Nell’accordo di programma per un governo di centrodestra firmato da Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia la parola “evasione” non compare nemmeno una volta. La coalizione uscita vincitrice dalle urne è notoriamente allergica a obbligo del Pos, incrocio delle banche dati e altre ricette che puntano a recuperare gettito sottratto alle casse dell’Erario. Gli effetti si stanno già facendo sentire, nonostante il passaggio di consegne con il governo Draghi sia alle prime battute. Non sembra un caso se, a sei giorni dal consiglio dei ministri che ha varato la Nota di aggiornamento al Def (Nadef), è ancora fantasma la Relazione 2022 sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Il documento preparato da una commissione di quindici esperti è stato consegnato al Tesoro in tempo utile, ma sul sito del ministero non ce n’è traccia.
Possibile che qualcuno giudichi quell’analisi politicamente troppo sensibile, ora che Giorgia Meloni è impegnata a comporre la squadra dei ministri in costante contatto con l’Esecutivo uscente? Il dubbio è lecito. Perché lì dentro non ci sono solo i numeri sui risultati della lotta all’evasione aggiornati al 2020, dopo che la stima sulle entrate mancanti per l’anno precedente era scesa per la prima volta sotto i 100 miliardi. Ci sono anche le prime valutazioni su una misura cara a tutto il centrodestra: la flat tax al 15% per le partite Iva con redditi fino a 65mila euro introdotta dal governo gialloverde su richiesta della Lega. La relazione 2021 conteneva solo stime preliminari: ne emergeva “un incremento della propensione al gap dovuta al fatto che alla riduzione degli importi dichiarati, determinata dall’estensione del regime forfettario, non risulta associata un’altrettanto marcata riduzione del gap d’imposta”, ma con un punto di domanda legato alla possibilità che aver presentato le dichiarazioni nel pieno del Covid avesse “influenzato il comportamento dei contribuenti”. La conferma di quell’effetto negativo potrebbe provocare non poco imbarazzo alla futura inquilina di Palazzo Chigi, che nella prossima legge di Bilancio intende alzare a 100mila euro il tetto di fatturato sotto il quale si può aderire alla “tassa piatta”.
L’altro tasto dolente riguarda i suggerimenti per il futuro. Ogni relazione sull’evasione, stando alla legge del 2009 che ha creato la commissione ad hoc, deve anche indicare “le linee di intervento e prevenzione” del fenomeno, “nonché quelle volte a stimolare l’adempimento spontaneo”. Considerato che nel Pnrr l’Italia ha promesso di ridurre entro il 2024 la differenza tra entrate attese e gettito effettivo del 15% rispetto al 2019, l’ultima versione del documento auspicava l’estensione di fatturazione elettronica e split payment (l’obbligo per pa e grandi aziende quotate di versare direttamente all’erario l’Iva sulle fatture emesse dai fornitori) e un massiccio uso dei dati per le attività di analisi del rischio. Durante l’estate c’è stato un passo avanti: dopo il sostanziale via libera del Garante Privacy il ministro Daniele Franco ha firmato il decreto che consente l’utilizzo a quei fini delle informazioni contenute nell’Archivio dei rapporti finanziari. Fumo negli occhi per Meloni, secondo cui i controlli incrociati sono un “Grande fratello fiscale” da scongiurare, la fattura elettronica che insieme allo split payment ha consentito di recuperare miliardi di gettito è una iattura “di stampo orwelliano” ai danni del mondo produttivo, le multe per chi non accetta i pagamenti con il Pos rappresentano una “batosta ai danni di commercianti e autonomi”. Mentre va data priorità a una nuova pace fiscale, nonostante i precedenti dimostrino che queste operazioni sono sempre un flop per le casse dello Stato. Anche su questo la leader di FdI si conferma comunque assai draghiana: il primo atto del governo dimissionario, nel marzo 2021, fu il condono sulle cartelle fino a 5mila euro datate 2000-2010.
aggiornato da redazioneweb alle 11:20 del 4 ottobre