Il voto utile è sempre stato un ricatto agli elettori. Del resto per ogni partito è utile il voto dato a se stesso e inutile quello dato agli altri. Ma in questa campagna elettorale il voto utile l’ha invocato solo Letta: “Chi vota Conte o Calenda vota Meloni, datemi un 4% in più per fermarla”. Purtroppo per lui e per noi, non è vero: grazie alla sua folle politica delle (non) alleanze, il centrosinistra è sotto il centrodestra di 20 punti. Ma ora, con la svolta degli ultimi giorni al Sud, il voto utile gli sta tornando indietro come un boomerang: non solo i sondaggi top secret, ma anche il clima registrato dagli analisti e persino da Letta&C., danno il M5S in forte recupero nel Mezzogiorno, dove sono di nuovo primo partito. Lì il bisogno di protezione sociale tracima e Conte fa il pieno di consensi, grazie non solo alla difesa del Rdc, ma anche al salario minimo, a misure crea-lavoro come il Superbonus e alle demenziali parole d’ordine dei suoi avversari, che chiamano lui “avvocato del popolo” e i 5Stelle “partito di Conte” pensando di danneggiarli: invece è proprio l’idea di un “avvocato del popolo” che piace ai ceti più deboli e impauriti dalla crisi e dalla guerra; e il “partito di Conte” è più accattivante del marchio 5Stelle, usurato da divisioni, polemiche e governo Draghi. Se è vero, come scrive Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, che Conte al Sud veleggia verso il 30%, lì l’unico voto utile in chiave anti-Meloni è quello ai 5Stelle: toglierebbe al centrodestra una manciata di collegi uninominali e dunque la maggioranza assoluta al Senato.
Al Sud gli uninominali – dove vince chi ha un voto in più – per il Senato sono 31 e il centrosinistra non può vincerli perché in Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e forse Sicilia è lontano dal 30-35% necessario per conquistarli. Quindi se li contendono centrodestra e 5Stelle. Se davvero Letta crede ai suoi allarmi sul pericolo nero, dovrebbe imitare il suo Michele Emiliano, che sul Fatto ha osato invitare gli elettori a “votare o Pd o 5Stelle”. Di più non poteva dire, essendo un dirigente Pd, ma il messaggio era chiaro: solo rafforzando il M5S con voti utili, anzi furbi, al Sud si può sottrarre a Meloni&C. la metà dei 31 collegi senatoriali. Che si aggiungerebbero ai seggi uninominali previsti dal centrosinistra al Centro-Nord (una quindicina). Con 15 o più seggi uninominali al centrosinistra e 15-20 ai 5Stelle, il centrodestra arriverebbe primo (grazie alla sua compattezza, che gli regala la maggioranza nel proporzionale e nel maggioritario), ma potrebbe non avere i numeri per governare. O, se li avesse di misura, governerebbe, ma non potrebbe cambiare la Costituzione senza passare dal referendum. Riuscirà il Pd a fare la prima mossa furba della sua demenziale campagna elettorale?