Era la fresca sera del 4 maggio 2022, alle 20. Tutto nasce da un messaggio su una chat WhatsApp: “Avete sentito le parole della Franchi? Dobbiamo reagire, fare qualcosa!”.
Elisabetta Franchi è una stella del mondo della moda. Nasce in una famiglia poverissima poi fa la commessa in una bancarella di intimo fino a realizzare il suo sogno dominando le passerelle più ambite con abiti indossati anche da Angelina Jolie e Jennifer Lopez. Durante un incontro pubblico parlando del suo modello di business rispetto al tema dell’occupazione femminile dice: “Faccio una premessa. Io le donne le ho messe ma sono -anta, ancora ragazze ma ragazze cresciute. Se dovevano sposarsi si sono già sposate, se dovevano far figli li hanno fatti, se dovevano separarsi hanno fatto anche quello. Diciamo che io le prendo dopo i quattro giri di boa. Sono tranquille e lavorano H24”. Eccole le donne che hanno già fatto i quattro giri di boa.
GUARDA – #SenzaGiriDiBoa, il lavoro non è quello di Elisabetta Franchi
Over 40 (quindi affidabili e formate ma ancora giovani per lo standard italiano), matrimonio fatto, figli già cresciuti (quindi secondo lei già fuori dalle balle), divorzio (eh sì perché se fai la manager non hai tempo per investire sulla tua relazione quindi per forza finisce male). A questo punto sola come un cane senza più nessuno di cui occuparti non ti resta che lavorare h24 (perché no, se sei una donna in carriera – con o senza figli – non c’è spazio per il tempo libero, per leggere un libro, passeggiare o godersi la vita. Puoi solo sgobbare).
Queste parole ci hanno fatto arrabbiare. All’inizio in chat eravamo in cinque. Alle 21.30 nel gruppo WhatsApp superavamo le trenta. Alle 22 di quella sera di maggio ognuna di noi ha lanciato sui propri social network l’hashtag #senzagiridiboa accompagnato da una fotografia di sé stessa (con o senza pancione, con o senza figli, sul lavoro, in vacanza) e un pensiero, una riflessione personale sulle parole pronunciate dal- l’imprenditrice della moda.
Alla campagna si sono unite molte altre lavoratrici. Non solo giornaliste ma anche scrittrici, artiste, sceneggiatrici, blogger, sportive, attrici.
Elisabetta Franchi ha poi precisato le sue parole così: “L’80% della mia azienda sono quote rosa di cui il 75% giovani donne impiegate, il 5% dirigenti e manager donne (…) Lo Stato italiano è ancora abbastanza assente, mancando le strutture e gli aiuti, le donne si trovano a dover affrontare una scelta tra famiglia e carriera”. Quindi, conclude la stilista emiliana, “chi riesce a conciliare famiglia e carriera è comunque sottoposta a enormi sacrifici, esattamente quello che ho dovuto fare io”. Effettivamente l’imprenditrice è madre di due figli, il primo avuto poco prima delle boe, mentre la seconda dopo i suoi giri di boa. Non ha senso prendersela con chi ha solo avuto la sincerità, impudente, di dire in un consesso pubblico quel che ogni giorno si dice e si fa dentro le segrete stanze delle aziende dove si decidono le carriere delle donne. Alla fine dobbiamo essere grate a Elisabetta Franchi. Da lì abbiamo deciso di uscire dal perimetro della campagna social e di fare ciò che ci viene meglio e cioè quello che facciamo per lavoro: esercitare il nostro diritto di cronaca e di critica. Raccontare, dopo aver raccontato le nostre storie, le storie degli altri. Così abbiamo chiesto a chi ci ha seguito sui social di mandarci le proprie storie. Non ci credevamo, dobbiamo dire, ma in un mese, grazie a chi c’ha dato fiducia, abbiamo raccolto oltre cento testimonianze di lavoro/vita/diritti. Questo libro è il loro libro. È il frutto di questa raccolta di storie. Ma è anche il nostro libro. È un racconto corale. Uno sforzo collettivo che avevamo disimparato a compiere in questo mondo, il nostro mondo, in cui l’individualismo sfrenato ha spesso il sopravvento: noi ci siamo unite. Questo libro è quindi per noi molto più che un libro. È un metodo, un approccio solidale alla vita.
Ma attenzione: il nostro non è un movimento politico. Né tantomeno un coro composto solo da madri. È al contrario un grido trasversale che comprende donne con storie diverse e che non si ferma solo al difficile bilanciamento tra lavoro e figli. Questo libro parla anche alle -anta single e senza figli che si dà per scontato, non avendo prole, non abbiano una vita degna di essere vissuta al di fuori del loro impiego. In più non si considera che oggi il problema è semmai quello opposto: per fare figli si aspettano proprio gli –anta di cui parla la Franchi. Perché negli –enta si fa la gavetta. E poi ci sono gli uomini, che a stare con i figli ci tengono sul serio e magari si sentono discriminati per non poterlo fare perché alla fine se manca lo stipendio più consistente, quello maschile nella maggior parte dei casi, chi porta avanti la famiglia? Uomini che vorrebbero anche loro avere diritto ad un mondo del lavoro che non faccia solo della disponibilità il metro della propria prestazione e del proprio valore.
Questo libro vuole spiegare a tutte (e tutti) che non siamo davanti a un problema individuale con una soluzione individuale. Questo problema è il problema sociale più importante che abbiamo davanti nel mondo del lavoro e deve avere una risposta sociale. Fino a quando la perdita del lavoro di una donna in attesa sarà solo il problema di quella donna e non un’offesa a tutte le donne lavoratrici e un danno a tutta la società, non se ne uscirà.