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PASTICCIO “ANTI-RAVE”, DILUVIO DI CRITICHE. IL VIMINALE COSTRETTO A PRECISARE. La norma cosiddetta anti rave, nel primo decreto dell’era Meloni, ha suscitato proteste e polemiche, ma innanzitutto è scritta male. Il testo è già in Gazzetta Ufficiale, promulgato ieri sera dal Quirinale, e dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Primo problema: la pena massima di 6 anni, che ammette l’uso delle intercettazioni durante le indagini. Il governo però ha fatto filtrare oggi sui giornali che il garantista Tajani e la stessa premier avrebbero voluto evitare l’uso delle intercettazioni per i minorenni. Secondo problema: la formulazione della legge ne estende l’applicazione ad altre forme di assemblea e protesta. Si vietano infatti genericamente i raduni, “se il fatto è commesso da più di 50 persone” e costituisce “un pericolo per l’ordine pubblico”. Secondo Amnesty, il decreto “rischia di avere un’applicazione ampia, discrezionale e arbitraria a scapito del diritto di protesta pacifica”. Sulle barricate associazioni e sinistra. Conte la definisce “norma da Stato di polizia”, Letta la bolla come liberticida. Ma è lo stesso Viminale a riconoscere indirettamente l’errore, con una nota serale non ufficiale (scritta in burocratese) che specifica che “la norma anti-rave illegali interessa una fattispecie tassativa”, insomma che si applica solo alle feste techno. Sono salvi, precisa il ministero dell’Interno, “il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione”. Ma allora, la stretta è solo propaganda o ci saranno effetti collaterali? Sul Fatto di domani approfondiremo tutte le criticità con una nostra analisi e un’intervista allo scrittore Erri De Luca. Sentiremo anche il punto di vista dell’opposizione 5S con l’ex ministro pentastellato Stefano Patuanelli.
REINTEGRO MEDICI NON VACCINATI: NEGLI OSPEDALI CAMBIA POCO. COSA FA IL RESTO D’EUROPA. Era da un po’ che il tema non finiva in primo piano nel dibattito pubblico. La decisione del governo Meloni di rimuovere in anticipo l’obbligo vaccinale per il personale sanitario (dal 31 dicembre al 1 novembre), dunque di reintegrare medici e infermieri non vaccinati (o con un richiamo in meno) fa discutere politica, virologi e associazioni di categoria. La Federazione dei medici di medicina generale ha rivendicato che “dovrebbe essere un problema dell’Ordine professionale, una questione deontologica e non di legge”. Il sindacato Anaao Assomed chiede che i reintegrati non siano assegnati a reparti dove sono ricoverati i pazienti più fragili. La Federazione nazionale degli ordini dei medici ricorda che i camici bianchi no vax sono soprattutto liberi professionisti e quindi il reintegro non inciderà sugli ospedali. Sul piano politico gli attacchi sono soprattutto di area dem, presidenti di regione in prima fila. Vincenzo De Luca parla di decisione “totalmente irresponsabile” e offensiva. Stefano Bonaccini fa sapere che l’Emilia Romagna aspetterà che la revoca dell’obbligo venga sancita anche dagli ordini dei medici. Andrea Crisanti, virologo nelle fila del Pd, accusa il ministro Schillaci di non capire nulla di Sanità pubblica. C’è anche il “fuoco amico” Licia Ronzulli, FI, che in un’intervista alla Stampa dice che sarebbe stato meglio aspettare il 31 dicembre “per evitare che la maggioranza silenziosa di chi si è vaccinato si sentisse sconfitta dalla minoranza chiassosa dei no vax”. Sul Fatto di domani, oltre a intervistare il rappresentante di Anaao Pierino Di Silverio, faremo un giro in Europa per vedere cosa hanno fatto gli altri Paesi su questi temi.
