Ogni giorno sulle nostre tavole tagliamo a fette l’Amazzonia, consumiamo enormi porzioni di biosfera, mangiamo in un sol boccone diritti di persone e comunità, lasciandoci dietro una scia sempre più ingombrante di rifiuti e di emissioni.
È ora di cambiare. La transizione ecologica siamo noi, sta a noi assumere stili di vita equi e sostenibili, diffondere coscienza e costruire cultura, alimentare dal basso un grande movimento per arrestare la distruzione del nostro pianeta e di tante specie viventi, incluso la nostra.
E cambiare si può, partendo dal cibo: da sempre fondamento della vita, linguaggio universale, centro di relazioni, crogiuolo di diversità bio-culturale. Oggi affare in mano a pochi potenti, cuore di un sistema che minaccia il nostro futuro distruggendo foreste, sconvolgendo il clima, avvelenando le nostre acque e i nostri suoli. Qui il link per la campagna per l’Amazzonia.
Amazzonia addio.
Il 90% delle terre deforestate nelle aree tropicali diventano pascoli e piantagioni di soia, per garantire carne ai consumatori cinesi, europei, nordamericani e super-profitti a tutti gli attori di questa economia predatoria. Parliamo di una foresta di sette milioni di kmq, che ospita 350 popoli indigeni e una varietà infinta di specie, e che negli ultimi 20 anni ha assorbito 1.7 bilioni di metri cubi di emissioni di CO2.
Gas dai nostri piatti.
Il sistema agro-alimentare nel suo insieme genera il 34% delle emissioni di CO2 (Fao 2021). Con 100 grammi di carne bovina immettiamo nell’atmosfera 1.6 kg di CO2. 1 chilo di pomodori ne vale 0,07 ma anche la verdura fuori stagione genera i suoi gas: per avere nel nostro piatto la stessa quantità di pomodori si paga in inverno un prezzo 70 volte più alto di CO2: 3,5 kg Mentre un albero in foresta assorbe tra i 20 e i 50 Kg/anno di CO25.
Veleni per tutti.
L’uso globale di pesticidi agricoli è aumentato del 75% tra il 1990 e il 2016 (Fao), ed è insieme ai fertilizzanti chimici, ai reflui dell’agricoltura e degli allevamenti intensivi, la prima causa di avvelenamento di suoli e acque. Ogni anno riversiamo nei mari 11 milioni di plastica, rifiuti anche degli imballaggi e packaging dei supermercati, che entrano come micro particelle nella catena alimentare di tutte le creature acquatiche, mentre creano grandi isole di immondizia sulla superficie degli oceani (Unep).
Cambiando i consumi possiamo fermare questa catastrofe.
Io ho scelto, aderisco al manifesto, mi informo, leggo le etichette e mi impegno a consumare:
Meno carne.
Non più di 350 grammi di carne a settimana, compresi salumi e insaccati, per centrare la soglia di sostenibilità di 20kg annui a persona stabilita per l’Unione Europea, con una riduzione del 20% rispetto al consumo attuale di 80 Kg annui.
Più alimenti biologici.
Gli alimenti biologici, carne pesce e vegetali, e quelli provenienti da produzioni agro-ecologiche, fanno bene alla salute, sono ricchi di sostanze nutritive, privi di pesticidi e metalli pesanti. Contribuiscono alla conservazione della biodiversità e della fertilità del suolo, la protezione delle falde acquifere, la riduzione delle emissioni di gas serra e il risparmio energetico.
Solo frutta e verdura di stagione.
Frutta e verdura di stagione fanno bene alla salute nostra e a quella della biosfera. Quella prodotta, in serra o importata usa una quantità più alta di input chimici, consumano molta energia, e contribuisce all’emissione di CO2. Se ne può fare a meno, e anche il gusto ci guadagna.
Solo alimenti provenienti dai territori.
Per garantire un’alimentazione sana per tutte le persone, rispettando l’ambiente, dobbiamo restituire il potere sul cibo ai territori che lo producono. Acquistando sia da quelli vicini, che ci offrono l’opportunità di un contatto diretto, sia da quelli più lontani, che attraverso filiere garantite e controllate, fanno arrivare sulla nostra tavola sapori e storie di altri luoghi.
Meno alimenti trasformati.
I cibi lavorati e confezionati, come merendine e cibi pre-pronti, usano molta acqua ed energia in fase di trasformazione, e sono molto poveri di fibre, vitamine, antiossidanti, mentre sono ricchi di sale, grassi zuccheri e additivi artificiali (coloranti, dolcificanti e aromi). Meglio non mangiarli.
Meno alimenti imballati.
I materiali di imballaggio per alimenti costituiscono il 63% dei rifiuti solidi urbani. Acquistare prodotti distribuiti in contenitori riciclabili o sfusi contribuisce alla riduzione delle emissioni. Evitare assolutamente la plastica!
Solo acqua del rubinetto o dei distributori comunali.
Consumare acqua del rubinetto e portare sempre con se borracce in alluminio consente di contribuire a garantire un risparmio stimato tra 50/60 e i 100 euro all’anno e a ridurre il numero di bottiglie di plastica prodotte e destinate alle discariche o disperse in mare, il consumo di energia e le emissioni.
Meno cacao, tè, caffè, frutta tropicale, spezie: e tutto di qualità certificata!
Si può, acquistando solo prodotti provenienti dal circuito del commercio equo e solidale biologici, ottenuti nel rispetto di standard ambientali e sociali, promuovendo le coltivazioni sostenibili e contribuendo a migliorare la vita di chi ci lavora. Con parsimonia perché la quantità di CO2 legata al trasporto di questi prodotti è altissima.
Niente sprechi alimentari.
Acquistare il cibo nelle giuste quantità evitando il superfluo, riduce lo spreco, così come creare ricette utilizzando il 100% degli alimenti (bucce, gambi e foglie sono ricche di vitamine e fibre) e reinventandole con il cibo avanzato.