Con gli studenti capita spesso: vengono presi a botte dalla polizia, magari con l’idea recondita di rimetterli al loro posto, e quelli invece si compattano e manifestano ancora di più. E così ieri, alla Sapienza di Roma, in risposta alle manganellate della Celere contro gli studenti che contestavano la presenza di Azione universitaria, legata a Fratelli d’Italia, si è avuta prima una grande assemblea nel cortile di Scienze Politiche poi l’occupazione della facoltà.
Occupazione a tutti gli effetti, i ragazzi e le ragazze hanno deciso di rimanere a dormire dentro anche dopo il breve confronto avuto con il preside Tito Marci (la denominazione completa è di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione). Il quale ha mostrato comprensione verso l’iniziativa e, nel linguaggio che gli è consentito, ha preso le distanze dalle cariche della polizia, pur sottolineando che la facoltà non può e non vuole negare che le libere opinioni vengano espresse, e tutelando il pluralismo politico.
Ma la questione del dibattito fascista è solo il pretesto per portare alla luce il comportamento della polizia, e quindi il modo degli studenti di poter stare in università.
“Ci aspettavamo fosse partecipata, ma non così partecipata dagli studenti” dice al Fatto Martina del Collettivo di Scienze Politiche. L’assemblea, circa 2000 persone, è di quelle che non si vedevano da moltissimo tempo: soprattutto quasi tutti universitari, ma anche studenti medi, collettivi, oltre alle varie realtà che gravitano attorno all’università.
“Per noi è solo l’inizio di un percorso – continua Martina –, da qui l’idea di continuare l’assemblea dentro le facoltà dove ci è stato impedito di entrare martedì, nonostante non avessimo nessuna intenzione violenta”. Su questo punto gli studenti tornano spesso, la loro contestazione al convegno della destra non intendeva passare ad azione violenta come in Parlamento ha sottolineato invece Giorgia Meloni nel suo discorso sulla fiducia.
Oggi, verso le 11, si terrà una conferenza stampa dei Collettivi seguita da un’altra assemblea, ma l’obiettivo è quello del corteo universitario indetto per la mattina del 4 novembre. La mobilitazione intende stare sul piano dell’università e dell’istruzione per quanto sia ovviamente intrisa anche della contestazione al governo: “Ma anche prima dell’insediamento del governo Meloni – spiega Martina – noi rivendicavamo un altro modello di università a cui i Collettivi stanno lavorando da tempo e vorremmo coinvolgere gli studenti”. Scorrendo il glossario di questa università alternativa, si legge “antifascismo garantito dalla Costituzione”, “università trans-femminista”, “ecologia” e la contestazione di una didattica tutta funzionale al “sistema capitalistico” mentre gli studenti reclamano una “didattica partecipata e in spazi autogestiti”. “Il punto è che dietro la parvenza di un’università progressista, la componente studentesca non viene mai ascoltata”, conclude Martina, che spera possa avviarsi un percorso di coinvolgimento degli studenti per far emergere una nuova “immaginazione” rispetto all’esistente, “perché altrimenti è difficile pensare a un sistema alternativo”. Questo è quello che sembra bollire nel calderone di una università sensibile come la Sapienza dove ieri sera le autorità universitarie – fortemente contestata la rettrice Polimeni fino a chiederne le dimissioni – e la polizia hanno lasciato fare senza problemi. Ma il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, rilancia l’allarme “che la crisi e l’incertezza economica possano incendiare le piazze”. “Le analisi – continua il ministro – ci dicono che qualcuno sta provando a organizzarsi, professionisti della sommossa che monitoriamo e teniamo sotto attenzione”. Quanto all’esercizio della forza, dice che è “sempre l’ultima delle opzioni” e che all’università “la polizia è intervenuta per garantire la legalità”. Il governo Meloni ha comunque avuto il suo battesimo sociale, vedremo se saprà gestirlo o se invece punterà a uno scontro diretto.