LA GUERRA AI POVERI, FACT-CHECKING SUL TAGLIO DEL REDDITO. INTERVISTA A CHIARA SARACENO. La bolletta del gas salirà, ma molto meno del previsto. La stima di Davide Tabarelli di Nomisma è che il prezzo crescerà a ottobre solo del 5%, invece del 70% preventivato, grazie al nuovo meccanismo di calcolo del prezzo introdotto da Arera. Le famiglie tirano un sospiro di sollievo, almeno quelle si affidano al mercato tutelato: 7,3 milioni di clienti domestici su 20,4 milioni. Il prezzo sarà comunicato ufficialmente giovedì e il governo aprirà il fascicolo energetico solo venerdì, nel secondo Consiglio dei ministri. Sul Fatto di domani ci dedicheremo però anche al tema del Reddito di cittadinanza, perché da giorni sulle prime pagine dei giornali si dà conto dell’intenzione della premier di tagliare il sussidio a tutti i percettori in grado di lavorare, lasciandolo intatto per disabili e genitori con figli minorenni a carico. La stretta riguarderebbe 660 mila persone, si stima. Sul giornale di domani intervisteremo la sociologa Chiara Saraceno e faremo i conti con un nostro fact-checking, mettendo in luce tutte le contraddizioni della misura e la retorica contro i poveri che l’accompagna.
UCRAINA, VACILLA L’ACCORDO SUL GRANO, TELEFONATA ERDOGAN-PUTIN. Nel rimpallo delle accuse tra Mosca, Kiev e le capitali occidentali, il Cremlino punta il dito contro il Regno Unito per il sabotaggio al gasdotto Nord Stream e quelli sul Mar Nero ai suoi danni; i diretti interessati smentiscono. L’ambasciatore russo in Italia che dice di non escludere che il nostro Paese abbia inviato uomini in Ucraina, ma la notizia più concreta è la telefonata di Erdogan a Putin per risolvere l’impasse sui corridoi del grano. Il presidente turco, riferisce l’agenzia nazionale Anadolu, avrebbe anche caldeggiato con lo Zar la ripresa dei negoziati con l’Ucraina. Il presidente russo avrebbe alzato l’asticella, però, lamentandosi per il fatto che l’accordo sul grano non avrebbe garantito alla Russia la libertà di esportazioni di prodotti agricoli e fertilizzanti, come gli era stato promesso. Nel frattempo il solito falco Medvedev paventa l’uso di armi nucleari per difendere i territori annessi con il referendum farsa di settembre. Papa Francesco ha rivolto un nuovo appello per la pace, che “non piove dall’alto”, ha spiegato, ma va costruita. Sul Fatto di domani leggerete un nuovo reportage di Pierfrancesco Curzi dal fronte, dove si combatte e si scappa.
LE ALTRE NOTIZIE CHE TROVERETE
Brasile, i blocchi pro-Bolsonaro e lo spettro del golpe. Continuano le proteste dei supporter dell’ex presidente sconfitto alle elezioni di domenica. Oltre ai blocchi stradali di camionisti e agricoltori, che hanno paralizzato San Paolo sono arrivate le manifestazioni davanti ad alcune caserme, come a Curitiba. L’ex presidente non ha ancora commentato il risultato ma ha convocato una riunione di emergenza con i vertici militari ed alcuni ministri, tra cui quello della Difesa, ufficialmente per discutere di come terminare le proteste. Nel frattempo un giudice federale ha ordinato la rimozione dei blocchi stradali da parte della polizia.
Israele al voto, alta affluenza. Alle 16 ora locale il tasso di votanti era del 47,5%, (3.224.000 israeliani), il dato più alto dal 1999. Non andrebbe invece altrettanto bene il dato relativo all’affluenza della popolazione arabo-israeliana: secondo le stime non ufficiali alle 14 aveva votato solo il 17% di questa fascia di elettori.
L’autobiografia di Bono Vox. Il frontman degli U2 si racconta in Surrender, da domani nelle librerie di 16 Paesi del mondo in contemporanea.
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