“Per la libertà di Julian, è cruciale che continui a crescere la pressione dell’opinione pubblica in modo che alle autorità occidentali arrivi il messaggio che la sua incarcerazione va oltre quello che può essere tollerato e deve finire subito. Questa persecuzione di un giornalista squalifica le democrazie liberali occidentali e danneggia la libertà di stampa ovunque”. A parlare così con il Fatto Quotidiano è Stella Moris, la moglie del fondatore di WikiLeaks, in occasione della “24 Ore per Julian Assange”, una maratona globale per chiederne la liberazione, che prende il via questa mattina. Musica, balli, assemblee di piazza, poesie, interviste, proiezioni di film e dibattiti. Sono attesi interventi di Stella, Noam Chomsky, Fidel Narvaez, l’ex console dell’Ecuador a Londra che ha passato sei anni nell’ambasciata con Julian Assange, John Rees, coordinatore della campagna per la sua liberazione. E poi il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, il presidente della Federazione Nazionale della Stampa italiana, Giuseppe Giulietti, l’artista Davide Dormino, gli attivisti di Free Assange Italia, e il medico e attivista Vittorio Agnoletto.
Il nostro giornale ha aderito con un intervento di chi scrive, che ha lavorato a tutti i documenti segreti di WikiLeaks in partnership con Assange e la sua organizzazione per gli ultimi 13 anni e si batte da sette nelle corti e nei tribunali inglesi, americani, australiani e svedesi per accedere a tutta la documentazione del caso. Tra gli organizzatori dell’iniziativa c’è l’agenzia di stampa internazionale Pressenza, la rivista Left, che, con il suo direttore Simona Maggiorelli, parteciperà alla maratona con molti interventi, tra cui: Free Assange Italia, Vauro, Moni Ovadia, Alessandro Bergonzoni, Giulietti, Vincenzo Vita, Amnesty. “Stiamo facendo breccia”, dice al Fatto Patrick Boylan di Free Assange Italia, “continuiamo così!”.
Mentre la mobilitazione per il fondatore di WikiLeaks si fa sempre più intensa, lui rimane nella prigione più dura del Regno Unito, quella di Belmarsh, dove ha contratto il Covid. Si trova lì dall’11 aprile 2019, in compagnia di pericolosi criminali. Non deve scontare alcuna pena. È in attesa che la High Court di Londra decida sul suo appello contro l’estradizione negli Usa, già ordinata dalle autorità britanniche. Rischia 175 anni di galera per aver rivelato crimini di guerra e torture.
Il video: un rap per la liberazione di Julian Assange