È stato un incontro per confrontarsi sul programma. Ma anche, inevitabilmente, un incontro a cui al Partito democratico gli attivisti dei Fridays For future – che in questi giorni stanno incontrano tutte le forze politiche – hanno chiesto conto della discrepanza tra le dichiarazione di intenti e le scelte fatte al governo. Sul gas, sulle autorizzazioni alle rinnovabili, sull’agricoltura, sull’acqua. L’incontro è stato aperto da Enrico Letta, che si è dichiarato deluso di come alcune scelte simboliche sul clima fatte dal Pd – il bus elettrico per girare il paese – siano state oggetto di ironie. Letta ha poi annunciato che il tema della crisi climatica verrà messo al centro del comizio di chiusura della campagna elettorale previsto per oggi venerdì a Roma.
Rigassificatori: inutili su tutti i fronti
Dopo l’apertura, gli attivisti – presenti nella sede romana nei nomi di Emanuele Genovese, Martina Comparelli, Filippo Sotgiu, Sara Sessa, Giorgio Brizio – hanno posto subito la domanda sui rigassificatori di Piombino e Ravenna, rispetto a cui il Pd – per il quale erano presenti, oltre al segretario, Elly Schlein e Chiara Braga – ha espresso una posizione favorevole. E che invece per i Fridays for Future sono dannosi ai fini della decarbonizzazione sempre più urgente ma anche inutili, visto che la quantità di gas disponibile sarebbe superiore alle necessità e superiore a quella prima della guerra (si arriverebbe infatti a 43 miliardi di metri cubi). Inoltre, per gli attivisti non risolverebbero il problema del caro bollette perché occorre tempo per costruirli. A queste obiezioni Enrico Letta ha ricordato il voto del Pd rispetto alla tassonomia europea – contro nucleare e gas – e anche la difesa del Green Deal europeo. Tuttavia, “esiste una fase di transizione che va gestita e inoltre non si possono fare previsioni su questo conflitto”, ha detto poi il segretario, spiegando che esiste una questione di sicurezza nazionale sull’energia e che i paesi da cui importiamo sono paesi non europei e la cui sicurezza può essere improvvisamente messa in discussione.
Le resistenze delle sovraintendenze (e di Franceschini) alle rinnovabili
I Fridays For Future hanno sottolineato come l’unica soluzione alla crisi energetica siano le comunità energetiche e in particolare la portavoce Martina Comparelli ha domandato dove si andrebbero a prendere i soldi per fare 8000 comunità energetiche in 5-6 anni – 15-20 miliardi annui – e riposto nuovamente il problema della coerenza tra quanto detto in campagna elettorale e quanto fatto durante gli anni di governo. Il segretario Letta ha risposto nuovamente ricordando le norme green votate in ambito europeo, ma non nel merito delle scelte governative. Lo ha fatto invece Chiara Braga, sottolineando la difficoltà di governare con una maggioranza molto variegata, di qui la difficoltà di fare leggi come quella sul consumo di suolo o la questione dei decreti attuativi sulle comunità energetiche, decreti sui quali tuttavia il Pd si è impegnato apertamente durante l’incontro.
Si è parlato poi dell’energia rinnovabile che si potrebbe produrre: gli attivisti hanno fatto notare che la dichiarazione del Pd circa la possibilità di sviluppare 85 GW di rinnovabili si scontra con le responsabilità e le resistenze non solo delle sovraintendenze ma anche dello stesso ministero della Cultura, presieduto da Franceschini ormai da numerosi anni. Sempre gli attivisti hanno chiesto conto della motivazione del fondo ci compensazione anti nimby, inutile se invece, come si dovrebbe, si fa un lavoro di concertazione con le comunità locali. Su questo secondo punto ha risposto Chiara Braga, sostenendo che per le politiche di concertazione servono risorse, che servono anche per costruire il consenso. Sul primo, invece, ha sottolineato “sebbene ci sia urgenza di rivedere le procedure come le valutazioni paesaggistiche non siano da buttare nel cestino, bisogna piuttosto introdurre nuove competenze dentro le amministrazioni pubbliche, nel ministero dei Beni culturali e in quello della Transizione ecologica”.
Agricoltura e acqua: le ambiguità del Pd
L’ultimo punto di discussione è stato sollevato nuovamente da Martina Comparelli e ha riguardato la Pac: votata appunto in Europa dal Pd “eppure sbagliata, tanto da creare un problema di credibilità politica”. Gli attivisti hanno citato uno studio di Valigia Blu che ha mostrato come l’80% dei fondi vadano ai proprietari maggiori di terreni. Come risposta il Pd, sempre nelle parole di Braga, ha ricordato la legge sul bio “portata a casa contro mille resistenze” e ha sottolineato come far saltare la Pac avrebbe significato far venir meno il sostegno all’attività agricola. Inoltre, ha di nuovo invitato a considerato il contesto non facile. Gli attivisti hanno ricordato anche la questione dell’acqua come esempio di scostamento tra pratica e idee, ma il Pd ha risposto “di non aver tradito il mandato del referendum e di aver salvaguardato la gestione in house contro la privatizzazione a prescindere, senza però andare verso una ripubblicizzazione obbligatoria”.
Durante l’incontro, infine, Schlein ha anche parlato di creare un Ipcc nazionale, “perché non si capisce perché sulla pandemia siamo stati bravi a seguire la scienza e sul clima no” e ricordato il tema delle assemblee dei cittadini sul clima, “perché il coinvolgimento della popolazione, come accaduto per il parco eolico di Copenaghen, è fondamentale”. Ha invocato inoltre una carbon tax a livello europeo, sposando infine le due richieste dei Fridays di intervenire per riqualificare energeticamente le case popolari e per garantire un trasporto pubblico gratuito agli studenti (su base Isee): due modi per abbassare le bollette ai più deboli. Sempre Schlein, infine, ha dichiarato la volontà di non limitare i fondi, come fa il Pnrr, ai piccoli comuni ma di premiare i progetti virtuosi, come la sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore e pannelli fotovoltaici sul tetto.