La stampa italiana ha deciso di ignorare il procedimento penale di prevenzione in corso su Marcello Dell’Utri.
Il Fatto ha scritto ieri che il 20 ottobre prossimo a Palermo (alle 9 e 30 per l’esattezza) al Tribunale c’è la prima udienza di un processo che ha per oggetto la richiesta dei pm di applicare la sorveglianza speciale a Dell’Utri perché ritenuto dall’accusa (e non ancora da nessun giudice) pericoloso socialmente per i suoi legami con la mafia. I pm volevano addirittura sequestrare all’ex senatore di Forza Italia i beni suoi e dei familiari. Il Tribunale però ha rigettato la richiesta con un provvedimento, relatore Luigi Petrucci, del quale abbiamo dato ampio conto ieri. Le agenzie di stampa e i siti dei quotidiani (dopo un lancio striminzito della sola notizia del diniego del sequestro) hanno preferito ignorare la vicenda giudiziaria.
Eppure non si tratta di un’inchiesta improvvisata o di un fatto marginale. Uno dei temi centrali sviscerati nelle informative della Guardia di Finanza e della Dia sono le decine di milioni di euro donati e-o prestati da Berlusconi al suo amico nei decenni.
I pm di Palermo hanno cercato (finora senza fortuna) di convincere il Tribunale che quel fiume di denaro celi un ricatto di Dell’Utri a Berlusconi per i segreti inconfessabili appresi grazie al suo ruolo di mediatore nei rapporti con la mafia agli inizi della Fininvest e poi anche per i retroscena noti a Dell’Utri sulla fase politica dopo la nascita di Forza Italia nel 1994. Il pm Claudio Camilleri ha lavorato per anni a questa indagine. Inizialmente insieme al collega Gery Ferrara, poi passato alla Procura europea, sotto il coordinamento dell’ex capo Francesco Lo Voi, ora procuratore di Roma. La prima richiesta di sequestro del patrimonio di Dell’Utri è stata firmata anche dall’attuale procuratore di Roma. Poi, dopo il primo decreto interlocutorio nel quale il Tribunale chiedeva il 18 marzo 2021 nuovi elementi a supporto della richiesta, a coordinare l’inchiesta è subentrata la reggente Marzia Sabella.
Per anni sono state studiate le carte dei vecchi processi e sono state preparate molte informative sui soldi di Dell’Utri e sui suoi rapporti spericolati. Non solo. Sono stati sentiti (sugli antichi rapporti economici della mafia con Dell’Utri e per suo tramite con il gruppo Berlusconi) molti collaboratori di giustizia in gran segreto: Antonino Galliano, Francesco Paolo Anselmo, Francesco Onorato, Gaetano Grado, e poi anche alcuni morti successivamente come Franco Di Carlo e Angelo Siino.
Le affermazioni dei collaboratori non sono state ritenute riscontrate dai giudici del collegio guidato da Raffaele Malizia che nel loro provvedimento di rigetto ricordano i paletti posti dalle sentenze: “nel processo per concorso esterno, però, non è stato mai affermato che Dell’Utri avesse in qualche modo agevolato il riciclaggio di capitali illeciti nelle attività del Berluisconi”.
La Procura ha messo nel mirino dei Consulenti Tecnici, della Dia, della Guardia di Finanza e della Polizia il fiume di denaro elargito nei decenni a Dell’Utri e famiglia personalmente da Berlusconi. I pm individuano “la sua vera causa nel prezzo pagato da Berlusconi per la mediazione che Dell’Utri aveva operato per suo conto con Cosa Nostra a partire dagli anni ’70 ed almeno fino alla costituzione del movimento politico denominato Forza Italia”.
Il Tribunale ha rigettato il sequestro offrendo una spiegazione alternativa dei pagamenti per decine di milioni di euro: “rapporti di amicizia e di lavoro che uniscono i due da decenni”. La presunzione di non colpevolezza sulle misure di prevenzione deve valere ovviamente anche per i condannati che hanno espiato la pena come Dell’Utri. Anzi il garantismo deve valere doppio laddove si possono irrogare misure come la sorveglianza speciale che comunque limitano la libertà personale dimostrando solo la mera pericolosità sociale senza una prova certa di colpevolezza ma solo con un grave quadro indiziario. La tesi dell’accusa del ricatto di Dell’Utri a Berlusconi come causale dei pagamenti oggettivamente enormi di Berlusconi alla sua famiglia come detto è stata sconfessata dal Tribunale. Il ricatto non è stato dimostrato dai pm perché non è dimostrata l’esistenza di un rapporto inconfessabile con la mafia né nella fase “politica” (“perché – scrivono i giudici – le politiche in materia giudiziaria di Forza Italia erano comunque e pubblicamente nel senso auspicato da Cosa Nostra”) né nella fase ‘imprenditoriale’. Il Tribunale ha risposto picche alla Procura perché “non risultando dal punto di vista giudiziario che vi sia stato un apporto di capitali illeciti da parte di Cosa Nostra verso Fininvest non si può affermare che Dell’Utri abbia potuto per questa ragione ricattare Berlusconi”.
L’inchiesta potrebbe chiudersi dopo il contraddittorio che si apre giovedì in aula con il rigetto anche della richiesta di misura personale dopo quella patrimoniale. Il ricorso in appello della Procura contro il diniego del sequestro potrebbe essere rigettato. Così l’indagine sui soldi di Dell’Utri, durata molti anni, potrebbe finire in un nulla di fatto. Ciò non toglie che, visto il ruolo passato e presente dei protagonisti sarebbe giusto che i cittadini ne siano informati.