una querela contro il giornale. Smentisce anche Salvini. Gabrielli è stato comunque convocato al Copasir per venerdì. Sul Fatto di domani vedremo qual è il senso politico di questa operazione orchestrata dagli Usa.
A SAMARCANDA VA IN SCENA L’ALTRO ORDINE MONDIALE. ZELENSKY ALLA CRIMEA: “STIAMO ARRIVANDO”. “Ci stiamo muovendo in una sola direzione: avanti e verso la vittoria”. Il presidente ucraino Zelensky ha pronunciato queste parole da Izyum, città nella regione di Kharkiv liberata da qualche giorno dall’occupazione russa. Secondo Kiev sono stati riconquistati circa 8 mila km quadrati di territorio nella zona, su cui ora stanno consolidando le posizioni. La Russia controlla ancora circa un quinto del territorio ucraino, ma combattimenti sono in corso al confine con le città del Donbass e l’esercito di Mosca sta attaccando in tutte le aree della regione di Donetsk dove passa la linea del fronte. Nel frattempo sono scoppiate nuove tensioni tra Armenia e Azerbaijan, attorno all’enclave del Nagorno Karabakh. Un altro grattacapo per lo Zar. Il primo ministro armeno ha dichiarato che sono state uccisi dagli azeri 105 soldati finora. Putin si appresta a volare a Samarcanda, in Uzbekistan, per il vertice della riunione dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai, il 15 e 16 settembre. Lì incontrerà il presidente turco Erdogan, ma anche il presidente cinese Xi Jinping e i leader di India e Pakistan. Il summit uzbeko è stato definito “il vertice dell’altro mondo”, quello che resta fuori dall’asse Europa-Stati Uniti e che sempre di più sta convergendo verso nuovi equilibri. Sul Fatto di domani esploreremo come stanno cambiando i rapporti di forza geopolitici, anche con un’intervista al direttore di Limes Lucio Caracciolo.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Pd Lecce e Teresa Bellanova condannati a risarcire un lavoratore. Per i giudici, l’addetto stampa era pagato con partita iva ma lavorava di fatto come come dipendente per l’attuale esponente di Iv. Il risarcimento è da 50 mila euro.
Covid, i dati di oggi. 18.854 nuovi contagi e 69 morti. Continua a calare la pressione sugli ospedali.
Howard Jones si racconta. Abbiamo intervistato la superstar britannica, icona del synthpop.
Scopri le nostre newsletter. Clicca qui
Scrivici a: newsletter@ilfattoquotidiano.it