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ELEZIONI: RISULTATI E FLUSSI. LA NOTTE DEI RISULTATI VISTA DA MARIO NATANGELO. Le politiche con l’affluenza più bassa della storia repubblicana (64% scarso) hanno dato un esito chiaro. Il centrodestra ha vinto e avrà la maggioranza assoluta in Parlamento, sia alla Camera che al Senato, avendo ottenuto quasi il 44% dei voti. L’alleanza a guida Pd si ferma al 26%, il M5S è terza forza con il 15,5% e Azione-Italia Viva non sfondano la doppia cifra e si fermano sotto il 7,8%. Nel dettaglio, Fratelli d’Italia veleggia al 26%, primo partito del Paese, mentre la Lega crolla all’8%, lo stesso risultato della Forza Italia di Silvio Berlusconi (che ancora una volta sopravvive a se stesso). A sinistra, il Pd non supera il 19% incassando uno dei suoi peggiori risultati storici, i suoi alleati di Sinistra Italiana-Verdi superano di poco la soglia di sbarramento con il 3,6% mentre +Europa di Emma Bonino resta sotto per un decimale (ma chiede il riconteggio). Quasi inesistente, sotto l’1%, la creatura di Di Maio e Tabacci. Qui il dettaglio dei risultati, qui una sintesi partito per partito. Queste le percentuali, ma la composizione dei seggi in base alla legge elettorale restituirà una vittoria ancora più schiacciante del centrodestra (perché 1/3 dei seggi sono assegnati con il maggioritario). Qui emergono sommersi e salvati. A restare fuori dal Parlamento c’è Luigi Di Maio (il suo socio Tabacci ce la fa), battuto nel collegio della Camera di Napoli Fuorigrotta dal 5S Sergio Costa. Carlo Cottarelli, del Pd, è sconfitto da Daniela Santanché a Cremona. L’inossidabile Pierferdinando Casini ha la meglio su Sgarbi a Bologna, Bonino e Calenda a Roma si fanno superare dalla candidata di centrodestra Mennuni perché correvano separati. Eletta invece Ilaria Cucchi a Firenze, uno dei pochi uninominali vinti dal Pd. Andranno in Parlamento anche Claudio Lotito, Silvio Berlusconi, Marta Fascina, Giulio Tremonti e Carlo Nordio. Oltre a illustrare i risultati definitivi degli scrutini, sul Fatto di domani capiremo dove sono andati i voti persi e guadagnati con un’analisi dei flussi elettorali. Leggerete anche il racconto a fumetti di Mario Natangelo dell’interminabile nottata elettorale.
MELONI NERA O GRIGIA? IL GOVERNO CHE SARÀ. Giorgia Meloni governerà, quasi certamente da Presidente del Consiglio. Le cancellerie d’Europa hanno acceso un faro sulla novità italiana (e anche i mercati: la Borsa è positiva, ma lo spread è schizzato a 242 punti base). La premier francese Élisabeth Borne ha fatto sapere che “saremo attenti, insieme alla Ue, a garantire che i diritti umani, in particolare il diritto all’aborto, siano garantiti”. Poi l’appello dell’Ocse perché l’Italia resti “solidale con l’Unione Europea”. La domanda che tutti si fanno è in che direzione andrà il governo Meloni: se manterrà i panni da “responsabile” oppure tornerà alla linea di Orbán (che si è subito complimentato per la vittoria) e dell’ultradestra europea. Per dire, il suo vice Lollobrigida ha già annunciato che il Reddito di cittadinanza sarà cancellato (Meloni aveva ritrattato nelle ultime settimane). La casella più importante sarà quella del ministero dell’Economia: si vocifera di quel Fabio Panetta della Bce che rappresenterebbe la continuazione con l’esecutivo Draghi. Sul Fatto di domani vedremo qualche anticipazione sulla composizione del governo. Sui rischi del governo Meloni sull’impianto della giustizia parleremo con l’ex ministro Alfonso Bonafede.
