Il Fatto di domani. Meloni, Salvini, Berlusconi: il vecchio che avanza (ma che possiamo ancora fermare). Alla canna del gas: perché non possiamo aspettare il nuovo governo

Di Il Fatto Quotidiano
24 Settembre 2022

A POCHE ORE DAL VOTO: I TIMORI DI GIORGIA, CHE SI SENTE GIÀ PREMIER. Domattina, alle 7, apriranno i seggi per il rinnovo del Parlamento. Se i sondaggi verranno confermati dalle urne, lunedì l’Italia si sveglierà con una nuova maggioranza. E, soprattutto, con una nuova aspirante presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, fiera di poter infrangere due tabù: la prima donna e la prima “post-fascista”. Eppure le ultime ore della leader di Fratelli d’Italia non sono così tranquille: come abbiamo scritto sul Fatto di oggi, se la coalizione andrà sotto il 40% non è detto che la maggioranza ci sia davvero. E se FdI non ottiene il 25% lei potrebbe non ricevere l’incarico da Mattarella. Negli incubi notturni di Meloni ci sono poi le sbandate dei suoi alleati, Berlusconi e Salvini (e in queste settimane ne abbiamo viste parecchie) e la grande scommessa di dover formare un governo con loro. Oggi, per dire, il capo della Lega ha violato il silenzio elettorale postando criticamente sul suo account Instagram la foto di una bandiera dell’Unione sovietica che sventolava ieri nella piazza del Pd (ma sulla polemica si è poi fiondato anche il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Francesco Lollobrigida). Sul Fatto di domani vedremo però anche che Meloni ha, per i prossimi giorni, un’agenda già piena di incontri “istituzionali”.


COME SI VOTA: CAMBIARE TUTTO PER NON CAMBIARE NIENTE. I seggi, dicevamo, apriranno alle 7 per chiudere alle 23. Si vota con il Rosatellum, un ibrido tra sistema maggioritario (che avvantaggia liste e coalizioni più forti) e sistema proporzionale (che tende a rispecchiare in Parlamento i risultati delle forze in campo). Neanche questa volta, i cittadini avranno la possibilità di esprimere la propria preferenza. E la composizione delle schede elettorali (due: una per il Senato, una per la Camera) rischia di confondere. L’avvio della diciannovesima legislatura è fissato per il 13 ottobre con la prima riunione di Camera e Senato. Sul giornale di domani troverete una guida al voto e un breviario dei programmi dei vari partiti. Con la chiusura della campagna elettorale, stileremo anche uno stupidario di tutti gli slogan, gli scivoloni e le gaffe cui abbiamo assistito negli ultimi mesi e vedremo come quel “nuovo” che adesso fa tanta paura non è che la riedizione di qualcosa che abbiamo già visto. Del resto, basta riprendere le immagini dei quattro governi Berlusconi per rendersi conto che le facce non sono cambiate. Al massimo, sono invecchiate.


GAS E NUOVO GOVERNO, UN’ATTESA CHE IL PAESE NON PUÒ PERMETTERSI. Se è vero che passerà ancora un mese prima che si formi il nuovo esecutivo, è altrettanto vero che la guerra in Ucraina e la crisi energetica non danno alle aziende un lungo orizzonte di sopravvivenza. A lanciare nuovamente l’allarme è stato oggi, dalle colonne del Sole24Ore, il presidente dell’Autorità di regolazione per Energia, Reti e Ambiente (Arera) Stefano Besseghini, secondo il quale se non si interviene immediatamente – e dovrebbe farlo Mario Draghi, ancora ufficialmente in carica – saranno messe a repentaglio anche le società che erogano gas e luce. Servirebbero subito aiuti e liquidità. A rischiare è addirittura l’Ilva di Taranto. “I problemi oggettivamente ci sono sia in termini di quantità che di prezzo”, ha ammesso oggi il presidente di Acciaierie d’Italia, Franco Bernabè. E invece il governo fischietta e l’Eni rassicura: “Il gas in autunno ci sarà, gli stoccaggi stanno crescendo”, ha detto l’ad Claudio Descalzi, che però non ha perso occasione per chiedere nuovamente la realizzazione dei rigassificatori. Sul Fatto di domani vedremo come ogni giorno che passa senza misure urgenti è un giorno perso (per le aziende).


IN FUGA DA MOSCA, TRA MACELLAI E PENE PER I DISERTORI. Pochi giorni dopo aver proclamato la mobilitazione parziale, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un pacchetto di emendamenti al codice penale che inasprisce le pene per la diserzione o la mancata comparizione alla leva. Inoltre, coloro che si arrendono volontariamente al nemico dovranno affrontare fino a dieci anni di carcere. Quindici anni di detenzione sono previsti per la diserzione durante la mobilitazione o la legge marziale. E questo mentre la Bbc riporta di una fila di almeno 10 km al confine tra Russia e Georgia. Secondo le ong, per le manifestazioni degli ultimi giorni ci sarebbero oltre 700 arresti. Non sono le uniche brutte notizie che giungono da Mosca: il generale Dmitry Bulgakov, responsabile della logistica, è stato sollevato dalle sue funzioni di viceministro della Difesa e sostituito dal generale Mikhail Mizintsev, il “macellaio di Mariupol”. Segnali di forza o di debolezza del Cremlino? Sicuramente un altro colpo (diplomatico) è arrivato a Putin da parte dell’“amico” Erdogan, che ha preso le distanze dai referendum per l’annessione delle zone occupate. Sul giornale di domani vi aggiorneremo sulle ultime dal campo e capiremo perché, sull’altro fronte, il presidente ucraino Zelensky se l’è presa con Israele. Per martedì prossimo, intanto, è stata convocata una nuova riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.


LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE

“Siamo tossicodipendenti da crescita”. Intervista all’economista Serge Latouche, ospite di Terra Madre a Torino e autore de “L’abbondanza frugale come arte di vivere”, secondo cui “i razionamenti e la riduzione dei consumi sono un truffa”.

Papa Francesco: “La terra brucia, il tempo è scaduto”. Bergoglio ha incontrato ad Assisi giovani economisti, imprenditori e attivisti arrivati da tutto il mondo. “L’inquinamento che uccide – ha detto – non è solo quello dell’anidride carbonica, anche la diseguaglianza inquina mortalmente il nostro Pianeta”.

Il ritorno (in radio) di Jocelyn. La tradizionale intervista della domenica al conduttore televisivo, autore e regista.


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