IL GOVERNO HA GIURATO, MA LA FESTA RISCHIA DI ESSERE GIÀ FINITA. L’esecutivo Meloni è in carica, dopo il giuramento di questa mattina al Quirinale davanti al presidente della Repubblica. La premier e i suoi 24 ministri si sono presentati all’appuntamento con una folta schiera di amici e parenti al seguito e hanno poi posato per la tradizionale foto di rito. Come abbiamo raccontato oggi, le facce conosciute superavano di gran lunga le novità e 11 ministri facevano già parte dell’ultimo esecutivo Berlusconi. È filato quasi tutto liscio, tranne qualche scivolone (vedi la story su Instagram, poi ritirata, della ministra Bernini con la canzone “T’appartengo” di Ambra Angiolini come colonna sonora). Sono persino arrivati gli auguri da alcune figure internazionali, da Ursula Von der Leyen al presidente americano, Joe Biden, e i complimenti dagli “amici” di Vox, l’estrema destra spagnola. Ma è ora che viene il difficile: domani il governo si riunirà per la prima volta. Sul tavolo, da qui a poche settimane, alcuni temi fondamentali per la tenuta del Paese: guerra, armi, energia e carovita prima di tutto. Con una domanda dirimente: a proposito di conti, dossier e Pnrr, qual è la situazione reale lasciata da Mario Draghi? Il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni, ha ribadito oggi che l’Ue non sarà benevola con i ritardi rispetto proprio al Pnrr. Sul Fatto di domani, oltre al racconto del giuramento dalla firma di Antonello caporale, vedremo che l’agenda della presidente del Consiglio è ancora scevra da appuntamenti istituzionali, ma che il lavoro che dovrà affrontare sarà immane e potrà mettere addirittura a rischio la sua popolarità.
ALLEATI SERPENTI, SOMMERSI E SALVATI. Stamattina abbiamo assistito alle facce più o meno contente dei vari ministri. Meloni ha tirato dritto su alcune figure (per esempio, Carlo Nordio alla Giustizia), ma ha dovuto cedere su altre. Questo potrebbe ancora avere delle ripercussioni sull’alleanza. Forza Italia, dopo aver incassato il no a Casellati Guardasigilli (stamattina ha giurato come ministra per le Riforme istituzionali, scurissima in volto), si è poi trovata in mezzo alla bufera per le frasi di Berlusconi sulla guerra e non è affatto scontato che il gruppo rimanga unito. La Lega, dal canto suo, è alle prese con la mancata autonomia e con l’insofferenza di alcune regioni a cinque anni dal referendum con cui Lombardia e Veneto l’hanno chiesta. “Se ci si vuole impegnare – ha rimarcato oggi il presidente lombardo, Attilio Fontana – si potrebbe portare all’approvazione in Parlamento entro l’estate della legge definitiva”. Resta poi il nodo deleghe, non ancora tutte definite, e tra pochi giorni si apre la partita dei sottosegretari: sul giornale vedremo chi e come andrà “risarcito” per non essere entrato nell’esecutivo o addirittura per non essere stato eletto e chi, invece, resterà comunque fuori dalla porta.
DAI MIGLIORI AI CONTRADDETTI (PASSANDO PER I CONFLITTI D’INTERESSI). Il passaggio formale tra Mario Draghi e Giorgia Meloni sarà domattina alle 10,30, con la tradizionale cerimonia della campanella, al termine della quale – come dicevamo – si terrà il primo Consiglio dei ministri. Giorgia Meloni si è giocata l’elezione (e gli anni precedenti) sulla discontinuità rispetto a politiche e posizioni non condivise, dalla Giustizia alla gestione della pandemia, dal reddito di cittadinanza all’anti-atlantismo storico della sua classe dirigente, per non parlare delle intemerate contro i burocrati che siedono a Bruxelles. Eppure nel suo esecutivo siedono figure che non solo segnano la totale continuità rispetto al passato (a cominciare da Giancarlo Giorgetti, che era ministro pure sotto Draghi) ma, come vedremo sul Fatto di domani, addirittura hanno espresso in più occasioni posizioni diametralmente opposte a quelle della nuova premier. Sarà interessante capire non solo come Meloni giustificherà le contraddizioni, ma quanto questa accettazione dell’establishment le costerà in termini di consensi: lo chiederemo allo storico Franco Cardini. Continueremo, poi, a occuparci dei singoli ministri, con nuove rivelazioni sui loro conflitti d’interessi. Leggerete anche un reportage di Gad Lerner da Verona, città dell’ultra-cattolico presidente della Camera, Lorenzo Fontana.
UCRAINA, I RUSSI ANCORA CONTRO LE INFRASTRUTTURE. E BERLINO PENSA AD ALTRE ARMI. Le forze di Mosca hanno lanciato questa mattina un attacco missilistico contro quattro “infrastrutture critiche” nel sud dell’Ucraina e sono state segnalate numerose interruzioni della corrente elettrica in diverse parti del Paese. Un milione e mezzo di persone sarebbero senza elettricità in questo momento, secondo la deputata ucraina Kira Rudik. Sull’altro versante, le autorità filorusse nella regione di Kherson, che Mosca afferma di aver annesso, hanno esortato i residenti ad andare via “immediatamente” di fronte alla controffensiva di Kiev. E intanto la comunità occidentale s’interroga ancora sul da farsi. Negli Stati Uniti, il partito repubblicano si spacca sull’ipotesi di continuare a mandare aiuti militari e umanitari a Zelensky e non è escluso che, dopo le elezioni di Midterm, il contributo americano cambi. Ma, come vedremo sul giornale di domani, anche in Germania il dibattito è acceso: le ministre degli Esteri e della Difesa, Annalena Baerbock e Christine Lambrecht, hanno chiesto al ministro delle Finanze Christian Lindner di aumentare il budget di aiuti militari all’Ucraina di un altro miliardo e mezzo di euro per il prossimo anno. Il problema è che la coperta comincia a essere corta pure a Berlino.
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Cina, non c’è più spazio per i vecchi. Il XX congresso del Partito comunista ha mietuto una vittima illustre: l’ex presidente Hu Jintao, che è stato praticamente allontanato di peso dalla cerimonia di chiusura. Nel Paese, come abbiamo raccontato oggi su Extra, c’è pure un nuovo allarme Covid: per paura dei contagi tra gli anziani, il cui tasso di immunizzazione è bassissimo, in molte regioni sta tornando il lockdown.
Covid in Italia, lieve decrescita. Nelle ultime 24 ore sono stati registrati 31.775 nuovi casi di coronavirus, contro i 36.116 di ieri. Rimane alto, però, il numero delle vittime: 92 (venerdì erano state 91).
Di Gregorio tra Rossellini e la pasta e fagioli. La tradizionale intervista della domenica allo sceneggiatore, regista e attore principale del film “Astolfo”. Nel nostro inserto “Che c’è di Bello” la recensione di Federico Pontiggia.
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