DA SALVINI A CALENDA A LETTA: L’AGENDA DRAGHI HA UCCISO I PARTITI. Per una leader in trionfo ce n’è uno sull’orlo del baratro. È Matteo Salvini, che si trova a fare i conti con un risultato pesantemente sotto le aspettative. Forte il travaso di voti del Nord Italia verso Fratelli d’Italia. Il Capitano ha ammesso che ha pesato nel crollo della Lega l’appoggio dato al governo Draghi. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, affonda il coltello nella piaga usando un noto filosofo: “Come diceva Rousseau, il popolo ti delega a rappresentarlo, quando non lo rappresenti più ti toglie la delega. È innegabile come il risultato ottenuto dalla Lega sia assolutamente deludente, e non ci possiamo omologare a questo trovando semplici giustificazioni”. Salvini ha escluso le dimissioni ma ha aperto il percorso per un congresso. All’indomani del voto è l’unico leader a riconoscere quello che i numeri sembrano certificare impietosamente: l’agenda Draghi, o il richiamo all’esperienza del governo d’ammucchiata dell’ultimo scorcio della XVIII legislatura ha portato molto male ai partiti. La lista è lunga, da Di Maio a Calenda, fino a Enrico Letta. Gli unici a essere andati sopra le aspettative sono quelli che hanno rotto con la logica della maggioranza allargata: Fratelli d’Italia e gli ultimi 5 Stelle di Conte. Sul Fatto di domani vedremo come cambieranno gli equilibri interni alle formazioni uscite perdenti.
DE PROFUNDIS PD: LETTA AL CAPOLINEA DÀ LA COLPA A CONTE. PARTE LA GUERRA DI SUCCESSIONE. L’altro grande sconfitto delle elezioni è il Pd di Enrico Letta. Il partito ha perso 700 mila voti rispetto al 2018 e si è schiantato sui collegi uninominali, incapace ovunque di competere con il centrodestra coalizzato secondo le regole del Rosatellum. Il segretario dem ha aspettato fino a metà mattina per commentare i risultati e per prima cosa ha dato la colpa a Giuseppe Conte: “Se siamo arrivati al governo Meloni è per via del fatto che Conte ha fatto cadere il governo Draghi”. Poi ne ha avuto anche per Calenda, colpevole di essersi sfilato dal progetto di campo largo. Alla fine, però, Letta ha dovuto ammettere l’errore strategico. Tanto che ha annunciato un congresso a breve e che non si ricandiderà da segretario. Un modo soft per dire che è al capolinea. In corsa per il posto ci sarebbero il presidente dell’Emilia Stefano Bonaccini, l’ex ministro del lavoro Andrea Orlando, Elly Schlein e Andrea Decaro. Il sindaco di Bari oggi ha dichiarato che il Pd va rifondato: “Basta con i capi corrente che fanno e disfano le liste a propria immagine e somiglianza. Basta con questo esercizio del potere per il potere”. Altri big criticano la scelta di Letta di chiudere la porta a Conte. Il primo è Michele Emiliano a ribadire che con i giallorosa vivi si sarebbe giocata “un’altra partita”. Anche per il presidente della Toscana Eugenio Giani “occorrerà molto riflettere sugli errori compiuti”. La corrente centrista Base riformista fa sapere che è arrivato “il momento per discutere della nostra identità”. E pure gli alleati Fratoianni e Bonelli (Si-Verdi) chiedono di ripartire dal rapporto con i 5S. Sul Fatto di domani analizzeremo gli errori di Letta e l’identità persa del Pd con un’intervista al dirigente dem Goffredo Bettini. Nel pomeriggio Giuseppe Conte ha tenuto una conferenza stampa dove ha risposto alle accuse di Letta e ha rivendicato il successo M5S per la rimonta rispetto ai sondaggi. E sul dialogo con il Pd ha rinviato la questione a dopo l’elezione del prossimo segretario dem.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Regionali in Sicilia: vince Schifani. La coalizione di centrodestra porta a casa un altro successo anche alle Regionali siciliane, dove Renato Schifani è proiettato verso la vittoria oltre il 42%.
Snowden cittadino russo? Il presidente russo Vladimir Putin ha concesso la cittadinanza all’ex funzionario dell’Agenzia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, che vive in Russia dal 2013. Gli Usa lo accusano di aver fatto trapelare documenti riservati sui programmi di sorveglianza del governo americano.
Il pugno duro dell’Islam. Dopo la morte della 22enne Mahsa Amini, oggi nuova ondata di arresti in Iran: 450 persone sono state catturate dalla polizia. Sul Fatto di domani un aggiornamento della situazione.
L’odissea di Giannis. La storia di riscatto di una stella del basket Nba, di origini nigeriane.
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